Tigray, vittime e sfollati nella regione etiope. Gli appelli delle Nazioni Unite
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
L’appello è urgente: le esigenze umanitarie di chi sta fuggendo dal conflitto in corso nel Tigray richiedono 156 milioni di dollari, cifra che potrà garantire assistenza, per tutta la prima metà del 2021, a 115 mila rifugiati e 22 mila membri delle comunità di accoglienza. Nella regione etiopica continuano, secondo le informazioni in possesso dell’Onu, gli attacchi di artiglieria su civili e le uccisioni di massa. Sono settimane ormai che nel nord dell’Etiopia va avanti la violenza tra i soldati del governo centrale di Addis Abeba e le forze del Fronte di liberazione del Popolo del Tigray, un conflitto che ha prodotto decine di migliaia di sfollati che non riescono neanche ad essere raggiunti dagli aiuti umanitari.
Timori per la violazione del diritto umanitario
Michelle Bachelet, Alto Commissario Onu per i Diritti Umani, denuncia i timori di “violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, il deliberato attacco ai civili, le esecuzioni extragiudiziali e i saccheggi diffusi”, invitando quindi il premier etiope Abiy Ahmed Ali a permettere l’accesso per le indagini necessarie.
Le priorità sono cibo e assistenza sanitaria
Nelle ultime sei settimane, spiega l’Unhcr, l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, nel Sudan orientale hanno trovato riparo oltre 52 mila rifugiati del Tigray e, nonostante il flusso di arrivi negli ultimi giorni sia diminuito, si deve far fronte ad un'emergenza umanitaria enorme. Dal 14 novembre ad oggi, nel Sudan orientale, oltre 20 mila rifugiati sono stati trasferiti dalle aree di frontiera al campo di Um Rakuba. “Questi 156 milioni di dollari – spiega a Vatican News, Giulia Raffaelli, Senior External Relations Officer di Unhcr Sudan – sono quindi per una popolazione all'incirca di 100 mila rifugiati immaginata in Sudan, 10 mila in Eritrea e 5 mila prbabilmente a Gibuti, in un periodo che va da novembre 2020 fino a giugno 2021”. I finanziamenti consentiranno di far fronte alle priorità che sono soprattutto quelle di registrazione e di rilascio di documenti, in maniera tale che le persone abbiano l’assicurazione di essere riconosciute come rifugiate e poi ovviamente le priorità di prima necessità: quindi cibo, assistenza sanitaria, istruzione per i bambini, senza dimenticare i gruppi a rischio, i minori non accompagnati, le persone con disabilità e gli anziani. Il tutto in una situazione resa ancora più difficile dal Covid-19.
L'appello ai governi perché continuino a contribuire
Finora è stato raccolto solo il 30% della cifra necessaria, pari a 46 milioni di dollari che, presumibilmente, non saranno sufficienti alle attività di risposta alla crisi in corso. L’appello è quindi ai governi sostenitori, affinché proseguano nel loro contributo. “Più in fretta si riuscirà a raccogliere fondi – conclude Giulia Raffaelli – più facile sarà rispondere ai bisogni che crescono sempre più assieme al numero di chi è in fuga”.
La preghiera del Papa
La preghiera e un appello alla pace erano stati espressi, lo scorso 27 novembre, da Francesco, preoccupato per il conflitto nel Corno d'Africa. Il Papa aveva invitato le parti in conflitto, affinché sia salvaguarda la vita, in particolare dei civili, e le popolazioni possano ritrovare la pace.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui