Ramonda sul traffico degli esseri umani: occorre agire ad ogni livello
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
Un giro di affari mondiale estremamente redditizio. E’ la tratta di esseri umani a scopo di prostituzione. Un business, o meglio, un crimine inarrestabile che macina soldi ed esistenze indifese, con un numero di vittime paragonabile a quello causato dal commercio degli schiavi africani tra il XVI e il XIX secolo.
Un crimine in aumento
Nel 2013, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 30 luglio Giornata mondiale contro la tratta di persone. Sensibilizzare la comunità internazionale sulla situazione delle vittime e promuovere la difesa dei loro diritti, l’obiettivo. Purtroppo, studi e indagini registrano un incremento del fenomeno che anche sul territorio italiano miete vittime, come denuncia il Report annuale di Save the Children “Piccoli Schiavi invisibili”. Le percentuali fanno rabbrividire, soprattutto al pensiero che si tratta di esseri umani, per lo più minorenni.
Dal 1968 l'impegno della Giovanni XXIII
“Nessuna donna nasce prostituta”, era solito dire don Oreste Benzi, che con la Comunità Papa Giovanni XXIII - da lui fondata nel 1968 - ha elaborato un proprio metodo per ntervenire a favore della ragazze schiavizzate. In Italia, l’associazione è stata la prima a creare case di accoglienza dedicate a queste giovani. Luoghi sicuri, dove potessero recuperare la dignità negata. La situazione, a livello mondiale, sta peggiorando così tanto che numerosi si susseguono gli appelli e le note diffuse dalle varie Commissioni episcopali dei migranti e degli itineranti. La tratta, infatti, afferra molte delle sue vittime proprio tra questi vulnerabili.
Il Covid e lo scenario delle vulnerabilità
Come riportato dall'indagine di Save the Children, "La pandemia COVID-19 ha avuto ricadute significative: le reti criminali che gestiscono la tratta di esseri umani hanno riadattato i propri modelli di business": dalle strade all'on-line, recita infatti il sottotitolo del Report. Parallelamente, la richiesta dei clienti sulla strada non ha accennato a diminuire nemmeno nel periodo del lock down. Lo spiega molto chiaramente Giovanni Paolo Ramonda, confermato per la terza volta alla guida della Comunità Papa Giovanni XXIII, attualmente diffusa in tutto il mondo, anche se svolge la maggior parte dei suoi compiti in Italia.
Già trent'anni fa, racconta il responsabile generale della Comunità, don Oreste aveva denunciato un traffico di organi di bambini ma era stato accusato "di essere un visionario", un uomo dai giudizi esagerati. Semplicemente, don Benzi conosceva il cuore dell'uomo: senza un'educazione al rispetto, all'amore reciproco e per il prossimo, tutto può tristemente diventare possibile. "Un richiamo su cui spesso ritorna Papa Francesco", sottolinea Ramonda che poi ricorda le parole del fondatore: "Anche solo una persona salvata è una meraviglia agli occhi di Dio e agli occhi dell’umanità", diceva, richiamandoci a lottare e a fare di tutto per salvare anche una sola creatura da qualsiasi schiavitù. Poi, però, ci invitava ad un doppio impegno con questa bellissima frase: mettere la spalla sotto la croce di chi soffre e dire a chi fabbrica le croci di smettere di costruirle. Da qui, la nostra azione di advocacy, l'impegno per la rimozione delle cause delle schiavitù. Ecco perché da più di 10 anni siamo accreditati all’ONU a Ginevra per essere voce di chi non ha voce e incidere anche a livello sociale, politico e legislativo".
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