Mandela Day, una storia che ispira alla riconciliazione e alla pace
Debora Donnini – Città del Vaticano
“Nessuno è nato schiavo, né signore, né per vivere in miseria, ma tutti siamo nati per essere fratelli”. Una frase che resta scolpita nella memoria questa di Nelson Mandela, leader della lotta contro l’apartheid in Sud Africa, per la quale trascorse 27 anni in carcere. Fu infatti ripetutamente imprigionato a partire dal 1952 e nel 1964 venne condannato all'ergastolo. Quando fu liberato, l’11 febbraio del 1990, aveva 71 anni e tenne un memorabile discorso. A capo dell'African National Congress, nel 1994 divenne presidente del Sud Africa, il primo non bianco a ricoprire tale carica. Il precedente presidente, De Klerk, fu nominato vice e entrambi vinsero il Premio Nobel per la pace nel 1993. Madiba, come veniva affettuosamente chiamato dal suo clan, gestì la transizione da un passato basato sulla segregazione razziale alla democrazia, favorendo il processo di pacificazione. La morte lo raggiunge nel 2013, all’età di 95 anni.
Giovanni Paolo II: una società più giusta è una vittoria di tutti
L’odierna Giornata internazionale indetta dall’Onu per trasmettere il suo messaggio di pace e libertà cade, ogni anno, nel giorno della sua nascita avvenuta il 18 luglio del 1918 a Mvezo, un piccolo villaggio nella parte sud orientale del Sud Africa. A livello internazionale Mandela ricevette forte sostegno e apprezzamento. Poco dopo la sua liberazione, nel 1990, in giugno, incontrò san Giovanni Paolo II in Vaticano. Lo ricordò lo stesso Papa Wojtyla alla cerimonia di benvenuto del suo viaggio in Sud Africa del 1995 rivolgendo al presidente Nelson Mandela forti parole di gratitudine, indirizzate anche all’ex presidente De Klerk, per “la saggezza e il coraggio” con cui agirono. Rese omaggio, quindi, a Mandela che “dopo essere stato un ‘testimone’ silenzioso e partecipe dell’anelito del suo popolo alla vera liberazione - disse - ora si è assunto la responsabilità d’ispirare e di sfidare ognuno a riuscire nel compito di riconciliazione e di ricostruzione nazionali”. “Nelle nostre preghiere desideriamo affidare a Dio tutti coloro che hanno operato e sofferto e continuano a lottare - proseguì - perché venga quel giorno in cui la dignità di tutti sarà interamente riconosciuta, rispettata e tutelata in questa terra e in tutto questo continente”.
Nuovamente, alla cerimonia di congedo all’aeroporto internazionale di Johannesburg, salutò Mandela ricordando “che la pace è la vittoria dello spirito umano che decide di abbandonare il cammino delle divisioni e dei conflitti e di seguire la via del perdono e della fratellanza”. “La pace - disse - richiede un coraggio maggiore della insensata temerarietà che continuerebbe a ricorrere ai vecchi metodi della violenza. Se è importante conoscere la verità sugli errori del passato e attribuire debitamente le responsabilità, è ancor più importante curare la pianta di una società multirazziale giusta e armoniosa che sta germogliando e permetterle di crescere”. Quindi rimarcava il significato profondo del percorso del Sud Africa: “Tutta l’Africa, anzi tutto il mondo, segue ogni vostro passo, sapendo che ogni conquista lungo il cammino verso una società più giusta, più umana, più degna dei suoi cittadini, è una vittoria di tutti, poiché porta l’ispirazione e la speranza di un simile successo ovunque. Che Dio benedica quanti operano a favore della giustizia e dell’armonia, senza discriminazioni, tra i popoli e le Nazioni dell’Africa!”. Giovanni Paolo II incontrò nuovamente il leader africano in Vaticano il 17 giugno 1998. E Mandela, a quel tempo non più presidente, volle partecipare ai funerali di Papa Wojtyla nel 2005.
La giustizia e il bene comune
Diverse volte dall’account @Pontifex, Papa Francesco ha voluto dedicare un pensiero a Nelson Mandela, nella Giornata internazionale a lui dedicata, e quando morì l’ex-presidente sudafricano, il 5 dicembre del 2013, in un telegramma omaggiò il suo “costante impegno” nel “promuovere la dignità umana di tutti i cittadini della Nazione e nel forgiare un nuovo Sudafrica costruito sulle solide fondamenta della non-violenza, la riconciliazione e la verità”. Importante anche l’auspicio che l’esempio di Mandela potesse “ispirare generazioni di sudafricani a porre la giustizia e il bene comune al primo posto delle loro aspirazioni politiche”.
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