La missione di Soleterre in Ucraina, per curare i bambini ammalati
Sofiya Ruda – Città del Vaticano
I combattimenti in Ucraina proseguono violentemente, con il numero delle vittime civili che sale di ora in ora e con le nuove mosse di Mosca, come il richiamo dei giovani idonei alla leva, che fanno presagire che la pace è lontana. In questo drammatico quadro, fatto anche di continui bombardamenti, le organizzazioni non governative proseguono la loro azione umanitaria, tra queste la Fondazione Onlus Soleterre tuttora attiva nel Paese soprattutto in aiuto dei bambini oncologici ricoverati negli ospedali e in condizioni troppo gravi per essere evacuati.
La missione di Soleterre
Valentina Morico, capomissione Soleterre a Kyiv, spiega a Vatican News – Radio Vaticana che il focus dell’organizzazione è sempre stato rivolto verso l’oncologia pediatrica. La Fondazione collabora con 16 ospedali ucraini che ricevono assistenza sin dall’inizio della guerra, in questo anno poi l'azione della ong si è estesa, con la fornitura di cibo e altri beni di prima necessità, a tutta la popolazione colpita dal conflitto, soprattutto a sostegno degli sfollati arrivati nei centri di accoglienza. Soleterre, oltre a collaborare con alcuni ospedali, lavora stabilmente in quattro strutture pediatriche e oncologiche, due a Kyiv e due a Leopoli. I volontari della onlus è lì che forniscono diversi tipi di supporto, soprattutto psicologico e fisioterapico. “A Leopoli - prosegue Morico - abbiamo anche aperto un nuovo filone di attività con i bambini feriti, abbiamo svolto training importanti sulla specifica tecnica rigenerativa di cura delle ferite da guerra”.
La situazione al fronte
Le forniture di cure e farmaci sono state messe in seria difficoltà a causa degli attacchi al sistema sanitario ucraino e alle catene di approvvigionamento. Soleterre invia farmaci e attrezzature per sostenere i reparti di oncologia pediatrica nei diversi ospedali ucraini. Nelle zone più calde del conflitto, “chi soffre di malattie croniche difficilmente riesce a trovare le cure - aggiunge la capomissione - tutti i bambini con le loro famiglie hanno cercato supporto e si sono spostati verso regioni più tranquille dove le cure sono ancora disponibili e dove c’è la possibilità di ricevere i trattamenti”. Molte persone non hanno la possibilità di raggiungere fisicamente un medico, per cui la Fondazione si attiva con unità mobili che visitano i pazienti casa per casa pronte a trasportarli, se necessario, nei centri ospedalieri.
Le strutture ospedaliere
Nei momenti più gravi della guerra, a seguito di attacchi a strutture energetiche, gli ospedali sono riusciti a superare i blackout grazie ai generatori che permettono il funzionamento di servizi essenziali, come i macchinari salvavita o le sale operatorie. “Chiaramente, non si può pensare che con un generatore si riesca a mantenere attivo l’intero ospedale, però si è trovato il modo per garantire alcune prestazioni fondamentali”, precisa Valentina Morico. Ogni ospedale, inoltre, ha un rifugio sotterraneo, per cui quando risuonano le sirene durante i raid aerei, i pazienti che possono essere spostati o che hanno la possibilità di muoversi in maniera autonoma, possono essere evacuati. “Quando questo non è possibile – conclude la capomissione – viene adottata la regola delle due mura: si raggruppano i pazienti in un’area in cui possono essere protetti da due mura di separazione dall’esterno.”
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