Il Papa: Dio non va dimostrato ma mostrato con la testimonianza
Debora Donnini – Città del Vaticano
Di fronte al rischio reale di “dare pareri” e “dire belle parole” ma “non metterci mai in gioco”, l’invito del Papa stamani, all’Angelus, è di seguire l’esempio di Pietro e Paolo che “non sono stati spettatori, ma protagonisti del Vangelo. Non hanno creduto a parole, ma coi fatti”, spendendo la vita per il Signore e i fratelli. Non “ammiratori, ma imitatori di Gesù”, cioè testimoni.
Chi sono io per te?
Dopo la Messa con la benedizione dei Palli per i nuovi arcivescovi metropoliti, il Papa si affaccia su Piazza San Pietro per l’Angelus, nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo. Inizia la sua riflessione partendo dal brano odierno del Vangelo. Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, pone ai suoi discepoli due domande: “La gente chi dice che io sia?” e “Voi chi dite che io sia?”. Interrogativo fondamentale questo - “Chi sono io per te?” - che Gesù rivolge “a noi oggi”, afferma il Papa, esortando a dargli una risposta che venga dal cuore: “Chi sono io per te, che sei cristiano da tanto tempo ma, logorato dall’abitudine, hai smarrito il primo amore? Chi sono io per te, che vivi un momento difficile e hai bisogno di scuoterti per ripartire?”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Il Signore vuol essere l’amore della nostra vita
La prima domanda, nota il Papa, “era un sondaggio per registrare i pareri su di Lui e la fama di cui godeva, ma la notorietà a Gesù non interessa”. La pone per sottolineare “la differenza fondamentale della vita cristiana”: “c’è chi resta alla prima domanda, alle opinioni, e parla di Gesù; e c’è chi, invece, parla a Gesù, portandogli la vita, entrando in relazione con Lui, compiendo il passaggio decisivo” perché al Signore interessa essere “l’amore della nostra vita”, al centro dei nostri pensieri e affetti, non le opinioni che abbiamo su di lui.
La testimonianza di Pietro e Paolo, dunque, ci provoca. “Pietro - rimarca Francesco - non ha parlato di missione: ha vissuto la missione, è stato pescatore di uomini; Paolo non ha scritto libri colti, ma lettere vissute, mentre viaggiava e testimoniava”.
Quante volte, ad esempio, diciamo che vorremmo una Chiesa più fedele al Vangelo, più vicina alla gente, più profetica e missionaria, ma poi, nel concreto, non facciamo nulla! È triste vedere che tanti parlano, commentano e dibattono, ma pochi testimoniano. I testimoni non si perdono in parole, ma portano frutto. I testimoni non si lamentano degli altri e del mondo, ma cominciano da sé stessi. Ci ricordano che Dio non va dimostrato, ma mostrato con la propria testimonianza; non annunciato con proclami, ma testimoniato con l’esempio. Questo si chiama “mettere la vita in gioco”.
Far cadere le maschere e non rimanere tiepidi
Eppure, nota il Papa, Pietro e Paolo non sempre sono stati testimoni esemplari. Pietro ha rinnegato Gesù e Paolo ha perseguitato i cristiani. Ma entrambi hanno testimoniato anche le loro cadute. San Pietro, per esempio, avrebbe potuto dire agli Evangelisti: “Non scrivete gli sbagli che ho fatto”. Invece, il Vangelo riporta la storia nuda e cruda, “con tute le sue miserie”. Così nelle Lettere di Paolo, l’apostolo racconta i suoi sbagli. La testimonianza, infatti, comincia dalla verità su sé stessi, “dalla lotta alle proprie doppiezze e falsità”.
Il Signore può fare grandi cose per mezzo di noi quando non badiamo a difendere la nostra immagine, ma siamo trasparenti con Lui e con gli altri. Oggi, cari fratelli e sorelle, il Signore ci interpella. E la sua domanda è la stessa: Chi sono io per te? Ci scava dentro. Attraverso i suoi testimoni Pietro e Paolo ci sprona a far cadere le nostre maschere, a rinunciare alle mezze misure, alle scuse che ci rendono tiepidi e mediocri.
La Madonna, Regina degli Apostoli, conclude Francesco, “accenda in noi il desiderio di testimoniare Gesù”.
Grazie a Benedetto XVI il contemplativo del Vaticano
Dopo la preghiera mariana, il Papa ha ricordato “un anniversario che - ha detto - tocca il cuore di tutti noi: 70 anni fa, Papa Benedetto veniva ordinato sacerdote”. Ha, poi, rivolto uno speciale saluto ai romani, nella festa dei Santi Patroni augurando “ogni bene alla città di Roma” e auspicando che grazie all’impegno di tutti i cittadini sia “vivibile e accogliente, che nessuno sia escluso, che i bambini e gli anziani siano curati, che ci sia lavoro e che sia dignitoso, che i poveri e gli ultimi siano al centro dei progetti politici e sociali”. Ha anche ricordato che dopodomani, giovedì 1 luglio, avrà luogo qui in Vaticano una speciale giornata di preghiera e riflessione per il Libano, insieme con i capi di tutte le Chiese presenti nel Paese dei Cedri.
Ha invitato tutti a pregare “perché il Libano si risollevi dalla grave crisi che sta attraversando e mostri nuovamente al mondo il suo volto di pace e di speranza”. Ha anche ricordato che il 1 luglio ricorrerà il 160.mo anniversario della prima edizione de “L’Osservatore Romano”, il “'giornale del partito', come lo chiamo io”, ha detto, ringraziando per il servizio svolto. “Continuate - ha esortato - il vostro lavoro con fedeltà e creatività”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui