Il Papa ai giovani di “Economy of Francesco”: la misura dello sviluppo è l'umanità
Amedeo Lomonaco- Città del Vaticano
Il Papa nel videomessaggio sottolinea che l’incontro “Economy of Francesco” non è un punto di arrivo “ma la spinta iniziale di un processo”. L’evento internazionale, apertosi lo scorso 19 novembre ad Assisi e non a marzo a causa della pandemia, ha come protagonisti giovani economisti e imprenditori. Sono loro, "molto più di un “rumore” superficiale e passeggero che si può addormentare e narcotizzare con il tempo", i motori di un processo, spiega il Pontefice, che siamo invitati a vivere “come vocazione, come cultura e come patto”.
La vocazione di Assisi
Francesco ricorda che “l’attuale sistema mondiale è insostenibile da diversi punti di vista”. Seguendo le orme del Santo di Assisi si può riparare la nostra casa comune, anche dalla prospettiva dell’economia. A essere colpiti, spiega il Pontefice - è “nostra sorella terra, tanto gravemente maltrattata e spogliata”. Ma anche i più poveri e gli esclusi”, “i primi danneggiati e anche i primi dimenticati”. Francesco si rivolge quindi direttamente ai giovani economisti e imprenditori, “chiamati a incidere concretamente nelle città e università, nel lavoro e nel sindacato, nelle imprese e nei movimenti, negli uffici pubblici e privati”:
La gravità della situazione attuale, che la pandemia del Covid ha fatto risaltare ancora di più, esige una responsabile presa di coscienza di tutti gli attori sociali, di tutti noi, tra i quali voi avete un ruolo primario: le conseguenze delle nostre azioni e decisioni vi toccheranno in prima persona, pertanto non potete rimanere fuori dai luoghi in cui si genera, non dico il vostro futuro, ma il vostro presente. Voi non potete andare fuori da dove si genera il presente e il futuro. O siete coinvolti o la storia vi passerà sopra.
Una nuova cultura
Per dare voce allo spirito di Assisi, anche nell’economia, occorre un cambiamento. Si devono “avviare processi, tracciare percorsi, allargare orizzonti, creare appartenenze”. Ricordando quanto affermato da Benedetto XVI, Francesco sottolinea che “la fame non dipende tanto da scarsità materiale, quanto piuttosto da scarsità di risorse sociali”. Si deve dunque creare una nuova cultura per cambiare “gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono la società”. Si tratta, afferma il Papa rivolgendosi ai giovani, di un passo fondamentale e decisivo:
Senza fare questo, non farete nulla. Abbiamo bisogno di gruppi dirigenti comunitari e istituzionali che possano farsi carico dei problemi senza restare prigionieri di essi e delle proprie insoddisfazioni, e così sfidare la sottomissione – spesso inconsapevole – a certe logiche (ideologiche) che finiscono per giustificare e paralizzare ogni azione di fronte alle ingiustizie.
Cultura dell’incontro
Tornare “alla mistica del bene comune” e “incontrarsi al di là di tutte le legittime differenze”, è il passo determinante, osserva ancora Francesco, “per qualsiasi trasformazione che aiuti a dar vita a una nuova mentalità culturale e, quindi, economica, politica e sociale”. Quella dell’incontro è una cultura che si costruisce - come hanno fatto i giovani attraverso villaggi tematici che si sono costituiti on line in preparazione ad Economy of Francesco - dialogando, pensando, discutendo e creando, “secondo una prospettiva poliedrica”. Ed è una cultura opposta, sottolinea il Pontefice, a quella che oggi “è alla moda”: la cultura dello scarto. “Come è difficile - aggiunge il Papa - progredire verso soluzioni reali quando si è screditato, calunniato e decontestualizzato l’interlocutore che non la pensa come noi”. Il futuro, spiega poi Francesco, sarà “un tempo speciale”: “Non siamo condannati a modelli economici che concentrino il loro interesse immediato sui profitti come unità di misura”. Tutti devono essere coinvolti in questa nuova cultura basta sull’incontro.
Occorre accettare strutturalmente che i poveri hanno la dignità sufficiente per sedersi ai nostri incontri, partecipare alle nostre discussioni e portare il pane alle loro case. E questo è molto più che assistenzialismo: stiamo parlando di una conversione e trasformazione delle nostre priorità e del posto dell’altro nelle nostre politiche e nell’ordine sociale.
Il patto di Assisi
Alcune questioni, ricorda il Papa nel videomessaggio, non si possono rimandare. Si devono “far avanzare modelli economici che andranno a vantaggio di tutti, perché l’impostazione strutturale e decisionale sarà determinata dallo sviluppo umano integrale, così ben elaborato dalla dottrina sociale della Chiesa”. “I sistemi creditizi da soli - osserva Francesco - sono una strada per la povertà e la dipendenza”. Rivolgendosi ai giovani economisti, imprenditori, lavoratori e dirigenti d’azienda, il Papa ricorda che questo "è tempo di osare il rischio di favorire e stimolare modelli di sviluppo, di progresso e di sostenibilità". Nuove vie "in cui le persone, e specialmente gli esclusi (e tra questi anche sorella terra), cessino di essere - nel migliore dei casi - una presenza meramente nominale, tecnica o funzionale per diventare protagonisti della loro vita come dell’intero tessuto sociale". Ogni popolo è chiamato “a rendersi artefice del proprio destino e di quello del mondo intero”. “Non basta accrescere la ricchezza comune - insiste il Pontefice - perché sia equamente ripartita e non basta promuovere la tecnica perché la terra diventi più umana da abitare”. È l’umanità la misura dello sviluppo:
La misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Quella misura dell’umanità. Questo vale per il singolo come per la società misura che deve incarnarsi anche nelle nostre decisioni e nei modelli economici.
Cari giovani non scegliete le scorciatoie
Le parole conclusive del videomessaggio del Papa ai partecipanti all’Incontro "Economy of Francesco" hanno il sapore di una supplica:
Cari giovani, oggi siamo di fronte alla grande occasione di esprimere il nostro essere fratelli, di essere altri buoni samaritani che prendono su di sé il dolore dei fallimenti, invece di fomentare odi e risentimenti. Un futuro imprevedibile è già in gestazione; ciascuno di voi, a partire dal posto in cui opera e decide, può fare molto; non scegliete le scorciatoie, che seducono e vi impediscono di mescolarvi per essere lievito lì dove vi trovate. Niente scorciatoie, lievito: sporcarsi le mani. Passata la crisi sanitaria che stiamo attraversando, la peggiore reazione sarebbe di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di autoprotezione egoistica. Non dimenticatevi, da una crisi mai si esce uguali: usciamo meglio o peggio. Facciamo crescere ciò che è buono, cogliamo l’opportunità e mettiamoci tutti al servizio del bene comune. Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma che impariamo a maturare uno stile di vita in cui sappiamo dire “noi”.
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