Una grande speranza di pace. 75 anni fa nasceva l'Onu
Stefano Leszczynski – Città del Vaticano
“Noi popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra (…)”.Si apre così il Preambolo della Carta delle Nazioni Unite, la cui entrata in vigore il 24 ottobre di 75 anni fa segnava la data di nascita dell’ONU, la massima organizzazione multilaterale. Avrebbe dovuto dare vita a un nuovo ordine di giustizia, di libertà e di pace su scala mondiale attraverso l’affermazione della soggettività dei singoli popoli. Una grande speranza per un futuro di pace, come disse Eleanor Roosevelt.».
Il mondo in un palazzo ‘di vetro’
Oggi sono 193 gli Stati membri dell’ONU. La Santa Sede e lo Stato di Palestina godono dello status di osservatori permanenti. La crescita delle Nazioni Unite, tuttavia, è stata progressiva nel corso di questi decenni; nel 1945 gli Stati membri erano solo 51. Le regole per aderire al nuovo consesso internazionale erano semplici e rivoluzionarie allo stesso tempo: “Possono diventare Membri delle Nazioni Unite tutti gli altri Stati amanti della pace che accettino gli obblighi del presente Statuto e che, a giudizio dell'Organizzazione, siano capaci di adempiere tali obblighi e disposti a farlo. (…)”
Un sogno tradito?
L’Italia entrò a far parte dell’ONU solamente 10 anni dopo la sua fondazione, nel 1955, grazie alla visione internazionale di un grande politico cattolico, Alcide De Gasperi, uno dei padri fondatori dell’Europa unita. Affidò il compito di seguire i negoziati di adesione alla SIOI, la Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale, che ha tra i suoi primi impegni quello di formare le nuove leve di funzionari internazionali.
A dispetto di un passato storico celebrato spesso con accenti epici, le Nazioni Unite oggi soffrono le conseguenze di una visione politica spesso apertamente contraria al multilateralismo. Sovranismi, populismi, egoismi nazionali, conflitti di ogni genere hanno contribuito a deturpare l’immagine delle Nazioni Unite in gran parte dell’opinione pubblica mondiale. Per Franco Frattini, presidente della SIOI e già Ministro degli Esteri per l’Italia si tratta di una percezione ingenerosa di quanto il sistema delle Nazioni Unite ha fatto per il mantenimento della pace e della stabilità a livello mondiale.
R. - Proviamo a pensare a un mondo senza l'ONU. Quante guerre sarebbero esplose in modo travolgente. Basti pensare a tutte le azioni di peacekeeping dell'ONU nei conflitti interetnici in Africa; all'impegno per ridurre la fame nel mondo attraverso agenzie come la FAO o il World Food Programme che quest’anno è stato insignito del Nobel per la Pace. Certamente noi dobbiamo chiedere di più alle Nazioni Unite in termini di effettività, di rapidità delle decisioni, ma dobbiamo essere soddisfatti per quello che l'ONU ha fatto finora nell’affrontare sfide globali che nessuno dei singoli paesi, neanche il più grande e potente come gli Stati Uniti, avrebbe potuto affrontare da solo.
Un nodo ancora irrisolto è quello che riguarda il funzionamento del Consiglio di Sicurezza dominato da soli 5 Stati con diritto di veto. C'è la possibilità di un ulteriore sviluppo del concetto di comunità internazionale oggi?
R. - Questo è uno degli aspetti che ha indotto l'Italia proprio nella sua politica estera verso l'ONU a proporre una riforma che allarghi la rappresentatività nel Consiglio di Sicurezza. Realisticamente non è pensabile abolire domani il diritto di veto, ma sono possibilista sul fatto che un domani ad esempio nel consiglio di sicurezza siano rappresentate stabilmente regioni del mondo che oggi non lo sono. Il 60% dei dossier che arrivano all'ONU riguardano l'Africa, ma non c'è nessun paese africano stabilmente rappresentato. Bisogna allargare la base permanente del Consiglio, dare vita ad una maggiore democraticità e rappresentatività e creare una situazione in cui sicuramente molte più aree del mondo si sentano meglio rappresentate. Una situazione che sia in grado di rispondere alle istanze che vengono sollevate dall’Assemblea generale, l’organismo in cui tutti gli Stati partecipano in maniera paritaria.
L'Assemblea generale quest'anno si è svolta all'insegna della pandemia. Che effetto le ha fatto vedere gli scranni vuoti e gli interventi dei capi di Stato preregistrati in video?
R. - Io personalmente ricordo l'emozione di parlare dal podio dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, quindi vederla vuota in video conferenza è stato motivo di profonda tristezza. Ma questo è un effetto obbligato della situazione che stiamo vivendo. Ma l'altra riflessione che faccio è che noi dobbiamo pensare ora a cosa può fare l'ONU nel mondo post-pandemia, perché questa pandemia finirà. Ma dopo? Il mondo certamente sarà cambiato e il pericolo che le tecnologie che ora ci permettono di vederci a distanza possano diventare un modo per tenere lontano l'uomo dall'altro uomo. Come farà l'ONU a interpretare il mondo post-pandemia? Sono temi trasversali sui quali ci interrogheremo negli incontri che precederanno il G20, nell’ambito del quale l’Italia sarà presidente di turno per il primo semestre. E anche lì, c'è un solo Paese dell'Africa e un solo paese del mondo arabo. E' rappresentatività adeguata questa?
Cosa si può fare per riportare l'ONU nel quotidiano delle persone?
R. - Puntando sul progetto ambiente-giovani. Questo è il settore in cui l'ONU può arrivare più vicino al cuore delle nuove generazioni. Progetti concreti, ambiziosi, sfide su come salvare gli oceani, come salvare le regioni artiche, come salvare il nostro mondo. E soprattutto come far sì che non ci siano generazioni perdute. Ci vorrà coraggio e leadership politica a livello internazionale e su questo punto l’impegno della SIOI è permanente.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui