Gigi Proietti, senza maschera
Rosario Tronnolone - Città del Vaticano
Era nato il giorno dei morti, prima delle sue contraddizioni. Giullare popolaresco e principe della scena, possedeva una voce profonda che scuoteva l’anima, una presenza autorevole che si ingigantiva sul palcoscenico e un volto scolpito che si imponeva in primo piano anche agli spettatori della balconata. Da oltre quindici anni dirigeva il Silvano Toti Globe Theatre di Villa Borghese, per il quale aveva diretto un’edizione di Romeo e Giulietta i cui protagonisti erano davvero dei ragazzi, e nel quale aveva interpretato la figura di un attore inglese leggendario, Kean, omaggio al genio del personaggio, alla grandezza di Shakespeare, al mestiere stesso dell’attore, all’arte della recitazione.
L’applauso che gli veniva tributato ogni sera era una dichiarazione d’affetto sincero da parte di un pubblico che lo amava in tutti i suoi travestimenti, ma che gioiva a riconoscerne il sorriso sornione, la filosofia concreta, la fermezza dello sguardo, gli improvvisi smarrimenti. Come ha fatto per anni con il suo A me gli occhi, please, altro spettacolo storico nel quale riproponeva personaggi e sketches notissimi che il pubblico, ritornato bambino, voleva rivedere ancora, e ancora, e ancora.
Negli anni Ottanta aveva fondato un Laboratorio dell’attore dal quale sono usciti tanti nomi noti (Brignano, Cirilli, Cruciani, Insinna, Laganà, Reggiani, Tirabassi, Wertmuller): “Ho insegnato loro tutti i miei difetti!”, diceva lui con un misto di modestia ed ironia.
Il cinema gli ha offerto, per colpevole distrazione o presuntuosa sufficienza, soprattutto caratterizzazioni, per quanto gustosissime, ma la televisione gli ha dato occasioni più succose di creare personaggi dall’umanità sfaccettata, come l’amatissimo Maresciallo Rocca o la commovente interpretazione di San Filippo Neri in Preferisco il Paradiso di Campiotti, riproposto in prima serata da RaiUno il giorno dopo la sua morte (se n’è andato il giorno del suo compleanno, come Shakespeare), per ricordarlo.
Mi piace immaginarlo in camerino, dopo lo spettacolo della vita, che toglie il trucco che lo ha protetto sul Gran Teatro del Mondo, mentre rivolge allo specchio, a se stesso e a noi, uno sguardo indifeso e un sorriso contento.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui