Tunisia: per i giovani è ancora tempo di provare a cambiare il Paese
Marina Tomarro – Città del Vaticano
I primi mesi del 2011 sono stati per tanti Paesi del mondo arabo l’alba di un nuovo inizio. Le proteste, che si dispiegarono tra Nord Africa e Medio Oriente, portavano con sé un vento di una nuova libertà, per questo si parlò di “primavere arabe”. Le narrazioni sui social dei Paesi interessati da quei giorni e le cronache dei media occidentali erano piene di speranze. Oggi molti di questi Paesi sono ancora alla ricerca di un vero equilibrio socio-politico, anche se si registrano alcune conquiste .
Un Paese sviluppato a metà
“È importante ricordare che negli ultimi 10 anni in Tunisia – spiega Francesca Maria Corrao, docente di Lingua e Cultura araba all’Università Luiss - ci sono state diverse elezioni democratiche e quindi questo è stato un passo estremamente importante. Il tema di queste rivolte era principalmente quello della dignità, come maggiori diritti e più rispetto per i lavoratori ad esempio. Oppure di uno sviluppo equo del Paese. Infatti le zone costiere della Tunisia sono state fonte di investimento europeo per il turismo, mentre l’interno è rimasto abbandonato a se stesso, e purtroppo rimane ancora così, non essendo state costruite per esempio autostrade, che avrebbero collegato le due parti in una maniera migliore, favorendo così anche l’economia e il commercio delle zone più lontane. I giovani non hanno rinunciato, e vogliono continuare a migliorare. Ma sono dei cambiamenti profondi e ci vuole tempo” .
La fatica dei giovani
Proprio a causa di una burocrazia interna che ancora fatica a rinnovarsi, tanti sono i giovani che decidono di lasciare il Paese e cercare altrove un futuro migliore. “Anche la pandemia – continua la Corrao – ha reso ancora più difficile questa situazione economica e sociale. Io credo che l’Italia e l’Europa debbano prestare attenzione alla Tunisia, perché la situazione di questo Paese ha riflessi sugli interessi economici, culturali, e di sviluppo di tutto il bacino mediterraneo”.
Un sogno che non vuole spezzarsi
Ma anche se alcune speranze di quelle giornate non si sono ancora realizzate, non si deve parlare della primavera araba come un sogno infranto. “Non sarebbe giusto perchè – sottolinea la docente – tante cose prima impensabili si sono raggiunte. Ad esempio ci sono state conquiste in Parlamento da parte delle donne nella loro battaglia contro la deriva fondamentalista, che voleva togliere loro l'eguaglianza dei diritti. È stata creata una commissione speciale per proteggere le donne dalla violenza, e anche questo era un tema molto sentito. Certo bisogna non fermarsi e continuare a sognare affinchè le cose cambino sempre in meglio”.
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