Lesbo: il campo di Moria continua a bruciare
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Il più grande campo profughi d’Europa è ormai una landa desolata e fumante. Ridotte in cenere baracche e bungalow, che fino a ieri erano il rifugio delle 12.500 persone accolte nel campo, a fronte di una capienza di 2.700. Ora il problema è la ricollocazione dei migranti. Centro Astalli e Comunità di Sant’Egidio, che opera nel campo, lanciano un appello all’Unione Europea, perché accolga i profughi che con l’incendio hanno perso tutto. Ma i problemi di Moria vengono da lontano: una tragedia annunciata secondo molti osservatori a causa delle condizioni disumane e del Covid.
Ue: ci occuperemo del trasferimento dei minori
L'Unione Europea è pronta ad occuparsi del trasferimento e dell'accoglienza dei minori non accompagnati residenti nel campo di Moria. Ad affermarlo è il commissario europeo agli Affari interni, signora Ylva Johansson. “Ho accettato di finanziare lo spostamento immediato e la sistemazione di circa 400 bambini e adolescenti non accompagnati. La sicurezza e il riparo di tutte le persone a Moria sono la priorità”, ha scritto su Twitter la Johansson, che ha espresso vicinanza e solidarietà nei confronti delle persone di Lesbo e in particolare ai migranti e al personale che lavora nel campo di Moria". Costanti i contatti con le autorità greche, in modo da monitorare di ora in ora la situazione.
Hollerich: il campo di Moria vergogna per l'Europa
L’incendio di Moria è un vero e duro colpo alla credibilità dell’Europa e alla sua capacità di accoglienza. Lo afferma il cardinale Jean Claude Hollerich, presidente della Commissione delle conferenze episcopali della Comunità Europea, intervistato da Gudrun Sailer.
Il porporato sottolinea il fatto che Moria rappresenta già da tempo un problema che l'Europa doveva già aver risolto, ma non è stato fatto nulla. Moria è stata da subito una sfida che ha coinvolto la Chiesa. Dopo il Papa - afferma il cardinale Hollerich - io stesso ho visitato quel campo e ho visto di persona le immense difficoltà in cui vivevano migliaia di persone. Poi la Comunità di Sant'Egidio, con i corridoi umanitari, ha fatto molto per alleviare la situazione dei profughi, ma molto di più deve essere fatto, soprattutto dall'Unione Europea.
"Siete la nostra unica speranza"
Non appena la notte scorsa le fiamme hanno cominciato a divorare varie zone del campo di Moria, centinaia di rifugiati hanno chiesto aiuto telefonando ai volontari della Comunità di Sant'Egidio che, sin dalla creazione di questo hotspot, hanno seguito ed alleviato giorno dopo giorno le crescenti difficoltà dei rifugiati del campo. "Siete la nostra unica speranza" è stata la frase più ricorrente, afferma ai nostri microfoni Monica Attias, coordinatrice della vacanza solidale organizzata dalla Comunità ad agosto a Lesbo per sostenere i profughi e rientrata da qualche giorno proprio dall'isola greca.
Per le condizioni di affollamento in cui è il campo di Moria e con l'emergenza Covid-19 ancora ad alti livelli, afferma Monica Attias, c'era da aspettarsi un evento del genere. Ora è importante che si aprano possibilità di ricollocare i profughi grazie all'impegno europeo. L'iniziativa dei corridoi umanitari ha già dato buoni frutti, ma i numeri devono necessariamente crescere. Poi bisognerà vedere quali saranno anche le decisioni del governo greco, se vorrà ancora puntare su un campo d'accoglienza di grandi dimensioni o su luoghi più piccoli, ma di facile gestione.
Il Papa a Moria nel 2016
Era il 16 aprile 2016 quando Papa Francesco visitò i migranti dell’isola greca di Lesbo, nel Mar Egeo, insieme con il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e con l’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Ieronymos. Nel corso di questi anni il Pontefice ha ricordato più volte quel toccante incontro. “Non voglio dimenticare l’isola di Lesbo, i tanti patimenti di migranti e rifugiati, molti dei quali bambini”, ha detto Francesco nell’ultima Pasqua. “Non perdete la speranza”, fu il messaggio che Francesco volle lasciare ai migranti di Lesbo, prima di tornare in Italia portando con sé, a sorpresa, 3 famiglie di richiedenti asilo siriani. Il Papa andò a Moria per ascoltare le drammatiche storie dei migranti e per esortare la comunità internazionale a dare una risposta adeguata – in modo “degno”, sottolineò – a quella crisi. Un appello ancora oggi sempre più attuale a causa dell’incendio che rischia di rendere inagibile il campo.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui