Immigrazione, raggiunto l’accordo al Consiglio europeo
Giancarlo La Vella e Sofiya Ruda – Città del Vaticano
Viene definito storico l’accordo sui migranti, ma per raggiungerlo ci sono voluti dodici ore di negoziato, due tentativi di voto e, soprattutto, un dibattito durato diversi anni. Il Consiglio, tenutosi ieri in Lussemburgo, a cui hanno partecipato i ministri dell’Interno dei Paesi membri dell’Unione europea, ha così fissato i paletti sui due principali temi del Patto per le migrazioni e dell'asilo. Il sostegno all’intesa è stato ampio: contrari solo Ungheria e Polonia; astenuti Malta, Slovacchia, Lituania e Bulgaria; favorevoli tutti gli altri.
Collaborazione e solidarietà
Il ruolo dell'Italia è stato in primo piano al Consiglio, il Paese è la principale destinazione dei migranti provenienti dall’Africa via Mar Mediterraneo. Roma, rappresentata dal ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, ha ottenuto il consenso su tutte le proposte avanzate. In primis il rifiuto dell'ipotesi che agli Stati di primo ingresso venga data una somma di denaro, circa 20 mila euro per ogni profugo, in cambio del mantenimento dei migranti irregolari sul proprio territorio. Creato, invece, un nuovo fondo europeo per i Paesi terzi di origine e transito e l'obbligo di solidarietà in luogo della compensazione. L'altro elemento di novità riguarda i migranti con bassa probabilità di ottenere l'asilo, che saranno trattati con una procedura accelerata per il rimpatrio verso Paesi terzi sicuri. L'obiettivo, ricordato dalla presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, è quello di arrivare all'approvazione definitiva della normativa entro la fine della legislatura.
L’accordo sui migranti
“L'elemento positivo è che si sia sbloccato un negoziato che si trascinava da oltre sette anni nel tentativo di mettere d’accordo tutti gli Stati membri su una questione così sensibile a livello interno. Inoltre, si è interiorizzata l’idea che nella gestione della migrazione i 27 Stati devono agire di concerto sulla base del principio di solidarietà”, spiega a Radio Vaticana – Vatican News Riccardo Alcaro, esperto di geopolitica del continente europeo e coordinatore del programma “Attori globali” dell’Istituto Affari Internazionali. “Bisogna però vedere come verrà utilizzato e a quali fini. Il fenomeno è molto vasto e richiede anche una gestione della migrazione interna”. L’altra grande misura che è stata decisa, continua l’esperto, è quella di permettere agli Stati di trasferire i casi di rifiuto di asilo in Paesi determinati come sicuri. “Penso che la definizione di Paese sicuro varierà molto e quindi ci sono serie preoccupazioni riguardo al rispetto dei diritti umani dei migranti”.
L’europeizzazione del processo
Questa norma rispetto al trattato di Dublino ha aspetti positivi in quanto si supererebbe l’idea che la gestione dell’asilo è interamente responsabilità del Paese di primo arrivo. “Però questo principio di solidarietà sembra più che altro volto a rendere i Paesi membri liberi di chiudere o gestire le frontiere", continua Alcaro. Questa può essere una funzione propria degli Stati, ma non può esaurire la questione della gestione delle migrazioni che è un tema molto più ampio. "Oltre a questo, preoccupano - sottolinea lo studioso - le considerazioni di carattere umanitario che forse questo nuovo accordo potrebbe mettere a rischio”.
Le divisioni interne
L’accordo non è stato approvato all’unanimità, rimane quindi una questione che potrebbe generare frizioni interne all’Unione Europea. “La migrazione è la questione che, più di ogni altra, divide gli Stati europei, perché molto dipende dalla loro posizione geografica e le prospettive mutano profondamente a seconda di dove sono collocati”. L’accordo, conclude Alcaro, è stato raggiunto a livello di Consiglio dell’Ue, ma deve ancora passare attraverso il vaglio del Parlamento europeo.
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