A Beirut tra le macerie, i giovani danno lezione di solidarietà
Fausta Speranza – Città del Vaticano
Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, è a Beirut oggi: in programma incontri con il presidente Michel Aoun e altre autorità del Paese e una visita sulla scena della disastrosa esplosione di martedì. Sul luogo del disastro, meno di 48 ore dopo, si è recato il presidente francese Emmanuel Macron. Allo choc, al dolore, alla disperante urgenza di portare soccorso ai feriti, si unisce ora l'impegno a gestire le macerie e i bisogni della popolazione.
Tanti Paesi del mondo, a partire dall'Unione Europea e dagli Stati Uniti, ma anche l'Egitto e la Giordania e altri si sono impegnati immediatamente ad inviare aiuti. Le prime stime parlano di danni che ammontano tra i 10 e i 15 miliardi di dollari. Un colpo terrificante per l’economia già prostrata dalla crisi. Ma soprattutto i giovani, che abbiamo visto numerosissimi nelle manifestazioni per chiedere riforme nei mesi scorsi, in questa occasione sono scesi in strada per farsi protagonisti della solidarietà. Ce lo racconta Ghassam Sayegh, che si è unito al piccolo gruppo scout di una zona colpita ma non distrutta di Beirut, che ha cominciato a raggiungere le case di anziani soli della zona:
Seminare la speranza in tanta tristezza
Ghassam racconta che è stata come un'altra onda d'urto di tutt'altro tipo: altri giovani si sono uniti e hanno cominciato a cantare per le strade per chiedere chi avesse bisogno di aiuto. Soprattutto anziani hanno risposto chiedendo innanzitutto che qualcuno li aiutasse a rimuovere calcinacci e vetri. Yassan ricorda che da mesi in Libano i conti bancari sono bloccati in Libano in conseguenza del deafault finanziario. Non si possono convertire soldi libanesi, che peraltro hanno perso l'85 per cento del valore, in dollari. E' praticamente impossibile acquistare vetri. Questi ragazzi dunque stanno cercando di spazzare calcinacci e frammenti di finestre andate in frantumi e stanno cercando di chiudere del cellophane le finestre. In realtà, per questi anziani che hanno passato la guerra ma che non credevano di vedere scene di questo tipo, disorientati e terrorizzati da esplosioni senza precedenti, cercano di spazzare anche un po' di tristezza, portando un sorriso di speranza.
L'incognita delle responsabilità
Il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, intervenendo in televisione, ha smentito con forza che la tragedia possa essere stata causata dalla deflagrazione di armi o di nitrato di ammonio controllati dal suo partito. Nasrallah ha chiesto che ci sia "un'inchiesta trasparente, giusta, indipendente" condotta dall'esercito nazionale. Anche il presidente Michel Aoun ha parlato attraverso i media, spiegando: “Tre settimane fa mi era stato detto che c’erano sostanze pericolose stoccate al porto. Avevo ordinato ai nostri militari che le spostassero”. Sulle cause non ha escluso nulla e ha sottolineato che “se vi è stata incuria i responsabili vanno individuati dalle nostre autorità”, rifiutando così l’idea di una commissione d’inchiesta internazionale avanzata dal presidente francese Macron che, giunto in visita, ha camminato per le strade. Aoun non ha escluso l’ipotesi di un attentato: “È possibile - ha detto - che a innescare lo scoppio sia stato un intervento esterno, magari un missile o una bomba”.
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