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Oggi a Barbiana l'inaugurazione del Centenario di don Lorenzo Milani Oggi a Barbiana l'inaugurazione del Centenario di don Lorenzo Milani  

Zuppi e Mattarella rendono omaggio a don Lorenzo Milani, sacerdote e educatore

Giornata di apertura oggi a Barbiana del Centenario della nascita di don Lorenzo Milani che fu priore del piccolo borgo toscano. A ricordare la sua figura e l’esperienza della scuola da lui fondata, tra le numerose autorità civili ed ecclesiali, il presidente della Cei che ha ricordato il motto attualissimo di don Milani: "I Care", mi interessa. Mattarella: "Da lui una grande lezione sul rispetto e la dignità di ogni persona"

Adriana Masotti - Città del Vaticano

Non poteva che essere Barbiana il centro oggi dell'inaugurazione del Centenario di don Lorenzo Milani, nato a Firenze il 27 maggio 1923 e, per sua volontà, sepolto nel piccolo cimitero dell'allora sperduta località montana della Toscana dove al suo arrivo, nel 1954, abitavano in tutto 120 persone. La celebrazione di apertura di un anno che vedrà numerose iniziative promosse dal Comitato nazionale per il Centenario, oltre che da scuole, associazioni e realtà culturali e sociali, ha preso il via alle 11 di questa mattina alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella - che prima di tenere il suo discorso ha visitato i luoghi di don Milani -, del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana e del cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, insieme al sindaco di Vicchio, Filippo Carlà Campa, al presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, a Rosy Bindi, presidente del Comitato e a tante altre personalità e persone comuni. A prendere la parola anche Agostino Burberi, uno dei "ragazzi di Barbiana",  il primo ad accogliere il priore nella sua nuova piccola parrocchia. 

Zuppi: don Milani ci aiuta a capire da che parte stiamo

Dando inizio al suo intervento, il cardinale Matteo Zuppi ricorda una frase di don Bensi, sacerdote che fu sempre accanto a don Milani, e che di lui diceva: è "un diamante che doveva ferirsi e ferire". Ricorda il suo rigore, "non è eccesso, ma intelligente amore, evangelico e umano, che aiuta a capire da che parte stiamo e a verificare senza sconti dove siamo stati" per aiutarci a scegliere. Don Milani, prosegue Zuppi, ci mette di fronte alle nostre responsabilità e ci chiede "di farci carico di chi è più fragile". "Ci costringe a sporcarci di fango, di vita vera", dice ancora, e a vedere le tante Barbiana di oggi: "a vedere tutti i luoghi dei bambini di sempre e di oggi, i figli delle tante Barbiana nascoste nelle case delle periferie o nei campi profughi, dove accettiamo crescano migliaia di bambini senza futuro e senza scuola". Zuppi definisce il priore "profeta intransigente di cambiamento, obbedientissimo e per questo libero prete della sua Chiesa senza la quale non voleva vivere. Ecco la lezione di don Milani, per tutti, credenti e non, prete e cittadino italiano: per cambiare le cose non serve innamorarsi delle proprie idee, ma bisogna mettersi nelle scarpe dei ragazzi di allora e di oggi e non darsi pace finché non siano strappati da un destino già segnato".

Ha messo i poveri al centro e ha imparato da loro

Il presidente della Cei sottolinea poi che "la sfida del futuro inizia nella scuola. Sentiamo la ferita che le disuguaglianze sono aumentate in questi venti anni, come l’abbandono scolastico". "La sua è stata una vita brevissima, alla quale la Chiesa in Italia e tutto il nostro Paese devono molto", riconosce, e indica nella radicalità evangelica "il senso del suo amore alla vita e della sua fedeltà a Cristo". Mette in luce la "fecondità generativa" del sacerdote fiorentino, "straordinario formatore di coscienze" evidenziando il suo impegno di accompagnamento delle persone "ad assumersi responsabilità nella vita, non accettando fossero prigionieri del consumismo, passivi e catturati dal tanto, offerto per non pensare". E, accanto a questo ruolo di guida, l'altro aspetto vissuto da don Milani nel suo rapporto con i poveri: il cardinale Zuppi cita una frase scritta nell'opera Esperienze pastorali: "Devo tutto quello che so ai giovani operai e contadini cui ho fatto scuola. Quello che loro credevano di stare imparando da me, son io che l’ho imparato da loro. Io ho insegnato loro soltanto a esprimersi mentre loro mi hanno insegnato a vivere". Don Lorenzo ha messo i poveri al centro seguendo l'insegnamento di Gesù e il porporato commenta: "Non si è Chiesa se non si è di tutti, ma particolarmente dei poveri, e, solo perché dei poveri, è di tutti".

Il servizio agli ultimi come servizio ecclesiale

Il presidente della Cei parla anche delle difficoltà di don Lorenzo con la sua stessa Chiesa che ha faticato a comprenderne il messaggio. In particolare ricorda la condanna nel 1958 di Esperienze pastorali, con la richiesta del ritiro dal commercio rientrata solo nel 2014, e la fondamentale visita di Papa Francesco nel 2017 alla sua tomba a Barbiana durante la quale riconobbe nella sua vita "un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa." "Don Lorenzo - prosegue Zuppi - ha trasformato un esilio in un esodo, ha preso per mano la Chiesa, rivendicando il suo servizio agli ultimi come dimensione spirituale e servizio ecclesiale". E, conclude, "ci mette in cammino verso il futuro". Un futuro che sta tutto in quel motto: I Care che "ci libera dall’osceno e disumano me ne frego" e che il priore di Barbiana con il suo esempio ci aiuta a vivere. 

Mattarella: ha insegnato a rifiutare l'indifferenza

Prendendo la parola, il presidente Sergio Mattarella sottolinea il ”senso fortissimo della politica di don Lorenzo". Afferma: “Se il Vangelo era il fuoco che lo spingeva ad amare, la Costituzione era il suo vangelo laico”. Cita una sua frase: "Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica. Sortirne da soli è l'avarizia", e commenta: "Difficile trovare parole più efficaci". Di lui mette quindi in rilievo lo stretto legame del suo insegnamento con la fede. Per lui prima di tutto veniva "il rispetto e la dignità di ogni persona". "Qui si intrecciano - dice Mattarella -  il don Milani prete, l'educatore, l'esortatore all'impegno" che chiedeva ai suoi ragazzi di "non farsi vincere dalla tentazione della rinuncia, dell'indifferenza". "Lettera a una professoressa ha rappresentato una lezione impartita a fronte delle pigrizie del sistema educativo e ha spinto a cambiare - afferma ancora Mattarella - ha contribuito a migliorare la scuola nel mezzo di una profonda trasformazione sociale del Paese". La scuola, dice il presidente, "è di tutti. Deve essere di tutti". Infine, riprende quell'I care già ricordato dal cardinale Zuppi definendolo "motto universale" contro l'egoismo e l'indifferenza, e conclude: "Don Milani e' stato "un grande italiano che, con la sua lezione, ha invitato all'esercizio di una responsabilita' attiva". Non ha rifiutato la fatica dell'impegno, senza il quale la società non migliora, e non ha perso la fiducia, così "don Lorenzo ha percorso un vero cammino di costruzione".

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27 maggio 2023, 12:48