Emanuela al lavoro nel ristorante di famiglia Emanuela al lavoro nel ristorante di famiglia

Essere mamma in carcere, mai perdere il legame con i figli

Nel mese dedicato a Maria e nella giornata in cui si festeggia la mamma, Emanuela Ferrigno racconta la sua esperienza di madre in carcere, che da persona libera ha poi riconquistato tutta la sua vita e che alle mamme detenute lancia un messaggio: “Lottate per non perdere l’amore dei vostri figli”

Roberta Barbi – Città del Vaticano

Emanuela è una di quelle donne che non ti aspetti, se conosci il suo passato: gli anni di carcere non l’hanno rallentata, resa apatica o triste, anzi, quando la incontri, anche solo virtualmente, hai la sensazione che accanto ti sia passato un ciclone, di quelli belli, di quelli colorati. “La galera più dura che ho fatto non è stato il carcere, ma la lontananza dai miei figli”, va dritta al punto, con una voce squillante e limpida che stride un po’ con il dolore che è costretta a rivivere per raccontare la sua storia dall’inizio. Emanuela ha un passato da tossicodipendente e al momento dell’arresto ha due figli di 8 e 3 anni; lei di carcere ne dovrà scontare 6, nella casa circondariale di Montorio a Verona, durante i quali non solo i figli non li vedrà mai, ma su di loro perderà anche la patria potestà: “Ricevevo per lettera solo informazioni di massima, tipo stanno bene, sono sereni, vanno a scuola…”, ricorda.

Ascolta l'intervista con Emanuela Ferrigno:

“I bambini non paghino gli errori dei genitori”

Ha le idee chiare Emanuela sul tema, delicato e da sempre dibattuto, delle mamme in carcere, idee che derivano da un’esperienza vissuta sulla propria pelle. “Credo sia profondamente sbagliato tenere i bambini lontani dai genitori detenuti, perché un minimo di ruolo genitoriale, anche se poco a distanza, è un filo che si deve mantenere per le mamme e per i figli, altrimenti ci rimettono tutti e i bambini non devono pagare gli errori degli adulti”, afferma decisa. Poi riporta la chiacchierata su un livello personale: “Quando sono entrata in carcere, lontano da loro, il senso di vuoto e insieme il senso di colpa mi pesavano addosso come macigni, poi è seguito un periodo di riflessione profonda in cui ho analizzato e pian piano compreso i miei errori, i miei fallimenti, e da lì ho iniziato a ricostruirmi, a risollevarmi. Per alcuni, certi duri colpi della vita sono fondamentali per comprendere…”.

Icam, case famiglia o sezioni nido

Emanuela non ha trascorso un giorno di carcere con i suoi figli, ma ci sono mamme che, invece, sono detenute assieme ai bimbi. Ad oggi, secondo i dati del Ministero della Giustizia aggiornati al 30 aprile 2023, sono 20 le mamme detenute con 22 bambini al seguito. La legge sull’ordinamento penitenziario del 1975 prevede che le detenute madri possano tenere con sé il proprio figlio fino ai tre anni di età, termine che è stato esteso a 10 anni dalla legge 62 del 2011 che, contemporaneamente, ha istituito le case famiglia protette e introdotto gli istituti a custodia attenuata per madri: gli Icam. Oggi, 18 di queste mamme si trovano nei soli cinque Icam presenti in Italia – peraltro tre su cinque sono al nord - le altre purtroppo si trovano ancora nelle sezioni nido presenti nelle carceri ordinarie, che la legge non ha ancora abolito, ovviamente quando ci sono. Gli Icam sono istituti creati su misura che, almeno dall’esterno, si fa fatica a riconoscere come strutture detentive, le sezioni nido sono ambienti pensati ad hoc e separati dalle altre celle, ma di fatto interni a una struttura detentiva vera e propria. A questo si deve aggiungere il fatto che la maggior parte delle donne detenute – che in Italia sono appena più del 4% della popolazione carceraria – scontano la propria pena in sezioni femminili interne a istituti maschili, perché le carceri interamente femminili sono soltanto quattro. “Ci vogliono più strutture alternative come le case famiglia – è l’opinione di Emanuela – luoghi protetti in cui le donne possono sviluppare consapevolezza di sé e del proprio reato, riprendere in mano la propria vita e così interpretare anche il ruolo di madre”. 

Emanuela, il sorriso di chi ce l'ha fatta
Emanuela, il sorriso di chi ce l'ha fatta

“Non sbaglio più”

Emanuela questo percorso lo ha fatto e non importa quanto è stato lungo, quanto difficile e quanto doloroso: “Non c’è cosa più importante dell’amore per i propri figli” chiarisce. La prima cosa che ha fatto, una volta fuori? “Sono andata a parlare al Tribunale dei minori di Venezia e me li sono ripresi – sorride – meritandomeli, perché il percorso che ho fatto in carcere è servito a capire le mie fragilità e anche il valore del sentimento materno. Credo sia stata una grande lezione anche per loro: imparare che volere è potere e che se lo si vuole si può cambiare davvero, sempre, non è mai troppo tardi. Oggi dico loro: siete voi la mia droga!”. Emanuela è cresciuta, ha anche imparato un mestiere: è una gastronoma e lavora nel ristorante di famiglia proprio assieme ai suoi figli che, nel frattempo, sono diventati grandi. “Mi sono riconciliata con tutta la mia famiglia – spiega orgogliosa – perché quando uno si rimette in carreggiata davvero, gli altri non possono non accorgersene e ne sono contenti!”. Ha anche avuto un altro figlio. Un dono del cielo per segnare l’inizio di una vita davvero nuova.

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14 maggio 2023, 08:00