Scattata l'operazione israeliana in Cisgiordania. L'Onu: stop immediato
Roberta Barbi - Città del Vaticano
La più vasta di sempre: così testimoni palestinesi definiscono l’operazione che Israele ha fatto scattare due notti fa in Cisgiordania. Tre le aree individuate: Jenin, Tulkarem e il campo profughi di Al Farah vicino Tubas, nella Cisgiordania orientale. L’obiettivo: stanare i terroristi di Hamas e della Jihad islamica palestinese che secondo Israele vorrebbero allargare la guerra dalla Striscia a quest’area, e distruggere i laboratori di esplosivi. Non vengono risparmiati neppure gli ospedali, circondati dalle truppe israeliane in quanto sarebbero utilizzati come nascondigli dagli esponenti del gruppo islamista, mentre non è chiaro se per la popolazione civile sia stato emanato un ordine ufficiale di evacuazione.
La posizione dell’Onu e la risposta di Israele
Un’operazione che secondo le Nazioni Unite “viola il diritto internazionale e rischia di infiammare ulteriormente una situazione già esplosiva”. In merito a essa, il segretario generale Guterres ha chiesto l’immediato stop: “Gli ultimi sviluppi nella Cisgiordania occupata, compreso il lancio di operazioni militari su larga scala da parte di Israele, sono profondamente preoccupanti – ha scritto sui social - condanno fermamente la perdita di vite umane, anche di bambini, e chiedo l'immediata cessazione di queste operazioni”. La risposta di Israele arriva attraverso l’inviato alle Nazioni Unite, Danny Danon, che sempre sui social respinge le critiche e afferma che l’operazione è finalizzata a prevenire il terrorismo iraniano nell’area. Nel frattempo proprio un convoglio dell’Onu è stato colpito ieri a Gaza dal fuoco israeliano, ma senza causare vittime.
Gaza e il fronte nord
Intanto Israele avrebbe approvato una tregua temporanea “in alcune aree della Striscia” per consentire che la popolazione locale venga vaccinata contro la poliomielite, come richiesto dal segretario di Stato americano Blinken nel corso del suo ultimo viaggio in Medio Oriente. Per quanto riguarda il fronte nord, il premier israeliano Benjamin Netanjahu ha effettuato una visita al confine con il Libano durante la quale ha affermato che il ritorno dei residenti sfollati nel nord di Israele costituisce “un obiettivo nazionale”.
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