Il Papa vicino al Nicaragua dopo l'attacco alla cattedrale
Francesca Sabatinelli - Città del Vaticano
E’ forte il pensiero che Francesco rivolge ai nicaraguensi nel dopo Angelus, quando richiama l’attacco di venerdì scorso contro la Cattedrale di Managua, senza feriti, ma che ha distrutto un crocifisso antico di quattro secoli:
Penso al popolo del Nicaragua che soffre per l’attentato alla cattedrale di Managua dove è stata molto danneggiata, quasi distrutta, l’immagine tanto venerata di Cristo, che ha accompagnato e sostenuto durante i secoli la vita del popolo fedele. Cari amici nicaraguensi, vi sono vicino e prego per voi.
Quello contro la cattedrale della capitale nicaraguense era stato subito definito dal cardinale arcivescovo della città, Leopoldo Brenes “un atto terroristico” che ha profondamente ferito la comunità cattolica nicaraguense. Per l’arcidiocesi la bomba molotov lanciata da un uomo incappucciato all’interno della chiesa, nella cappella del Sangue di Cristo, è da leggersi come “un atto premeditato”. Davanti al quel crocifisso, aveva sostato in preghiera san Giovanni Paolo II, durante il viaggio che nel 1996 lo aveva portato appunto in Nicaragua, Guatemala, El Salvador e Venezuela e le parole di conforto di Francesco giungono ad un Paese che oggi si riunisce in preghiera, per una giornata di “supplica e lacrime”, indetta dal cardinale Brenes.
Negli ultimi mesi le chiese del Nicaragua hanno subito atti di vandalismo di vario genere. I vescovi del Celam, il Consiglio episcopale latino americano, invitano a compiere sforzi per vivere in pace e armonia in un momento in cui, nel Paese latinoamericano, attraversato da una forte crisi politica e sociale, si registra un clima di violenza e intimidazione contro i cattolici.
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