Caritas: la crisi economica post pandemia facilita il crimine della tratta
Luca Collodi - Città del Vaticano
Il numero delle persone identificate in Europa come vittime della tratta di essere umani è dal 2015 in costante crescita. Oltre 15mila nel 2018 rispetto alle 10mila del 2015. Un numero, sottolinea il gruppo di esperti del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani (Greta) molto più alto nella realtà, perchè il conteggio delle persone ostaggio della tratta presenta lacune in molti Paesi per la natura clandestina del commercio degli esseri umani" In particolare il fenomeno in costante crescita negli anni riguarda la tratta degli esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale.
Manuela de Marco, referente per la tratta dell'Ufficio Politiche migratorie e Protezione internazionale di Caritas italiana, sottolinea a Radio Vaticana Italia come "negli ultimi decenni il crescente afflusso di migranti ha fatto emergere anche lo sfruttamento in settori economici quale l’edilizia e l’agricoltura":
R.- Lavoriamo su vari fronti a livello territoriale. A partire dal tristissimo fenomeno della tratta a scopo sessuale, che vede le Caritas impegnate in progetti di tutela delle vittime, di messa in sicurezza e reinserimento sociale. Si tratta, tuttavia, di persone inserite in progetti, ma non di tutte quelle che sono coinvolte nel fenomeno, che è molto più ampio, con tante persone che sfuggono e restano prigioniere. L'altra sfida è quindi di intercettare sempre di più questo fenomeno criminale, collaborando anche con le forze di polizia sul territorio.
La criminalità è attratta in particolare dal lavoro forzato, dalla sessualità e dal traffico internazionale di organi?
R.- In Italia la maggior parte della tratta riguarda lo sfruttamento sessuale e il lavoro forzato. Poi ci sono altre forme, più sfumate, di grave sfruttamento sulle quali occorre raffinare le capacità, diciamo, di intervenire, come l’espianto di organi che è molto difficile da localizzare e intercettare. Ma per la natura del fenomeno di cui stiamo parlando, non dobbiamo dimenticare tutta la rete dell'accattonaggio forzato sul quale siamo in allerta. A livello internazionale, osserviamo il reclutamento dei bambini soldato, le adozioni illegali o le gravidanze surrogate. Insomma sono tutte forme di grave sfruttamento che calpestano la dignità delle persone, sulle quali però, ripeto, ci vogliono antenne più raffinate e strumenti di intercettazione adeguati.
La crisi economica secondo la vostra esperienza, può facilitare il fenomeno della tratta?
R.- Sì. C’è il rischio di un effetto ritorno, quasi come la riapertura di un tappo di un vaso che in qualche modo la pandemia aveva aiutato a contenere, con delle ripercussioni sul percorso dell’inserimento socio-lavorativo delle vittime della tratta. E’ chiaro che per tenerle fuori dalla strada, da ostaggio del crimine, devi dare loro delle alternative sostenibili e credibili. La sfida è che di fronte al facile guadagno non sempre si riesce a trovare soluzioni soddisfacenti. Mi sento di affermare che questa è una sfida quotidiana che si vive sui territori e che è, diciamo, quasi l'oggetto del nostro lavoro quotidiano.
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