Scontro nel governo Netanyahu. Gallant: no a un esecutivo israeliano su Gaza
Paola Simonetti - Città del Vaticano
Ritiro completo di Israele da Gaza una volta sconfitto Hamas. E’ netto il ministro della difesa israeliano, Yoav Gallant, che al premier, Benjamin Netanyahu, chiede che nella Striscia non dovrà essere previsto alcun governo militare, quanto piuttosto un’azione politica. “Avere un apparato di sicurezza nell’area il giorno dopo la fine del conflitto – ha aggiunto - avrebbe costi non necessari di vite israeliane”. Dichiarazioni che hanno fatto avanzare alla destra radicale israeliana, che vuole rioccupare Gaza, l’ipotesi di dimissioni di Gallant: "Un simile ministro della difesa – ha dichiarato il leader del partito israeliano di estrema destra Otzma, Yehudit Itamar Ben Gvir - deve essere sostituito per raggiungere gli obiettivi della guerra". Hamas, dal canto suo, accusa dello stallo nei negoziati Israele, la cui rigidità, afferma il capo politico di Hamas, Haniyeh, li ha condotti in un vicolo cieco. Il gruppo islamico ribadisce, inoltre, che sarà rifiutata qualunque soluzione postbellica che escluda Hamas.
L’evacuazione dei palestinesi
L’esecutivo israeliano, intanto resta fermo sull’attacco di terra a Rafah, schierando nuove truppe nella parte est della città: già 600mila i palestinesi evacuati dalla zona verso il sud della Striscia, uno spostamento che l’Onu ritiene inaccettabile perché “non c’è un posto sicuro dove tutelare le vite dei civili”. L’operazione non raccoglie l’avallo neppure dell’Europa: l'Alto rappresentante Ue per l'azione esterna, Josep Borrell, ha chiesto a Israele di porre fine "immediatamente" alle operazioni militari che stanno ulteriormente peggiorando una situazione umanitaria già molto difficile e porteranno a nuove "tensioni" con Bruxelles. Argomentazioni respinte da Netanyahu: "Finora a Rafah è stato evacuato dalle zone di combattimento quasi mezzo milione di persone – ha dichiarato- La catastrofe umanitaria di cui hanno parlato non si è materializzata, né si materializzerà".
Contrario all’operazione su Rafah anche l’Egitto che potrebbe considerare di ridurre il livello delle relazioni diplomatiche con Israele se il progetto dovesse procedere. Oggi riunione del Consiglio di sicurezza Onu e vertice della Lega araba. Uno spiraglio per i civili, intanto, arriva dal completamento del molo galleggiante al largo di Gaza, con funzionari pronti a portare aiuti umanitari via mare già nei prossimi giorni.
Il conflitto prosegue
La guerra in atto, intanto, genera ancora morte: 5 i soldati israeliani uccisi dal fuoco amico, mentre prosegue lo scontro incrociato con il Libano: gli Hezbollah hanno lanciato più di 60 razzi contro posizioni militari israeliane come rappresaglia per gli attacchi aerei di ieri nella valle della Bekaa. Salito, inoltre, a tre il bilancio dei morti nell’attacco israeliano delle scorse ore nella città di Tulkarem, nel nordovest della Cisgiordania. Diversi arresti sono stati eseguiti nella stessa zona e nelle città di Betlemme, Bireh, Jenin, Nablus e Tubas. Raid delle forze di Israele sono stati segnalati anche a Hebron, Beit Ummar e Gerico. Bombardamenti si sono concentrati anche su una roccaforte dei miliziani sciiti di Hezbollah vicino alla città libanese di Nabi Chit, con un bilancio di due morti e due feriti.
Ateneo statunitense boicotta Israele
Il dissenso contro le operazioni militari israeliane che ha animato molti atenei statunitensi e mondiali, trova il suo culmine nella Sonoma State University in California, una scuola di arti liberali parte della California State University Network, che nelle scorse ore aveva annunciato il boicottaggio accademico di Israele, in seguito a un accordo raggiunto con gli studenti per sgomberare la tendopoli di protesta filo-palestinese nel campus. E’ stata la prima istituzione accademica americana a mettere in campo un provvedimento di questo tipo, che però è costato il congedo forzato del presidente del campus, Mike Lee, che aveva accettato le richieste dei manifestanti.
Ultimo aggiornamento alle ore 12.01
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