La guerra in Ucraina dopo Samarcanda
Andrea De Angelis - Città del Vaticano
Mai come in questi giorni gli occhi del mondo sono stati rivolti alla città di Samarcanda, in Uzbekistan, dove venerdì 16 settembre si è svolta una riunione a cui hanno hanno partecipato il Primo Ministro della Repubblica dell'India Narendra Modi, il presidente della Repubblica del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev, il presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping, il presidente della Repubblica del Kirghizistan Sadyr Japarov, il primo Ministro della Repubblica Islamica del Pakistan Shehbaz Sharif, il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, il presidente della Repubblica del Tagikistan Emomali Rahmon, nonché il Segretario Generale dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai Zhang Ming e il direttore del Comitato Esecutivo della Struttura Antiterrorismo Regionale della SCO, Ruslan Mirzayev. Riflettori puntati sull'incontro bilaterale tra i leader di Russia e Cina, oltre che sul dialogo tra Putin ed il presidente turco Erdogan.
L'esito del vertice
La guerra in Ucraina, la ripresa post-Covid e i rapporti tesi con l'Occidente di Cina e Russia pesano sul vertice dei leader asiatici riuniti a Samarcanda, che si schierano contro l'uso "unilaterale di sanzioni economiche" e mettono per iscritto la loro opposizione alle interferenze nelle questioni interne di altri Paesi con il pretesto del contrasto al terrorismo. Il summit sembra però anche sancire alcune incrinature della partnership "senza limiti" siglata a febbraio scorso dai due giganti del gruppo, Cina e Russia, già emerse giovedì scorso durante l'incontro tra il presidente russo, Vladimir Putin, e il presidente cinese, Xi Jinping, con l'ammissione del leader del Cremlino dei dubbi di Pechino sulla guerra, e confermate dalle posizioni di Cina e Turchia. Un solido pacchetto di documenti, più di 40 accordi e decisioni, sono stati preparati per la firma al Vertice di Samarcanda. Riflettono gli approcci comuni degli Stati SCO all'interazione in aree di cooperazione popolari e promettenti, come il rafforzamento della connettività, la cooperazione industriale, l'economia verde, la digitalizzazione e il commercio.
Le parole di Putin sulla guerra
Mosca però non sembra voler arretrare. Per Putin gli obiettivi in Ucraina verranno raggiunti, quindi l’ennesimo attacco all’Occidente: “Da decenni – dice – vuole vederci affondare”. Il presidente russo ha aggiunto che Mosca ha dato finora una risposta contenuta ai "tentativi dell'Ucraina di danneggiare le infrastrutture russe, ma la risposta sarà più seria se essi continueranno", accusando Kiev di aver tentato di attaccare le centrali nucleari russe. Mosca "farà tutto per prevenire" tali azioni. Di nucleare ha parlato anche il presidente statunitense Biden, ammonendo il Cremlino circa l'idea di utilizzare armi nucleari o chimiche.
L'ammonimento di Biden
"Non farlo, non farlo, non farlo". È questo che Joe Biden direbbe a Vladimir Putin se il presidente russo, messo alle strette dalla riscossa ucraina sul campo, decidesse di fare ricorso alle armi nucleari. Rispondendo alle domande di '60 minutes', il presidente americano ha aggiunto che una mossa del genere cambierebbe "il corso della guerra come mai nessuna cosa dai tempi della Seconda Guerra Mondiale". E all'intervistatore che gli chiedeva quali sarebbero le conseguenze di un'azione del genere da parte di Putin, Biden ha risposto: "pensa che io le direi se sapessi esattamente quali sarebbero? Ovviamente non starò a dirle, ci saranno conseguenze". I russi, ha aggiunto nell'intervista che sarà trasmessa domenica e di cui la Cbs ha dato delle anticipazioni, "diventerebbero sempre più dei paria nel mondo e a seconda della portata di quello che hanno fatto si determinerebbe la risposta da dare".
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