Libano a rischio blackout: spente le due centrali elettriche
Michele Raviart - Città del Vaticano
Rischia di passare la notte al buio il Libano, a causa del probabile blackout dovuto alla chiusura delle due principali centrali elettriche del Paese. Il motivo è la mancanza di carburate necessario ad alimentarle. Le autorità infatti, in un quadro di crisi economica gravissima, non hanno la liquidità necessaria per pagare il carburante, stipato in due petroliere, che si rifiutano di scaricarlo, finché non saranno pagate.
A rischio i risparmi dei libanesi
“È una situazione drammatica, ma questo era previsto”, spiega a Vatican News il giornalista e scrittore libanese Camille Eid. “Le sovvenzioni governative, che permettevano al Paese di procurare l’energia elettrica – grazie ai prezzi calmierati, ndr - scarseggiano e quindi la Banca centrale non dispone più di capitali, anzi ora ha iniziato ad attingere a quella parte di capitali dei correntisti libanesi depositati presso la Banca centrale”, afferma Eid: “attingono proprio ai soldi dei libanesi e, nel giro di tre, quattro settimane, tutte le sovvenzioni governative saranno tolte e il popolo sarà abbandonato a un destino veramente pessimo”.
Inflazione record
Nata da un aumento del debito pubblico costante a partire dagli anni '90, la crisi economica ha portato la lira libanese a una svalutazione del 90% in 18 mesi secondo i tassi ufficiali. Al mercato nero invece per un dollaro ci vuole il valore record di 19.500 sterline, aumentato di dieci volte in poco più di un anno. Per un Paese che dipende fortemente dalle importazioni dall’estero questo vuol dire scarsità di merci e di beni di prima necessità. Anche la benzina è aumentata di oltre il 55% in una decina di giorni.
Mancano i medicinali
Particolarmente preoccupante è la situazione per quanto riguarda i medicinali, tanto che i farmacisti del Libano ieri hanno scioperato. Difficile trovare dai semplici analgesici ai farmaci per le malattie croniche. I libanesi per andare avanti si affidano alle donazioni di parenti e amici provenienti dall’estero o agli acquisti via internet. “Tutti, come regalo ai propri cari portano dei medicinali, che sono quasi tutti introvabili”, conferma Camille Eid. “Io stesso continuo a ricevere richieste da parte dei miei famigliari”, aggiunge, “senza parlare poi dei libanesi in Europa e in Italia che si sono attivati per fare una raccolta di medicinali, perché il loro costo che è diventato inaccessibile ai più. Il 77% dei libanesi vive con meno di cento dollari al mese e questo fa si che una scatola di aspirine possa costare anche un quarto o un terzo dello stipendio”.
Protestano i famigliari delle vittime dell'esplosione al porto di Beirut
Manifestano anche i famigliari delle vittime dell’esplosione al porto di Beirut, quando, il 4 agosto scorso, morirono circa 200 persone. A decine hanno protestato davanti alla residenza del presidente del Parlamento e al ministero degli Interni per chiedere l’autorizzazione a procedere con gli interrogatori alle otto persone indicate dal giudice come possibili responsabili dell’esplosione, tra cui il premier uscente Hassan Diab e il capo dei servizi di sicurezza. Da quasi un anno, inoltre, l Libano è senza governo e stanno aumentando, anche a livello diplomatico, gli sforzi per trovare un compromesso tra la parti. “Attualmente”, conclude Camille Eid, “se non fosse stato per la giornata indetta dal Papa il primo luglio scorso non avremmo visto nessun barlume di speranza in fondo a questo tunnel!”
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui