Colombia, tra disordini e proteste
Andrea De Angelis - Città del Vaticano
Non si arrestano gli scontri in Colombia legati alle proteste antigovernative. Sono almeno 42 le vittime in due settimane di disordini, ma il bilancio sembra destinato a crescere visto anche l'alto numero di feriti e dispersi. Intanto per oggi il Comitato nazionale di sciopero ha annunciato una nuova giornata di protesta a livello nazionale, manifestando così insoddisfazione per la proposta del Governo di costituire un tavolo di dialogo, con il sostegno - riferisce Radio Caracol - della Nazioni Unite e della Chiesa cattolica. Percy Oyola, segretario della Confederazione generale del lavoro ha definito “inaccettabile” la proposta perché lontana dalle richieste dei lavoratori. Inoltre il leader della Cgt ribadisce la necessità di permettere le manifestazioni pacifiche, invocando giustizia per le decine di morti e le centinaia di feriti di questi giorni.
La preoccupazione di Francesco
“Ci sono tanti colombiani qui, preghiamo per la vostra patria”. Con queste parole il Papa domenica scorsa si è rivolto ai colombiani presenti in Piazza San Pietro per la preghiera del Regina Coeli. Poco prima Francesco aveva comunicato il suo pensiero al Paese americano: “Voglio esprimere la mia preoccupazione per le tensioni e gli scontri violenti in Colombia che hanno provocato morti e feriti”, ha detto al termine della preghiera mariana.
La telefonata tra Duque e Guterres
Ieri il presidente colombiano Ivan Duque ha avuto un dialogo telefonico con il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. L’Onu la scorsa settimana aveva chiesto che le forze dell’ordine consentissero ai colombiani di manifestare in modo pacifico, dopo che l’Ufficio delle Nazioni Unite per i Diritti umani aveva denunciato “un uso eccessivo della forza” nel corso delle manifestazioni in Colombia. Secondo quanto riferiscono le agenzie internazionali, il presidente Duque ha comunicato a Guterres il massimo impegno per sostenere un dialogo nazionale in risposta alle proteste nel Paese.
Dove nascono le proteste
Quali le ragioni delle manifestazioni che da fine aprile stanno sconvolgendo la Colombia? Lo abbiamo chiesto ad Alfredo Luis Somoza, esperto dell’area e presidente dell'Istituto Cooperazione Economica Internazionale di Milano. Nell'intervista a Vatican News, spiega come siano almeno due i punti salienti da cui partire. "Il primo riguarda la riforma fiscale, una traduzione in misure concrete di un approccio che qualcuno chiama neoliberista all'economia. L'aumento delle tasse, ad esempio dell'Iva, va a colpire soprattutto i ceti medi e poveri che - sottolinea - sono anche i più colpiti dalla pandemia. Inoltre la Sanità viene trasformata sul modello statunitense, con polizze private e prezzi diversi in base alle patologie delle persone. Un modello che viene respinto in blocco dai sindacati".
Poi ci sono quelli che Somoza definisce i problemi strutturali del Paese. "In questo senso la protesta ricorda quella cilena, iniziata per l'aumento dei biglietti dei trasporti pubblici e finita con la riforma costituzionale". Secondo l'esperto, le richieste sono molteplici: "Dalla riforma della Polizia ancora strutturata come negli anni della guerra civile, quindi una riflessione sugli accordi di pace del 2016 perché da allora sono stati almeno 270 i morti tra i firmatari degli accordi ed oltre mille tra i civili, dunque - ribadisce - lo Stato sta facendo solo in parte il suo dovere". Le manifestazioni sono caratterizzate dalla violenza. "Essa è frutto anche della disperazione, la povertà riguarda quasi la metà della popolazione, di cui quasi un sesto in povertà estrema. Le persone dicono 'no' ad una economia che fa pagare la crisi ai più poveri".
Il rischio di una guerra civile
Nel mirino dei manifestanti non solo Economia e Sanità, ma anche l'Istruzione. "Su questo il Governo oggi ha fatto un primo passo perché l'istruzione superiore sarà concessa gratuitamente alle tre fasce più povere della popolazione, mentre fino ad ora era esclusivamente a pagamento", nota Somoza. Gli avvenimento delle ultime due settimane possono portare alla guerra civile? "Quando si parla di Colombia, questa idea viene subito a tutti perché ci sono ferite recenti ancora non sanate. L'accordo di pace ha solo cinque anni di vita e, come detto, presenta dei problemi. Molto dipenderà - conclude il giornalista - da come agiranno sia le forze politiche che i manifestanti nei prossimi giorni, il rischio certamente c'è. Un fattore positivo è il coinvolgimento della Chiesa cattolica, scelta come mediatrice e da anni impegnata nel processo di pacificazione del Paese".
L’appello dei leader religiosi
Sabato scorso, i leader religiosi colombiani hanno avuto un incontro con il presidente Duque, al termine del quale hanno rilanciato un appello comune al Governo nazionale per superare la crisi, ribadendo il totale rifiuto di qualunque forma di violenza e mettendo al centro le necessarie risposte da dare soprattutto alle fasce più povere della popolazione. "Sosteniamo l'esercizio dell'ascolto reciproco, il dialogo costante e aperto avviato dal presidente della Repubblica con i rappresentanti dei diversi settori, sia a livello nazionale che regionale, per costruire insieme soluzioni volte a soddisfare le esigenze dei colombiani e - si legge nel messaggio - per respingere ogni incitamento alla violenza, all'odio, alla discordia e alla distruzione della nostra società".
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