Georgia: le opposizioni protestano contro il risultato elettorale
Michele Raviart - Città del Vaticano
Migliaia di persone sono scese in piazza davanti al parlamento di Tbilsi, capitale della Georgia, per manifestare contro i risultati delle elezioni legislative che hanno visto la vittoria per la terza volta consecutiva del partito Sogno Georgiano del miliardario Bidzina Ivanishivili. Le elezioni sono state giudicate dall’Osce come sostanzialmente corrette e rispettose delle libertà fondamentali, anche se ci sono “fondati sospetti di pressioni sugli elettori e un confine spesso confuso tra il ruolo del partito al governo e quello dello Stato”.
Le accuse dell'opposizione
L’ex presidente e leader dell’opposizione Mikhail Saakashvili, che è ricercato in Georgia e si trova ora in esilio, ha perciò parlato di brogli e ha invitato i suoi sostenitori a manifestare per sconfessare il risultato elettorale e a formare un governo di unità elettorale in preparazione alle nuove elezioni. Secondo la commissione elettorale, il partito Sogno Georgiano avrebbe ottenuto il 48% dei voti, mentre nell'insieme tutti i partiti dell'opposizione hanno ottenuto il 45%.
Uno scenario confuso
“È un classico scenario post-sovietico, tipico dell’Asia centrale e del Caucaso”, spiega il giornalista Fulvio Scaglione, analista ed esperto dell’area, “un contesto di grande confusione e indeterminatezza”:
Ancora proteste in Belarus
Le manifestazioni arrivano in un momento in cui alcuni Stati appartenenti all’ex-Unione Sovietica si trovano a fronteggiare proteste di piazza. È il caso di Belarus in Europa e del Kirghizistan in Asia. A Minsk, in quella che è stata la tredicesima domenica di protesta dalle elezioni dell’8 agosto scorso - quando il Aleksander Lukashenko è stato riconfermato presidente per un contestato sesto mandato - almeno 20 mila persone hanno manifestato nelle strade. Sono 250 le persone fermate ieri, che si aggiungono ai 15 mila arresti dall’inizio delle agitazioni.
Moldova, tra Russia e Europa
L’attenzione adesso è per la Repubblica di Moldova, dove ieri si sono tenute le elezioni presidenziali. La sfida è tra il presidente uscente Igor Dodon, filo russo e in testa in base ai primi risultati, e la leader europeista Maia Sandu. I due probabilmente andranno al ballottaggio il prossimo 15 novembre, in quella che sembra l’ennesima scelta di campo per un Paese post-sovietico.
Paesi in posizioni strategiche
“Abbiamo avuto praticamente in contemporanea elezioni e turbolenze in Georgia, in Moldova e in Belarus”, ribadisce Scaglione. “Sono piccoli Paesi, con economie relativamente piccole, ma hanno delle posizioni geografiche strategiche importantissime”. “Belarus” sottolinea, “è una specie di cuscinetto tra il Baltico, la Polonia – Paesi con forti posizioni antirusse - e la Russia stessa. La Georgia è un hub di oleodotti e gasdotti importantissimi. La Moldova è stretta tra Romania e Ucraina, due Paesi che negli anni recenti hanno avuto delle evoluzioni pro-occidente molto nette. Quindi è chiaro che questi Paesi, che una volta avremmo detto appartenere allo ‘spazio sovietico’, adesso subiscono dei meccanismi di attrazione da parte dell’occidente molto forti.
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