Afghanistan: avanzano i talebani, stabilità sempre più a rischio
Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Un attacco con razzi e armi da fuoco negli uffici Onu di Herat ha provocato la morte di un poliziotto afghano e il ferimento di altri ufficiali. E’ quanto denunciato dall’Unama, la missione delle Nazioni Unite nel Paese che ha indicato quali responsabili “elementi antigovernativi”. I talebani, secondo notizie d'agenzia, avrebbero riconosciuto l'attacco negando però di aver preso di mira l'Onu. Condanna per quanto accaduto è stata espressa sia dalle Nazioni Unite che dalla Nato. "Gli autori devono essere identificati per renderne conto", ha dichiarato Deborah Lyons, rappresentante speciale in Afghanistan del Segretario generale dell'Onu. L'attacco è avvenuto mentre per il secondo giorno consecutivo erano in corso intensi combattimenti a sud di Herat fra talebani e forze di sicurezza nazionali.
Il controllo del territorio
La situazione in Afghanistan è pessima, commenta Fulvio Scaglione. L’esperto di politica internazionale evidenzia la crescita costante dell’azione dei talebani a partire dall’accordo per il ritiro delle truppe americane e di tutte quelle straniere: “Due mesi fa - afferma - i talebani avevano il controllo del venti per cento del Paese, mentre ora sono arrivati a metà del territorio. Inoltre, ci sono molte altre zone in cui il governo non ha il controllo effettivo. L’offensiva è vasta, sempre meglio organizzata e la prospettiva è che prima o poi i talebani riprendano il controllo totale”. Per Scaglione il rischio che corre in questo momento l’Afghanistan è di tornare alla fine degli anni Ottanta, a quella guerra civile che provocò distruzioni enormi e spianò la strada al potere totale dei talebani.
I rischi per l’Afghanistan
Per ipotizzare come un eventuale ritorno al potere dei talebani possa influire sugli equilibri interni e internazionali, secondo l’esperto, bisognerebbe valutare quanto il movimento dei talebani sia cambiato nel corso degli anni. “Il rischio massimo – conclude Scaglione – è che i talebani riprendano la politica del mullah Omar, quindi sostegno al terrorismo, a operazioni di destabilizzazione nei Paesi vicini. In questa prospettiva le cose posso essere veramente difficili”.
Giunti in Usa i primi interpreti afghani
Il timore che il ritiro degli americani potesse esporre a rischio quanti tra gli afghani avevano collaborato come interpreti con le forze della coalizione ha spinto gli Stati Uniti a concedere loro la possibilità di un visto speciale di immigrazione. Un primo gruppo di circa duecento, tra traduttori e interpreti con le proprie famiglie, è già atterrato in Virginia, e ora si attende di ricollocarli. In duemila invece sono ancora in attesa di imbarcarsi, mentre altri quattromila afghani dovrebbero essere ospitati da altri Paesi. Si calcola che siano circa 35mila i cittadini afghani che hanno lavorato per gli Usa negli ultimi vent’anni.
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