Coronavirus, a Gaza kit sanitari voluti dal Papa. Il parroco: un aiuto importante
Alessandro Guarasci - Città del Vaticano
Il Papa ha donato 2.500 test Covid-19 al Ministero della salute di Gaza, attraverso la Congregazione per le Chiese Orientali. La consegna dei kit è stata coordinata dalla Delegazione Apostolica, dal Patriarcato Latino di Gerusalemme e dalla Caritas Gerusalemme, ed è avvenuta il 17 giugno. Lo ha reso noto lo stesso Patriarcato.
I tanti volti della carità del Papa
I kit sono stati consegnati dalla Caritas Gerusalemme e da padre Gabriel Romanelli, parroco latino della Sacra Famiglia a Gaza. La donazione rientra nell’ambito delle iniziative promosse dal Fondo di emergenza, voluto da Papa Francesco, per aiutare i paesi più colpiti dalla diffusione di Covid-19. Tra questi la Siria che ha ricevuto 10 ventilatori, altri tre sono stati donati all’ospedale St. Joseph di Gerusalemme, mentre kit di test Covid-19 sono stati inviati all’ospedale della Sacra Famiglia a Betlemme. Il dono del Papa rientra nelle tante "carezze" con cui Francesco si rende presente e vicino: Fondi che siano ossigeno per aree in difficoltà, e poi respiratori, materiale medico, kit sanitari che viaggiano da una parte all'altra del mondo dall'Ecuador alla Romania, dal Brasile alla Spagna a Napoli e a Lecce, ma anche telefonate che arrivano a vescovi, comunità, medici, infermieri che vivono la sofferenza e la difficoltà, nelle corsie degli ospedali come nelle curie o nelle associazioni di volontariato in prima linea. Per ciascuno una parola o un gesto e tanta gratitudine.
A Gaza mancano test e posti letto
Con la diffusione del virus a Gaza, dove vivono circa 2 milioni di persone, le autorità sanitarie locali hanno lamentato carenza di test diagnostici e fatto richiesta anche di 100 ventilatori e 140 letti per unità di terapia intensiva. Secondo il Ministero della salute palestinese, a Gaza ci sono stati 72 casi Covid-19 (15 sono ancora attivi) su un totale di 1284 casi nei Territori palestinesi (dati al 23 giugno). La bassa percentuale di persone positive al Covid-19 potrebbe essere un’indicazione della mancanza di test effettuati. Caritas Gerusalemme e il ministero della Salute a Gaza, riferisce il Patriarcato Latino, “hanno preparato un piano di emergenza che prevede, tra le altre cose, fornitura di servizi medici nel Centro Caritas, l’attivazione di tre team medici mobili per fornire un servizio domiciliare 24 ore su 24 per il trattamento di pazienti non Covid-19”. Come in Israele, anche in Cisgiordania nelle ultime due settimane si sono registrati nuovi picchi di contagi: il più alto a Hebron con 551 casi, seguito da Nablus con 32.
Il parroco di Gaza: oltre al Covid19 è grave la situazione economica
Per padre Gabriel Romanelli, parroco latino della Sacra Famiglia a Gaza, nei Territori “c’è un’emergenza Coronavirus, ma essa è legata anche a tante altre situazioni. Per esempio - cita il sacerdote - il blocco della frontiera verso Israele o Egitto, la chiusura di tante attività commerciali, come i ristoranti. Così tante persone hanno perso il lavoro, sono rimaste senza stipendio. I maestri delle nostre scuole non sono stati licenziati ma il Patriarcato ha avuto difficoltà a pagare gli stipendi".
La chiusura di Gaza pesa in questo momento più che mai, spiega il parroco, ma per la diffusione della pandemia i pochi ingressi hanno anche permesso il contenimento dei contagi. "Tutti i casi che abbiamo avuto - spiega padre Gabriel - riguardano persone che sono arrivate da fuori e che sono state subito messe in quarantena. I kit mandati dal Papa - aggiunge - ci aiuteranno a fare diagnosi più precise e appena li abbiamo ricevuti li abbiamo portati al laboratorio del ministero della Salute. In tutta Gaza infatti c’è una sola macchina che può fare le analisi".
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