Madagascar: il profumo di una fede fresca e vigorosa
Antonella Palermo – Città del Vaticano
La visita di Papa Francesco in Madagascar, dal 6 al 10 settembre, è attesa con entusiasmo dai cattolici, il 35% della popolazione, ma anche da appartenenti ad altre confessioni e fedi religiose. Monsignore Rosario Vella, salesiano, vescovo di Moramanga, al nord dell’isola, racconta il clima che si sta respirando in attesa del Pontefice:
Una Chiesa accanto alla gente
R. – Dappertutto c’è un grande entusiasmo, una grande gioia. Tutte le persone stanno aspettando questa visita come un momento di grazia perché nella mentalità malgascia la benedizione che viene da colui che ha un contatto particolare con il Signore, con Dio Creatore, anche se magari lo conoscono in altre forme, è una cosa straordinaria. Quindi tutti stanno aspettando questo momento. Fervono quindi le iniziative; ad esempio dalla mia diocesi, nonostante la povertà e la distanza, tremila persone partiranno per andare ad Antananarivo per la veglia e la Santa Messa insieme al Papa.
Quali sono i suoi auspici? Cosa vi aspettate per il Paese?
R. -Noi pensiamo che la visita del Papa porterà la pace, che non è solo assenza di conflitto, ma è anche giustizia e soprattutto pace interiore, pace con coloro che ci sono accanto, pace per riprendere un nuovo contatto con Dio. E poi speranza, perché il Madagascar in questo momento vive una situazione difficile: la povertà aumenta tantissimo. Il solco tra i ricchi – perché ci sono ricchi che approfittano un po’ del popolo – e i poveri è larghissimo. Un’altra cosa che purtroppo aumenta - ed è un vero cancro - è la corruzione, a tutti i livelli. E’ tale per cui anche chi vorrebbe avere giustizia non può ottenerla, proprio perché altri sono pagati per avere altro.
La Chiesa locale come si sta adoperando per fronteggiare questi mali della società malgascia?
R. - Da sempre la Chiesa è stata da una parte un po’ la coscienza critica per i politici o per chi ha una responsabilità per la società; nel contempo cerca di essere vicina alla gente, con grande umiltà. Ad esempio, abbiamo tantissime scuole dove insegniamo; i preti, le suore, le famiglie religiose cercano di stare insieme alla gente. Abbiamo dei dispensari, anche dei piccoli ospedali, facciamo progetti agricoli, ci occupiamo degli anziani, di disabili, ciechi, di tutti coloro che hanno bisogno. Cerchiamo di farlo prima di tutto perché è un nostro dovere e poi perché vediamo che è questa l’urgenza concreta e il popolo si accorge che noi veniamo loro incontro in queste necessità. Noi siamo l’unico baluardo a cui la gente si rivolge quando ha bisogno di qualcosa.
Che tipo di rapporto c’è con le altre religioni?
R. - C’è una pacifica convivenza e una discreta collaborazione, ma bisogna fare ancora tanti passi avanti affinché questa collaborazione sia più fattiva e possa dare anche tanti altri frutti. Facciamo le preghiere insieme, ci raduniamo; quando c’è un lutto vengono sia i cattolici sia i protestanti o persone appartenenti ad altre Chiese; quando c’è una gioia ci invitiamo reciprocamente per condividerla. Ad esempio, anche per la venuta del Papa, nella stessa macchina, nello stesso pulmino nel quale viaggeremo ci saranno tante persone di differenti religioni, proprio perché anche loro vogliono ricevere questa benedizione e vogliono ascoltare il messaggio che il Papa porterà.
Cosa è cambiato dall’ultima visita di un Pontefice nel Paese, quella di Giovanni Paolo II trent’anni fa?
R. - La gente sta cercando di prendere sempre più in mano la propria vita dal punto di vista religioso e sociale. Ad esempio, quando Giovanni Paolo II è venuto qui ha insistito molto sui giovani e sui laici. In effetti sono queste due categorie a reggere un po’ tutto qui. Ci sono villaggi in cui la Messa si celebra una volta all’anno o addirittura ogni due! Però c’è il catechista che ogni domenica guida la celebrazione della Parola, porta avanti il catechismo. E anche i giovani si impegnano per dire: ‘Anche noi facciamo parte dell’unica Chiesa e noi, che siamo da una parte il futuro e dall’altra il presente di questa Chiesa, cerchiamo di fare ciò che il Papa ci chiede’. L’ultimo messaggio che il Santo Padre ha inviato durante il Sinodo dei Giovani, Cristo che è vivo, lo abbiamo sentito tanto rivolto ai nostri giovani e mi pare che stiano rispondendo bene.
