Grano ucraino: pressing sulla Russia per sbloccare le esportazioni
Marco Guerra – Città del Vaticano
La guerra, il blocco dei porti sul Mar Nero, le difficoltà logistiche incontrate nel trasporto via terra e le sanzioni hanno determinato un crollo delle esportazioni del grano dall'Ucraina e dalla Russia. Secondo il Programma alimentare mondiale, gran parte delle nazioni dell’Africa e del Medio Oriente dipendono dai cereali prodotti dai due Paesi coinvolti nel conflitto. C’è quindi il rischio concreto che nuove crisi alimentari alimentino l’instabilità politica di alcune regioni. Tutto questo preoccupa la comunità internazionale, che vede allungarsi anche i fantasmi di nuove ondate migratorie dai Paesi più poveri. In questa cornice, il premier italiano Mario Draghi ha voluto una conversazione telefonica con il presidente russo Vladimir Putin per cercare una soluzione "condivisa", ma l’inquilino del Cremlino ha replicato che è Kiev che blocca porti e negoziati mentre la Russia è pronta a contribuire per evitare la crisi alimentare, a condizione che le sanzioni occidentali siano revocate. Anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha invitato la Russia a sbloccare il Mar Nero.
Il grano bloccato nei silos
Prima che la Russia inviasse truppe in Ucraina, il 24 febbraio scorso, Kiev aveva la capacità di esportare fino a 6 milioni di tonnellate di cereali (grano, orzo, mais) al mese, ma le esportazioni sono crollate a sole 300mila tonnellate a marzo e a poco più di milione ad aprile. Ora si teme per la raccolta primaverile, fortemente limitata nell’est del Paese a causa del conflitto, ma anche per la carenza di carburante e per l’esodo di milioni di ucraini. Al momento, l'Ucraina ha almeno 20 milioni di tonnellate di grano in eccedenza nei silos e aziende specializzate in agricoltura stimano che altri 40 milioni potrebbero essere disponibili per l'esportazione con il prossimo raccolto dell'estate.
I problemi logistici
Il governo di Kiev vuole portare l’esportazione a 2 milioni di tonnellate al mese e per raggiungere questo obiettivo sta agendo anche sui problemi relativi al sistema ferroviario. I vagoni merci utilizzano, infatti, uno scartamento di epoca sovietica più ampio rispetto a quello dei Paesi europei. Si è pensato all’ipotesi che le navi da guerra della Nato possano scortare i carichi di cereali dal porto di Odessa, ma questo le metterebbe dinanzi ad confronto diretto con le forze russe che impongono il blocco. La Russia, dal canto suo, afferma di puntare a 50 milioni di tonnellate di esportazioni di grano nella prossima stagione, in forte aumento rispetto all'anno in corso. Le esportazioni di cereali russi sono attualmente frenate dalle sanzioni sulla catena di approvvigionamento e sul settore finanziario.
L’allarme della Coldiretti
“La partenza delle navi significa lo svuotamento dei magazzini, dove si stima la presenza di oltre 20 milioni di tonnellate di cereali, tra grano, orzo e mais, destinati alle esportazioni sia in Paesi ricchi che in quelli più poveri, dove il blocco rischia di provocare rivolte e carestie” spiega la Coldiretti. Secondo l'associazione, “Paesi come Egitto, Turchia, Bangladesh e Iran acquistano più del 60% del proprio grano da Russia e Ucraina, ma anche Libano, Tunisia Yemen, Libia e Pakistan sono fortemente dipendenti dalle forniture dei due Paesi".
Azione contro la fame: corriamo rischi altissimi
Simone Garroni, direttore dell’organizzazione umanitaria Azione contro la fame, intervistato da Vatican News, ha evidenziato che il momento è molto difficile, “perché siamo nel periodo dell’anno in cui si esauriscono le vecchie scorte e ancora non sono a disposizione quelle del nuovo raccolto”. A questo si aggiunge il blocco delle esportazioni, che determina un aumento dei prezzi. In queste circostanze, secondo Garroni, a scontare gravi conseguenze sono le popolazioni più povere del mondo. “Ad esempio - prosegue Garroni - la Repubblica Democratica del Congo e il Madagascar dipendono per oltre il 65% da importazioni da Paesi coinvolti nel conflitto, mentre in Burkina Faso ci sono già 3 milioni di persone in condizioni di insicurezza alimentare che stanno correndo dei rischi altissimi. Poi c’è tutta la parte del Medio Oriente a grave rischio di crisi alimentare e sempre a causa della guerra in Ucraina”.
Conseguenze sulle migrazioni
Garroni sottolinea che, in questo momento, non ci sono ancora problemi legati alle scorte, ma piuttosto all’aumento dei prezzi che rende impossibile ai più poveri accedere al cibo. Ma, “se il blocco dovesse proseguire, presto potremmo avere anche una vera mancanza di disponibilità di cibo, con conseguenze gravi sulla salute delle persone e con risvolti sulla stabilità politica e le migrazioni”. Il direttore di Azione contro la fame ricorda che la fame è motivo di conflitto e che spesso è “utilizzata come arma di guerra”. “La nostra organizzazione è stata tra i principali proponenti della risoluzione Onu 24/17 che vieta l’uso della fame come arma di guerra, quindi c’è il diritto internazionale che regola questo aspetto e perciò importante che le Nazioni Unite vigilino e intervengano”.
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