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Francesco a Napoli. Gesuiti: offrirà speranza in uno scenario complesso

A poche ore dalla seconda visita del Papa a Napoli per un appuntamento di carattere decisamente culturale che coinvolge l'ambito teologico e la complessità del contesto mediterraneo, Vatican News ha incontrato il gesuita Gianfranco Matarazzo, provinciale della Provincia Euro- Mediterranea e vice gran cancelliere della Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale che ospiterà Francesco.

Gabriella Ceraso - Città del Vaticano 

Una visita breve segnata dalle tematiche del dialogo tra religioni e culture, delle migrazioni, del lavoro e della teologia letta e interpretata nel contesto in cui ci troviamo a vivere. Questa in sintesi la mattinata che Papa Francesco trascorrerà venerdì 21 giugno, nel capoluogo campano, dalle 09.00 circa del mattino fino alle 15. L'atterraggio in elicottero sarà al Parco Virgiliano, poi un breve percorso cittadino e l'arrivo in auto alla Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale in via Petrarca, dove prenderà posto sul palco nel piazzale esterno, aspettando il momento di intevenire a chiusura del Convegno intitolato: "La Teologia dopo Veritatis gaudium nel contesto del Mediterraneo". 

 

A fare gli onori di casa saranno anche i gesuiti, che sin dal 1552, quando fu fondato il Collegio Massimo, hanno affidata la Facoltà Teologica di Napoli. Al suo arrivo ad attenderlo, il Papa troverà tra gli altri, il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli e Gran Cancelliere della Facoltà; il Decano della Facoltà padre Pino Di Luccio e gli altri responsabili, il vescovo di Nola, mons. Francesco Marino in rappresentanza dei presuli della Campania, e il gesuita padre Joaquin Barrero Diaz, responsabile della provincia spagnola e assistente regionale per l'Europa del sud.  Con i gesuiti e alcuni docenti e seminaristi, Francesco pranzerà prima di fare rientro a Roma. E ai gesuiti della Provincia Euro - Mediterranea (Romania, Albania, Malta e Italia) è affidata buona parte di quell'area al centro del dibattito di Napoli.

Padre Gianfranco Matarazzo ne è il provinciale e sarà presente a Napoli. Vatican News lo ha incontrato, alla vigilia del Convegno, per fare il punto sul contesto di questo mare e sul peso che il magistero di Francesco ha nei Paesi dell'area, tenendo presente come e quanto è cambiata la presenza dei gesuiti in rapporto con le altre fedi:

Ascolta l'intervista a padre Gianfranco Matarazzo

R. – La teologia è chiamata a nutrirsi del dialogo con tutte le altre scienze e tutte le altre discipline che in qualche modo impregnano l’antropologia dell’uomo. Nel caso specifico del Mediterraneo la teologia è chiamata a farsi carico della presenza del cristianesimo, della storia del cristianesimo, del dialogo complesso che esso ha avuto con tantissime culture e con tantissime altre religioni. In tutto questo il cristianesimo ha mantenuto una sua omogeneità, una sua continuità e ha mantenuto anche una sua profezia per il futuro. Questo proprio a dimostrazione che la parte strettamente teologica è una parte viva ed è molto attuale.

E questo ci fa anche ben sperare…
R. – Di sicuro… Lo vediamo per come, in un contesto problematico, il cristianesimo sa ascoltare, sa interpretare, andare contro corrente, mettendo a disposizione di questa società un annuncio di misericordia e di speranza.

Lei per il suo incarico tiene per così dire 'sott’occhio' una parte dell’area del Mediterraneo. Al Convegno di Napoli sono invitati anche tanti che vengono da Paesi del Mediterraneo. Secondo lei come è percepito, come è vissuto, il magistero del Papa su questi argomenti?

R. –Secondo me il punto forte di questo pontificato è la continuità con un cammino che nasce da lontano e che lui ha saputo riconoscere e spingere con ancora più forza verso il futuro. Tutto questo evento inoltre è stato costruito in una forma anche sinodale, in spirito di dialogo con le altre religioni e con le altre culture. Un cammino che è molto di condivisione e di comunione. il Papa ha saputo fare tutto questo in uno scenario in cui cammini di comunione e di condivisione stanno diventando sempre più problematici, ma è proprio del cristianesimo saper affrontare questa complessità e saper proporre una profezia di vita e di speranza in scenari simili.

La provincia Euro-Mediterranea include la zona Romania, Albania, Malta, Italia, paesi  molto diversi tra loro. Il rapporto con le latre religioni, per voi, è cambiato nell’arco di questo pontificato?
R. – Noi abbiamo pensato con un dinamismo di ascolto e di discernimento, di mettere insieme queste quattro aree, che sembrerebbero presentarsi in modo non del tutto omogeneo, ma che invece abbiamo riconosciuto come strategiche nel completarsi le une con le altre. Questo ci ha permesso di andare oltre le dimensioni nazionali che non solo non si dimostravano più sufficienti per interpretare la complessità di oggi, ma rischiavano di farci fare degli errori su base etnica: quindi gli italiani rimanere nei propri orizzonti, i maltesi, gli albanesi e i romeni… Seconda cosa, ci ha arricchito e ci ha permesso di coordinarci con un’altra nazione cattolica come Malta. Questo è l’orizzonte di oggi, un orizzonte complesso in cui il fenomeno religioso riflette questa complessità. E questi sono gli orizzonti rispetto ai quali noi sentiamo che il Signore ci sta chiamando ad interagire e a provare ad offrire un servizio. Quindi tutte le attività dei gesuiti si muovono in questo scenario: i nostri giovani in formazione ora si formano rispetto a questo scenario dove le religioni non sono più qualcosa di esotico da osservare da lontano, ma sono parte integrante del percorso formativo..

Qual è secondo lei l’orizzonte che il Papa potrà aprire intervenendo al Convegno di Napoli?
R. – I pontefici nella storia recente hanno prestato grande attenzione agli scenari geopolitici ed in particolare a quello del Mediterraneo. Quindi Papa Francesco darà continuità a questo processo, lo renderà ancora più solido, e lo spingerà perché possa esprimere ancora di più tutta la ricchezza che questo processo racchiude e possa formularlo in termini di profezia, cioè offrire uno squarcio di dialogo e di speranza in uno scenario complesso. Il potenziale c’è. Il Papa in qualche modo cerca di stanare questo grande tesoro che il Mediterraneo racchiude ancora oggi, un tesoro in cui tutte le Chiese potranno in qualche modo camminare insieme, rafforzarsi ancora di più rispetto a quello che già facevano, e ricevere una nuova linfa di carattere teologico, di carattere filosofico, di carattere culturale, di carattere socio-politico, perché la Chiesa è chiamata anche a confrontarsi con uno scenario sociopolitico decisamente di attualità.

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19 giugno 2019, 08:30