Il Sudan scosso da tensioni sociali e proteste per nuove riforme
Giada Aquilino - Città del Vaticano
Riforme in tempi rapidi e maggiore presenza dei civili nel governo di transizione incaricato di condurre il Sudan verso la democrazia. È quanto chiesto da decine di migliaia di manifestanti scesi in piazza questa settimana a Khartoum e in altre città del Paese africano, nelle più imponenti proteste da quando l’esecutivo transitorio è entrato in carica, alla fine dell'anno scorso, in seguito all’uscita di scena ad aprile 2019 del presidente Omar al-Bashir, dopo trent’anni al potere. Durante le dimostrazioni, svoltesi nonostante le restrizioni imposte per arginare la diffusione del coronavirus, una persona è stata uccisa e diverse altre risultano ferite.
I diversi fronti della protesta
“Dobbiamo distinguere tra dimostranti e dimostranti”, chiarisce padre Filippo Ivardi Ganapini, direttore di Nigrizia. “Il 29 e 30 di giugno le autorità sudanesi - e in modo particolare il governatore della capitale Khartoum e della regione circostante - hanno dichiarato lo stato di emergenza, perché il 30 giugno è quello che viene chiamato il ‘giorno della salvezza’, in ricordo del 30 giugno del 1989, data del colpo di Stato del ex presidente Omar al-Bashir. Gli islamisti stavano organizzando delle manifestazioni per chiedere un ritorno al regime di prima, fondato sulla legge islamica della sharia. Quindi il governatore della zona di Khartoum ha deciso la chiusura totale di tutti gli esercizi commerciali, delle strade, dei ponti proprio per evitare scontri”. Al contempo, a fine giugno, “sono scesi in strada coloro che chiedono una accelerazione delle riforme che il governo di transizione nazionale ha promesso”, spiega il missionario comboniano.
L’esecutivo di transizione
Il premier Abdalla Hamdok, un tecnico, governa il Paese insieme all'esercito che ha favorito la rimozione di al-Bashir, dopo le proteste di massa di inizio 2019 scatenate dal triplicarsi del prezzo del pane. E'prevista una transizione triennale verso libere elezioni. Parti dell’accordo tra opposizione e militari, secondo i manifestati scesi in piazza in questi giorni, non sono però state ancora attuate, come la nomina di governatori di Stato civili e l'istituzione di un parlamento. “Il governo di transizione - aggiunge il direttore di Nigrizia - sta portando avanti a piccoli passi le riforme. Ora la parte di manifestanti che appoggia questo esecutivo chiede di accelerarne l’iter e invoca giustizia per quelle persone - si parla di oltre 200 - che, proprio un anno fa ai primi di giugno, vennero uccise mentre protestavano in modo non violento per domandare un forte e radicale cambiamento nel Paese”.
Piccoli passi
Con la nascita dell’esecutivo transitorio, prosegue padre Ivardi Ganapini, “per la prima volta non ci sono più solo i militari al potere ma anche dei civili e al governo si trovano delle donne: anche questo è un segno molto importante; inoltre ci sono segnali incoraggianti dal punto di vista della considerazione delle minoranze, anche di quelle religiose, per esempio per quanto riguarda il rispetto delle feste. Sono state poi adottate misure economiche, come un sussidio alle famiglie più povere del Paese, cercando di reperire fondi dalle tasse sui carburanti, visto che poi chi utilizza i carburanti sono le persone che hanno qualche mezzo in più”. Un altro “piccolo passo” in avanti verso un nuovo Sudan, padre Ivardi Ganapini lo vede nella decisione “di portare in giudizio alcuni dei capi janjaweed, che sono responsabili della guerra in Darfur”, come pure nella creazione di “una commissione ad hoc che ha fatto luce sul grande patrimonio che l'ex presidente Omar al-Bashir aveva accumulato nel tempo”.
Petrolio e coronavirus
Il Paese, sottolinea il comboniano, “a livello economico vive comunque in una situazione molto delicata e anche queste tensioni sociali e manifestazioni dimostrano come continui ad essere spaccato e come ancora i militari abbiano un controllo importante” sul territorio. “Tante verità - dice - stanno venendo a galla, si tratta di un cammino lunghissimo” e non mancano neppure voci “di colpi di Stato che si stanno preparando”. “Da quando si è diviso dal Sud Sudan, il Sudan risente inoltre dei tagli al petrolio: è rimasto sprovvisto della maggior parte dei pozzi, che sono in territorio sudsudanese o al confine, nella zona di Abyei”. Il missionario parla pure di un’inflazione”galoppante” e il coronavirus, che in Sudan ha fatto registrare finora oltre 8 mila contagi e circa 500 decessi, “ha messo ancora più in ginocchio” il Paese, “perché tante attività produttive, commerciali e dell'economia informale sono fortemente minacciate”.
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