Il laicato attivo e presente
Nonostante i disagi legati ai trasporti e allo stato delle vie di comunicazione, migliaia di persone da tutto il Madagascar si stanno organizzando per recarsi nella capitale dove sabato sera si terrà la veglia con i giovani alla presenza del Papa nel Campo diocesano di Soamandrakizay, lo stesso luogo dove l’indomani mattina sarà celebrata la Messa presieduta dal Pontefice. Un’area appositamente bonificata e attrezzata, grazie a un lavoro durato cinque mesi e supervisionato direttamente dal Presidente della Repubblica. Un luogo capace di accogliere fino a un milione di persone. Tra i pellegrini verso Antananarivo, don Simone Franceschini, arrivato sull’isola un anno e mezzo fa come sacerdote fidei donum della diocesi di Reggio Emilia. E’ vice parroco a Manakara, a sud est del Paese, così sottolinea il grande coinvolgimento dei laici nella vita ecclesiale:
R. – Nella nostra zona, la fede ha iniziato a diffondersi circa cento anni fa, quindi è una fede ancora molto giovane; è abbastanza fresca e vigorosa e al tempo stesso ha bisogno di radicarsi.
Come vengono vissute le liturgie?
R. - Sempre con il canto, partecipato da tutti. Si sente una partecipazione viva, si avverte maggiormente il senso di corpo, perché si diventa, insieme, una sola voce.
E il resto della vita parrocchiale? Che tipo di coinvolgimento c’è da parte dei laici?
R. - Le attività sono più o meno quelle presenti nelle nostre parrocchie, quindi incentrate un po’ sulla liturgia, sui sacramenti, su catechisti, formazione e carità. Ma è una struttura che coinvolge particolarmente i laici. Ci sono figure - presidente, catechista, presidenti di quartiere, rappresentanti di commissioni - che corresponsabilizzano molto i laici. Spesso non sono i sacerdoti a dover dire: ‘Facciamo questo, facciamo quell’altro’, ma sono proprio loro che invitano, che chiedono di poter fare delle cose. La pastorale è resa vivace da un forte associazionismo. Ci sono gli scout ma anche realtà che non esistono da noi, giovani cristiani agricoltori, soprattutto nelle campagne, la gioventù eucaristica… e altre, le quali hanno il prezioso compito, attraverso il legame più stringente che c’è tra di loro, di far percepire un’appartenenza più forte alla Chiesa, aiutando molto i cristiani a sentirsi uniti e attivi nella vita della parrocchia. Anche nella campagna sono molto responsabili; spesso le chiese là nascono attorno a una o qualche famiglia che chiede ai sacerdoti più vicini di poter costituire una chiesa nuova. Da noi per esempio quest’anno è nata una chiesa nuova nella zona della ‘brousse’, nella campagna. C’era una famiglia che si era insediata lì da alcuni anni, da un po’ di tempo aveva cominciato a pregare in una cappellina che aveva costruito per il vicinato. Il vescovo ha dato loro la possibilità di diventare una vera e propria chiesa; là andiamo a celebrare la Messa circa una volta al mese. Grazie a loro tante persone si sono avvicinate alla fede. Quest’anno faremo una quarantina di battesimi tra giovani, bambini, adulti grazie all’invito di questa famiglia che ama e invita alla preghiera.
Andrete in pellegrinaggio dalla costa fino alla capitale per partecipare alla veglia con Papa Francesco e alla Messa. Con quale state d’animo vi preparate a questo incontro?
R. - In questi mesi preghiamo quotidianamente per la venuta del Papa, l’attesa è veramente molto forte; ogni giorno nella Messa si ricorda questo avvenimento. All’incontro con il Papa parteciperanno circa settanta persone dalla nostra parrocchia. Penso che dal Pontefice ci si aspetti davvero un aiuto per sentirsi Chiesa universale. Siamo su un’isola. È vero che oggi inizia ad arrivare anche qui internet, e quindi una certa consapevolezza che il mondo è grande, ma molta gente sull’isola non si rende ancora conto di dove sia il Madagascar. Ci sono persone che non hanno mai visto il mare. La venuta del Papa qui credo faccia pensare loro che la Chiesa non è semplicemente una cosa di questo Paese, ma che la grandezza della Chiesa cattolica è universale.
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