L’Europa risponde alla sfida di Trump: più innovazione e competitività
Marco Guerra – Città del Vaticano
“Lo status quo non è più un'opzione. Per rilanciare la nostra competitività, tutti gli strumenti e le politiche devono essere utilizzati in modo completo e coerente sia a livello di Ue che di Stati membri”, nella dichiarazione finale i leader europei riaffermano la necessità di un cambio di passo della politica comunitaria alla luce dei nuovi assetti mondiali derivanti dall’elezione di Trump alla Casa Bianca.
Il rapporto Draghi
A svolgere il ruolo di segnavia per la dichiarazione di Budapest è stato il rapporto sulla competitività stilato a settembre dall'ex premier italiano Mario Draghi, che haesortato l'Europa a trattare con il nuovo inquilino della Casa Bianca e ad aumentare le spese militari senza sforare il Patto di Stabilità. “Non c'è alcun dubbio che la presidenza Trump farà grande differenza nelle relazioni tra gli Stati Uniti e l'Europa – ha detto Draghi alla Puskas Arena -. Non necessariamente in senso negativo, ma certamente noi dovremmo prenderne atto”. L’ex premier italiano ha poi sottolineato che la nuova amministrazione Usa “sicuramente darà grande impulso al settore tecnologico, al cosiddetto hi-tech, dove noi siamo già molto indietro". Si tratta, ha proseguito Draghi, del "settore trainante della produttività”. “Già ora la differenza della produttività tra gli Stati Uniti e l'Europa è molto ampia – ha aggiunto -, quindi noi dovremmo agire e gran parte delle indicazioni del rapporto vanno solo su questo tema”.
Gli Obiettivi indicati nella dichiarazione
Nel testo diffuso al termine del vertice si afferma che la relazione Draghi costituisce una “solida base”, che si colgono “i campanelli di allarme”, e che è indispensabile colmare con urgenza il divario di innovazione e produttività, rispetto ai concorrenti globali. “Siamo determinati a fare dell'Ue – si legge ancora - il primo continente al mondo neutrale dal punto di vista climatico e a garantire la sovranità, la sicurezza, la resilienza e l'influenza globale”.
Divisioni sulla guerra in Ucraina
La dichiarazione non indica obiettivi precisi perché in realtà le divisioni restano molte, da mesi, ad esempio, diversi governi europei vorrebbero rivedere le tempistiche fissate dal green deal per riconvertire l’industria e la mobilità europea, a partire dalla messa al bando entro il 2035, della produzione delle auto a combustione. Ma le distanze più evidenti sono emerse sulla questione degli aiuti militari all’Ucraina e sull’invito a spendere almeno il 2% del Pil per la difesa, considerato il possibile disimpegno americano in Europa. Sulla questione Ucraina il premier ungherese, Viktor Orban, ha chiesto espressamente di passare dalla guerra alla Pace, ma i leader dei più importanti Paesi Ue hanno ribadito il pieno sostegno a Kyiv. Per il momento nessun impegno nemmeno per un aumento dei fondi per la ricerca. L’obiettivo del 4% del Pil da investire in questo settore è stato rivisto al ribasso: il 3% entro il 2030.
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