Colombia, Duque: riforma della polizia e un “dipartimento per i diritti umani"
Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Trasformazione e ammodernamento del ministero della Difesa e della polizia nazionale. E’ quanto promesso dal presidente Ivan Duque, che ieri ha annunciato la riforma. Intanto, il Comitato nazionale di sciopero, composto da sindacati, organizzazioni della società civile e gruppi studenteschi, ha sospeso i negoziati con il governo, accusandolo di non aver ancora firmato il pre-accordo raggiunto a fine maggio. Lo sciopero nazionale che ha portato in strada migliaia di colombiani dalla fine di aprile per chiedere cambiamenti nella politica sociale e politica è costato vittime e feriti al Paese. Venti i morti, riferisce la Procura, ma sarebbero 75 le persone uccise, secondo il computo delle organizzazioni sociali.
Diverse organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite, hanno condannato l'uso eccessivo della forza da parte della polizia nel contenere le proteste. Due le considerazioni che emergono dall’annuncio di Duque, secondo l’esperto di America Latina Bruno Desidera: “Anche il presidente ha dovuto ammettere che in queste settimane qualcosa non è andato nell’azione della polizia e in particolare delle forze speciali, la cosiddetta Esmad (Squadra mobile antisommossa). Inoltre, il fatto che venga annunciato un corpo più attento ai diritti umani dice di un’attenzione che la Colombia ammette di dover avere. Poi, come questo si concretizzerà è difficile da dire, anche in relazione a quanto sta continuando ad accadere nel Paese”.
La riforma
L'annuncio della riforma da parte del presidente Duque è avvenuto nel giorno in cui è giunta in Colombia una delegazione della Commissione interamericana dei diritti umani che fra l'8 ed il 10 giugno visiterà Bogotà e Cali per verificare l'entità e le responsabilità delle violenze durante gli scontri. Il disegno di legge che riformerà la polizia sarà presentato al Congresso il 20 luglio, all'inizio della prossima legislatura e prevede una limitazione di commercio, dimensioni e uso di armi letali e la creazione, all'interno delle forze di polizia, di un "dipartimento per i diritti umani" guidato da un esperto esterno alla polizia. L’obiettivo del cambiamento sarà perseguito anche attraverso il cambio dell’uniforme della polizia. Gli agenti smetteranno al divisa color verde militare, per indossarne una blu e allinearsi così agli standard internazionali che evidenziano il carattere civile dell'istituzione.
La situazione nel Paese, tra manifestazioni e dialogo
Nel frattempo le manifestazioni in Colombia continuano, interessando diverse città. Ieri un lunghissimo corteo con migliaia di persone ha sfilato lungo la capitale Bogotà, in occasione dell’arrivo della Commissione interamericana dei diritti umani, e anche in questa occasione si sono registrate delle cariche da parte dell’Esmad. Sabato scorso a Cali, epicentro delle proteste, sono stati uccisi cinque giovani a colpi di fucile. È invece in stallo il dialogo tra il comitato nazionale di sciopero e il governo. “La settimana scorsa – aggiunge Desidera – il comitato aveva chiesto la rimozione dei blocchi stradali, che erano stati la causa di molti scontri, tra manifestanti e polizia; si era installato un tavolo di negoziati con il governo, con la facilitazione della Conferenza episcopale colombiana e dell’Onu, ma ieri il Comitato ha abbandonato il tavolo unilateralmente per la mancata firma del governo all’accordo preliminare per garantire una transizione rispetto alle proteste di queste settimane”. L’esperto ricorda anche l’appello a continuare il dialogo giunto ieri dal direttore della Caritas colombiana, monsignor Héctor Fabio Henao, rappresentante della Chiesa colombiana nel tavolo negoziale.
La preghiera di Francesco per la Colombia
Per la Colombia ha pregato anche il Papa in questi mesi. Nel Regina Coeli del 9 maggio la preoccupazione di Francesco per le tensioni e gli scontri nel Paese, rivolgendosi ai fedeli colombiani presenti in Piazza San Pietro, ha detto: “Sono tanti i colombiani qui, preghiamo per la vostra patria". Poi l’appello, nella solennità di Pentecoste, a seguire la via del dialogo: “Prego perché l'amato popolo colombiano sappia accogliere i doni dello Spirito Santo, affinché attraverso un dialogo serio si possano trovare soluzioni giuste ai molteplici problemi di cui soffrono specialmente i più poveri dovuti alla pandemia”.
Il ruolo e l’appello della Chiesa locale
Anche i vescovi colombiani hanno esortato più volte al dialogo e al confronto. Bruno Desidera sottolinea anche il ruolo fondamentale della Chiesa in Colombia, dove la sua voce è molto ascoltata, come dimostra anche la sua presenza, in qualità di facilitatrice, ai negoziati tra il governo e il comitato che organizza lo sciopero nazionale. “Molti sono stati – spiega - i comunicati, sia a livello di Conferenza episcopale, sia da parte di vescovi locali. I presuli hanno detto e ripetuto che nulla si ottiene con la violenza ma hanno anche chiesto di riconoscere la bontà delle richieste che vengono da gran parte dei manifestanti che scende in piazza in modo pacifico. Anche da parte dei vescovi è venuta la constatazione che la repressione della polizia è stata in molti casi sproporzionata”. “In questo contesto – conclude Desidera - spicca in particolare l’arcivescovo di Cali, monsignor Monsalve, che da settimane non si risparmia per cercare il dialogo e per chiedere ai manifestanti di farlo in modo non violento e al tempo stesso denunciando le evidenti sproporzioni nella reazione da parte della polizia speciale e dell’esercito nella città di Cali dove si è registrata la gran parte delle vittime”.
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