Il mondo dello sport in campo contro la fibromialgia
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Anche nell’ultimo Regina Coeli Papa Francesco ha avuto modo di esortare la ricerca sanitaria a fare di più per gli ammalati di fibromialgia. Una patologia difficile da diagnosticare, su cui si sa ancora poco e per la quale vengono somministrati farmaci per lo più sintomatici, allo scopo di alleviare i forti dolori muscoloscheletrici che provoca, insieme ad altri sintomi, che abbassano fortemente la qualità della vita di chi soffre di questa sindrome. Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano ospita domani un convegno per mettere in luce l’importanza di prendere di petto questa malattia subdola, ma anche di portare avanti un percorso di vicinanza verso chi ne soffre, troppo spesso lasciato solo ad affrontare gli interrogativi di un male complicato. Vi partecipa, tra gli altri, don Carlo Abbate, responsabile della Pastorale della Salute della diocesi di Roma. Nell’intervista a Radio Vaticana – Vatican News spiega come sia doveroso svolgere un’assistenza a tutti i livelli nei confronti dei fibromialgici.
Don Carlo Abbate, quali sono le dimensioni di questa patologia?
Stiamo parlando di una malattia che colpisce circa 2 milioni e mezzo di persone sul territorio italiano e lo sport scende in campo a sostegno di
questi malati ed è un gesto importante, perché lo sport darà un volto, darà un nome, darà una presenza, un segno, per far capire che non vogliamo che questo sia un evento a sé stante, ma sia l'inizio di una continuità. D'altronde, credo che per una persona malata sia fondamentale non sentirsi scartato, stando a quello che ha detto il Papa.
Proprio Papa Francesco in questa occasione dedica un pensiero ai malati di fibromialgia, ma anche un auspicio affinché la ricerca vada avanti sulla conoscenza di questa patologia…
È già il secondo anno che Papa Francesco al Regina Coeli parla dalla finestra di Piazza San Pietro, auspicando che ai malati di fibromialgia si rivolga una necessaria assistenza. L'anno scorso, invece disse: “auspico che cresca l’attenzione a questa patologia a volte trascurata". È chiaro che lo sport è salute, è relazione, passione, prevenzione, è cura di corpo e anima. Lo sport è integrazione e scambio culturale di una vita. Chi è malato tutto questo non può viverlo, allora, tutte le più alte rappresentante dello sport nazionale, tutti uniti scendono in campo per dare il proprio sostegno a queste persone per dire in qualche modo: “io mi interesso di te e non voglio che tu sia dimenticato, non voglio che tu sia scartato.
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