Napoli attende il Papa. Studenti di Teologia: pronti ad ascoltare le sue parole
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
C'è grande attesa per Papa Francesco a Napoli tra i circa 400 studenti della Pontificia Facoltà Teologica del Meridione, laici e religiosi provenienti da 51 diocesi e da 22 congregazioni. Una nuova Collana editoriale dal titolo "Sponde" e 25 incontri tra convegni, tavole rotonde e presentazioni di volumi, avviati da gennaio a maggio in Facoltà, con la partecipazione anche di studenti e docenti stranieri e di altre fedi, hanno preparato l'appuntamento col Papa. I temi trattati hanno spaziato dalla storia del Cristianesimo, ai movimenti migratori, all'integrazione, all'interculturalità e al dialogo a tutto campo, temi affini a quelli che lo stesso Convegno, che inizia domani e che venerdì vedrà l'intervento del Papa, tratterà.
Ruolo attivo degli studenti
Una facoltà piccola, ma molto attiva anche nelle aspirazioni dei giovani studenti. Una parte di loro, per lo più donne e laiche tra i 20 e i 40 anni, ha infatti scritto al Pontefice una Lettera, per rilanciare il vero impegno cristiano nelle periferie dimenticate, per essere testimoni autentici di responsabilità e di buona volontà nell’operato cristiano e per sollecitare una maggiore centralità dei laici e delle donne in questi percorsi di studio e professionali .
La formazione di questi studenti è, per scelta della Facoltà, multidisciplinare e ci sarà modo di mostrarlo al Pontefice. Infatti sarà affidato agli studenti un momento nella mattinata di venerdì, per parlare delle tematiche inerenti il dialogo e l'interculturalità, attraverso un video di opere d'arte e testi di filosofia. Sarà Luigi Territo gesuita e studente di Teologia Fondamentale a fare gli onori di casa. A Vatican News così racconta di questi mesi di attesa del Papa, del senso della riforma proposta dalla Veritatis gaudium e delle aspettative rispetto all'incontro con Francesco:
R. - Dall’inizio dell’anno sono state proposte diverse conferenze, tavole rotonde, su temi attinenti a quelli del convegno, quindi tematiche legate al dialogo interreligioso, sull’incontro delle culture, sul dialogo tra arte e spiritualità, tra arte e teologia, accoglienza, il mondo dei rifugiati, delle migrazioni … Questi temi fanno parte sostanziale dei corsi che vengono offerti qui nella sezione di teologia.Far dialogare la teologia con tutti questi contesti culturali e religiosi è un modo di intendere la teologia e gli studenti all’interno dei corsi offerti dalla sezione, si formano in questa direzione.
Perché oggi, secondo lei, è necessario, anzi indispensabile, fare una cosa del genere?
R. - Un po’ rispondiamo anche questo appello di Papa Francesco che guarda al modo di intendere, di pensare la teologia a partire dalla vita degli uomini. La riflessione teologica deve mettere insieme l’esperienza di Dio che gli uomini tentano di fare con quello che vivono ogni giorno. Quindi è proprio un modo di concepire la riflessione teologica, non è solo strumentale a comprendere il mondo, a capire come gli uomini vivono per l’annuncio del Vangelo. E' che il nostro contesto è il luogo dove emergono quei dati per la riflessione teologica.
C'è differenza tra laici e religiosi in tutto questo?
R.- Direi di no, anche se ancora la percentuale di laici all'interno della facoltà di teologia non è mai altissimo e questo è un limite. Poi però all'interno della facoltà e della sezione, non c'è nessuna differenza, tutti partecipiamo a costruire una riflessione insieme.
Personalmente cosa l’ha colpita della Veritatis gaudium …
R. - Penso, fra i tanti temi, a quello del dialogo, cioè a ripartire, a ricomprendere il ruolo della teologia in un dialogo con le culture, cioè i cristiani non sono i maestri che insegnano agli altri che cos’è la vita e come si vive. L’idea è: siamo compagni di strada, di altre ricerche religiose, di altre ricerche culturali e in quanto tali impariamo gli uni dagli altri. Concretamente è quello che ci sta mostrando Papa Francesco con il mondo islamico. Dopo secoli di divisione e diffidenza, guerre e lotte, oggi Papa Francesco continua a frequentate i leader musulmani e li chiama “fratelli”. Questo veramente mostra al mondo non una strategia, ma proprio un modo di riconsiderarci. Siamo fratelli perché figli di Dio, perché vogliamo camminare insieme, vogliamo mostrare al mondo che le religioni non ci oppongono come nemici.
Secondo lei, l’intervento che farà il Papa a Napoli, sarà qualcosa di rivolto all’ambito dei teologi e degli studiosi o avrà una valenza che potrà essere utile per la realtà di tutti?
R. - Il Papa attraverso questo intervento traccia un orizzonte: parlando ai teologi, agli studenti di teologia, in realtà sta declinando un orizzonte di riflessione della Chiesa e lo fa a partire da una facoltà teologica, dove lì prima che in altri luoghi bisogna riflettere e avanzare delle proposte. Quindi questo avrà una ricaduta poi, perché anche se a livello intellettuale culturale questo è ciò di cui anche la Chiesa ha bisogno, perché alcune cose dal basso si cambiano quando si cambiano gli orientamenti dall’alto.
Tra gli studenti, tra chi studia e si forma in questa materia, cosa sta dando questo Pontificato?
R. - Dal punto di vista propriamente teologico, sta contribuendo a cominciare a vedere la teologia non come un peso dottrinale che dobbiamo portare sulle spalle e che schiaccia la vita delle persone; in realtà la teologia deve liberarci da questi schemi. Papa Francesco dice che si fa teologia attraverso questo mondo, non al di là di questo mondo. Questo per noi che studiamo è importante: è un cambiamento di paradigma.
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