Bangladesh: gli studenti protestano per il lavoro giusto
Emilio Sortino – Città del Vaticano
174 morti, più di 2500 arresti. È questo il tragico bilancio delle proteste che in sole tre settimane hanno sconvolto il Bangladesh. A partire dal 1° luglio milioni di studenti sono scesi in piazza contro un giudizio dell’Alta Corte del Bangladesh, che a giugno aveva dato la possibilità al governo di reinserire le quote di assunzione nella Pubblica Amministrazione riservate ai figli dei veterani della sanguinosa guerra di indipendenza (3 milioni di morti) del 1971 contro il Pakistan.
Il sistema delle quote
Il sistema delle quote venne introdotto nel 1972. Nel corso degli anni andò incontro a cambiamenti, ma divenne sempre più insostenibile a causa della crescita della popolazione; soprattutto per questo divenne oggetto di violente proteste nel 2018, quando gli studenti ne richiesero l’immediata abolizione per permettere a tutti di poter accedere alle cariche pubbliche secondo un sistema meritocratico. A suo tempo le richieste erano state accolte dal governo di Sheikh Hasina, la figura centrale della politica bangladese, che dal 2009 governa il Paese. Oggi però la stessa maggioranza che l’abolì ha tentato di reinserire le quote con l’aiuto della magistratura, accendendo gli animi dei manifestanti che solo sei anni prima avevano lottato duramente con gli stessi obiettivi. La reintroduzione delle quote, iniziata a giugno, prevedeva di occupare il 56% dei posti pubblici disponibili, comprendendo, oltre al 30% per i figli dei veterani, anche quote per le donne, per le aree sottosviluppate, oltre che per le comunità indigene e i disabili.
No al lavoro pubblico per diritto
Gli studenti vogliono la completa abolizione di tutte le categorie, lasciando intatte solamente le quote per disabili e le comunità indigene. Tra i motivi della protesta il fatto che, secondo un rapporto del governo di Dacca del 2022, più del 40% dei giovani tra i 15 e i 24 anni era disoccupato, non studiava o non seguiva un cammino formativo, per un totale di 18 milioni di ragazzi. Sommando coloro che hanno seguito o seguono un percorso di studi, si arriva al numero di 32 milioni di giovani su una popolazione di 170 milioni. In uno dei Paesi più poveri e densamente popolati del mondo, in cui l’economia stagna. Lavorare nell’amministrazione pubblica, dunque, diventa uno dei pochi obiettivi che permette di avere una stabilità economica e sociale dignitosa. Ogni anno 400 mila persone si contendono solo 3000 posti pubblici. Sono solo 1 milione e 900 mila gli occupati nell’amministrazione pubblica.
La spaccatura del tessuto socioeconomico
I motivi di questo dilagante malcontento non finiscono qua: nonostante il Bangladesh sia stato uno dei Paesi asiatici con la crescita economica più grande degli ultimi 20 anni, abbassando il tasso di povertà assoluta dal 34% al 10,44%, il numero di abitanti sopra la soglia della povertà assoluta ha raggiunto i 40 milioni di persone ed è in aumento. Si tratta di persone che rischiano di perdere ogni cosa in caso di perdita del lavoro o nel caso di emergenza sanitaria. Questo nuovo fenomeno, unito a un aumento dell’inflazione e ai cambiamenti climatici (per le nazioni unite sono già più di dieci milioni i profughi climatici bangladesi), sta mettendo in ginocchio la struttura sociale del Paese e le conseguenze si ripercuotono soprattutto sui giovani e sul tasso di occupazione giovanile.
Le ultime proteste
Dopo due settimane di tensioni, lunedì 15 luglio le manifestazioni hanno registrato una violenta deriva in tutto il Paese, a causa del netto rifiuto del primo ministro di ascoltare le richieste degli studenti. Da quel momento è iniziata l’escalation: in risposta alle manifestazioni il governo ha chiuso prima tutte le scuole, poi tutte le università. I manifestanti hanno cominciato a scontrarsi anche con i militanti del partito di governo, mentre la polizia ha risposto con decisione, arrestando i manifestanti più facinorosi. Altre misure: il blocco della rete internet, il divieto di raduni pubblici, il coprifuoco generale e l’impiego dell’esercito. Il susseguirsi di queste violenze è terminato solo domenica scorsa, quando la Corte Suprema ha annullato il giudizio dell’Alta Corte del Bangladesh riducendo dal 30% al 5% le quote per i figli dei combattenti. Alla luce di questi avvenimenti, lunedì scorso il leader del movimento studentesco Nahid Islam ha annunciato una sospensione delle proteste per 48 ore, aggiungendo però che le manifestazioni riprenderanno fino alla completa adozione da parte del governo delle loro istanze.
La sfida del governo
Arrivata al suo quinto mandato consecutivo, il primo ministro, signora Sheikh Hasina, si è trovata di fronte una delle sfide più grandi della sua carriera politica. Il partito al governo ha una storia radicata all’interno della rivoluzione e i veterani di guerra sono sempre stati la base sociale e culturale del loro elettorato. Il partito al potere viene perciò accusato di favorire la sua gente, lasciando indietro il resto della popolazione.
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