Pandemia, disuguaglianze globali nella distribuzione dei vaccini
Isabella Piro - Città del Vaticano
Nella distribuzione dei vaccini anti-Covid sussistono “disuguaglianze globali che provocano disperazione”. E' quanto sostengono i direttori della Cidse (Cooperazione internazionale per lo sviluppo e la solidarietà).
Uno scandalo internazionale
L’organizzazione, che raduna le agenzie di sviluppo cattoliche dell’Europa e del Nord America, ha diffuso una nota in cui si afferma: “Vogliamo richiamare l’attenzione sull’urgente necessità di un quadro etico ed efficace per la distribuzione globale dei vaccini”. È “uno scandalo internazionale”, infatti, “l’attuale ritardo, nonché la scarsità di vaccini disponibili per il Paesi del Sud del mondo e le loro popolazioni più povere”, perché ciò “peggiorerà l’indigenza e la disuguaglianza, perpetuerà la vulnerabilità globale e alla fine ritarderà il superamento della pandemia”.
L'appello
Di qui, l’esortazione ai “Paesi ricchi” affinché non monopolizzino il vaccino anti-Covid. Tali nazioni, infatti, hanno “l’opportunità di migliorare la resilienza internazionale alle future pandemie per il benessere a lungo termine, sia dei loro cittadini che delle persone più vulnerabili del mondo”. Il monopolio delle forniture dei vaccini e dei brevetti, invece, “è una risposta miope” alla crisi sanitaria che finisce per “privilegiare gli interessi egoistici rispetto alle vere soluzioni, mettendo tutti in pericolo”.
I numeri del divario
La Cidse fa anche notare che i Paesi ricchi, nonostante costituiscano “solo il 13 per cento della popolazione mondiale”, hanno già pre-ordinato “la metà dei vaccini che verranno prodotti entro la fine del 2021”, grazie alle risorse che essi hanno “per assicurarsi accordi bilaterali con le industrie farmaceutiche”. Al contrario, nei Paesi a basso reddito, “solo il 10 per cento della popolazione riuscirà a ricevere il vaccino quest’anno”; anzi: in alcuni nazioni, come la Somalia, si prevede che “neanche gli operatori sanitari in prima linea” riusciranno ad ricevere il siero “fino all’anno prossimo”. Ma “in un mondo globalizzato – continua la Cidse – non basta chiudere le frontiere” per contenere il virus. Basti pensare che molti dei prodotti essenziali, a livello globale, dipendono dalla “catena di approvvigionamento” a cui lavorano “le popolazioni rurali ed indigene”, spesso “sfruttate ed emarginate” per produrre beni necessari a tutti.
La richiesta
Di conseguenze, sono proprio “le comunità povere dei Paesi del Sud del mondo” a “mantenere tutti in vita”, nonostante vivano “un'enorme precarietà” ed abbiano “poche garanzie di un'adeguata assistenza sanitaria in caso di malattia”. “Se le comunità del Sud del mondo sono vulnerabili quindi – mette in guarda la Cooperazione internazionale – siamo tutti vulnerabili”. Di qui, il suggerimento affinché l’Organizzazione mondiale del commercio applichi “una deroga al Trips”, ovvero al Trattato internazionale per la tutela della proprietà intellettuale, in modo da permettere “a tutti i Paesi di aumentare e diversificare la produzione di vaccini”. Tale deroga è stata bloccata, al momento, da alcune nazioni, tra cui l’Unione Europea, gli Stati Uniti, il Regno Unito e il Canada. Per questo, la Cidse ribadisce il suo “appello urgente per un accesso globale e paritario ai vaccini”.
Come nasce l'esclusione
Nei Paesi meno sviluppati, il lento arrivo dei vaccini peggiorerà le già difficili condizioni di vita delle comunità “vulnerabili e sfruttate”, mentre le misure di confinamento offriranno “una scusa ai regimi autoritari per opprimere la circolazione e la resistenza di certe popolazioni e per approvare, segretamente, leggi per sequestrare territori a scopo di estrarvi le risorse naturali”. In tal modo, le nazioni del Sud del mondo saranno sempre più escluse “dai processi internazionali, come la Cop26”, in programma il prossimo novembre a Glasgow, nel Regno Unito, con il risultato che “le loro preoccupazioni per la crisi ecologica globale”, saranno “ulteriormente oscurate”. La Cidse esorta anche alla “cancellazione del debito globale” per i Paesi del Sud del mondo, perché ciò “libererebbe fondi enormi per il miglioramento dei sistemi sanitari nazionali, per la distribuzione dei vaccini e per l’assistenza ai malati in isolamento”.
Pandemia, sintomo di mancanza di solidarietà
Al contempo, la Cooperazione internazionale sottolinea che la pandemia “è un sintomo del rapporto malsano dell’uomo con la natura” e “della mancanza di solidarietà globale”. Al di là dell’urgenza dei vaccini, dunque, ciò che occorre è “continuare a esortare le istituzioni ad agire con integrità in favore di una ripresa giusta per tutti, che assicuri il benessere di tutte i nostri fratelli e sorelle, specialmente quelli che rischiano di più e hanno meno possibilità di essere ascoltati”.
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