Irlanda del Nord, una settimana di violenze
Benedetta Capelli ed Elvira Ragosta – Città del Vaticano
A Belfast e in altre città nordirlandesi da anni non si vedevano scene simili. Lancio di pietre, proiettili e bottiglie molotov contro le forze dell’ordine, tra gli autori dei disordini anche ragazzini di 12-13 anni, un autobus incendiato, un giornalista aggredito, 55 agenti feriti e 10 arresti. È il bilancio di una settimana di tensione. Condanna unanime del governo, sia sul fronte unionista, guidato dalla premier Arlene Foster, che su quello repubblicano capeggiato dalla vicepremier dello Sinn Fein Michelle O'Neill. A loro si aggiungono le voci del primo ministro britannico Boris Johnson che ha definito “inaccettabili” le violenze ed ha invitato al dialogo, della Casa Bianca che si è detta preoccupata così come l’Unione Europea.
I motivi
Molti i fattori che hanno innescato le tensioni a partire dal protocollo sull’Irlanda del Nord previsto dagli accordi sulla Brexit con i controlli al confine marittimo con la Gran Bretagna; la mancata inchiesta sul funerale di un ex membro dell’Ira con la violazione delle norme anti-Covid e la partecipazione di diversi esponenti dello Sinn Fein, infine alcuni ipotizzano la reazione delle gang a recenti operazioni anti-droga che hanno decapitato i vertici di diversi clan. Di situazione molto preoccupante parla ai microfoni di Vatican News Raffaele Marchetti, professore di Relazioni internazionali alla Luiss, secondo cui quello che sta accadendo “è qualcosa che mina la stabilità precaria raggiunta dopo gli accordi del Venerdì Santo ed è un qualcosa che preoccupa l'Inghilterra, l'Unione Europea e anche gli Stati Uniti”.
Il peso della Brexit
Le conseguenze prodotte dalla Brexit sembrano essere il motivo principale che ha scatenato le violenze. In particolare, i malumori contro gli accordi firmati dal governo britannico con l'Ue per garantire il mantenimento del confine aperto fra Irlanda del Nord e Repubblica d'Irlanda. Un'apertura prevista dagli storici accordi di pace del Venerdì Santo 1998. Quanto sottoscritto prevede controlli amministrativi doganali sulle merci europee in transito alla frontiera interna fra Ulster e resto del Regno Unito. “Si tratta – continua il docente della Luiss - di un elemento centrale e irrisolto della Brexit. Di fatto, fu uno dei punti di stallo della negoziazione, si è trovatoun compromesso che però alla prova dei fatti non sta reggendo”.
Le possibili soluzioni
Sebbene queste proteste potrebbero anche essere indice di un malessere sociale, Marchetti sottolinea che alla base resta il problema della Brexit e il destino del Irlanda del Nord. Circa, poi, una possibile soluzione aggiunge: ”È molto difficile fare previsioni, da un lato c'è il problema del rapporto con l'Irlanda, dall'altro c'è la permanenza dell'Irlanda del Nord all'interno della Gran Bretagna. La Brexit sta generando una serie di dinamiche di fuga, lo vediamo anche con tutto il dibattito in corso in Scozia. È chiaro che l'Irlanda del Nord si ritova in una situazione molto delicata in cui rischia di veder attenuare i legami con Londra”.
Il rischio sulla stabilità raggiunta con gli Accordi del Venerdì Santo
Per Marchetti il rischio che quanto sta accadendo in questi giorni possa minare la stabilità raggiunta nel 1998 esiste. Il riferimento è agli Accordi di pace che posero fine ai così detti ‘troubles’, decenni di scontri che costarono la vita a oltre 3mila persone. “Sono passati ormai tanti anni – conclude - e gli accordi in quanto tali si sono sedimentati, tuttavia la Brexit ha riacceso l'attenzione e finché non sarà trovata una soluzione che possa in qualche modo soddisfare sia le esigenze dell’Ue che quelle degli unionisti, cioè dei nordirlandesi che vogliono rimanere all'interno della Gran Bretagna, anche gli accordi del Venerdì Santo rimarranno a rischio”.
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