Fratelli tutti, un anno dopo: bussola per tornare a sognare
Amedeo Lomonaco - Città del Vaticano
È passato un anno da quando il Papa si è recato sulla tomba del patrono d’Italia per siglare l’enciclica ”Fratelli tutti” sulla fratellanza e l’amicizia sociale. In questo documento, che si inserisce nel solco della Dottrina sociale della Chiesa, il Pontefice ci invita a sognare insieme e a far fronte alle ombre dei conflitti, alle ombre di un mondo chiuso.
Sognare il futuro
Il Papa si rivolge a tutti gli uomini e al mondo intero, scosso dalla pandemia e lacerato da flagelli come le guerre, la povertà. Esorta ad agire insieme, a “far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità”. “Sogniamo - scrive - come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!”. Di fronte “a diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri”, l’invito del Pontefice è quello “di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole”. Il Papa esorta ad aprire vie di fraternità, ad “andare al di là delle distanze dovute all’origine, alla nazionalità, al colore o alla religione”. Come ha fatto san Francesco nel 1219, quando ha incontrato il sultano Malik-al-Kamil in Egitto.
L'enciclica sulla fraternità
L’enciclica Fratelli tutti si apre con una breve introduzione. Si articola in otto capitoli e raccoglie molte riflessioni sulla fraternità e l’amicizia sociale. Nel primo capitolo, “Le ombre di un mondo chiuso”, il documento si sofferma sulle molteplici deformazioni dell’epoca contemporanea, tra cui la manipolazione di concetti come democrazia, libertà, giustizia. Il secondo capitolo è dedicato alla figura del buon samaritano. “Prendiamoci cura - si legge nell'enciclica - della fragilità di ogni uomo, di ogni donna, di ogni bambino e di ogni anziano, con quell’atteggiamento solidale e attento, l’atteggiamento di prossimità del buon samaritano". Nel capitolo successivo Francesco sottolinea che “il virus più difficile da sconfiggere” è “l’individualismo radicale”. Ai temi delle migrazioni e della “migliore politica” sono dedicati rispettivamente il quarto e il quinto capitolo. Nel sesto emerge il concetto di vita come “arte dell’incontro” con tutti, anche con le periferie del mondo e i popoli indigeni. Il settimo capitolo si sofferma sul valore e la promozione della pace. “La Shoah - si legge - non va dimenticata". È il “simbolo di dove può arrivare la malvagità dell’uomo”. Nell’ottavo e ultimo capitolo, il Papa si sofferma su “Le religioni al servizio della fraternità nel mondo”: “le diverse religioni, a partire dal riconoscimento del valore di ogni persona umana come creatura chiamata ad essere figlio o figlia di Dio, offrono un prezioso apporto per la costruzione della fraternità e per la difesa della giustizia nella società”.
Sulle orme di San Francesco
Ispirata dalle parole del Poverello di Assisi, la terza enciclica di Papa Francesco è in continuità con il messaggio della Laudato Si’ sulla cura della casa comune. E si riallaccia all’incontro nel 2019 con il Grande imam Ahmad Al-Tayyeb ad Abu Dhabi e al Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune. Fra Carlos Alberto Trovarelli, ministro generale dell'Ordine dei Frati Minori, sottolinea che nell’enciclica Fratelli tutti Papa Francesco non pensa ad una trasformazione magica ma “suggerisce tante vie per arrivare ad un mondo migliore”. Quello che il Papa vuole “è che si inizino dei processi”.
Cominciamo dal titolo dell’enciclica Fratelli tutti che, come ricorda il Papa, è l’espressione usata da san Francesco “per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo”. Il mondo, in tutti i frangenti storici, ha bisogno proprio di questo: che ognuno possa far sentire la propria voce e che tutti siano fratelli e sorelle…
Questa espressione è tratta dagli scritti di san Francesco, dalle Ammonizioni. È rivolta a tutto il mondo, a tutte le persone. Consideriamo che l’epoca di san Francesco, che non era per niente oscura come tanti pensano (il Medioevo), era un’epoca piena di idee, di nuovi movimenti e tra questi, tanti movimenti laicali. In quell’ambiente Francesco volle che tutti sentissero e ascoltassero la voce del Vangelo. In quel mondo, dove c’erano vecchie e nuove forme di potere, ascoltare la proposta con il sapore del Vangelo, è molto importante. In questo senso adesso ci troviamo in una epoca molto simile: ci sono tanti cambiamenti e anche tanti nuovi movimenti. Sembra che il mondo abbia ancora bisogno di ascoltare un annuncio di fratellanza. Certamente, tutti abbiamo bisogno di ascoltare tutti. La Chiesa ha bisogno di ascoltare tutti. Però anche il mondo ha bisogno di questo. Mi sembra che il Papa abbia risposto a questo: annunciare la fratellanza, quella del Vangelo di Gesù.
Il Vangelo dà sapore a diverse epoche storiche. A proposito di storia, è passato un anno da quando il Papa si è recato ad Assisi, sulla tomba di san Francesco, per firmare l’enciclica Fratelli tutti. In questo tempo l’enciclica ha cominciato ad entrare nei cuori di molte persone…
L’enciclica già con il titolo si è fatta vicina a tante gente. È un titolo che subito apre i cuori. Il titolo è già un messaggio. Chi studia poi in profondità l’enciclica può trovare tanti altri livelli di lettura. Non dimentichiamo che questa è una enciclica sociale. Per molti il linguaggio è anche un po’ duro ma è molto apprezzato un po’ da tutti che il Papa si sia preoccupato per la costruzione di un mondo migliore. Mi sembra che questa sia la cosa che più si diffonde. Il Papa è preoccupato, la Chiesa si preoccupa perché il mondo sia migliore, più giusto, più pacifico e che tutti siano impegnati in questo: le singole persone, ma anche le istituzioni. Mi sembra che questo sia qualcosa che entra nei cuori un po’ di tutti. Poi nell’enciclica ci sono anche altri temi, come la guerra, la globalizzazione dell’indifferenza. Per alcuni è un linguaggio molto duro. Ho trovato alcune persone secondo cui l’enciclica è una cosa utopica, cioè non realizzabile. Ma io spiego sempre che il Papa non pensa che ci sia, da un giorno all’altro, una trasformazione magica del mondo. Il Pontefice pensa invece ai processi. Questo è molto importante: quello che il Papa vuole è che si inizino dei processi. Processi da avviare in ambito familiare o istituzionale. Papa Francesco suggerisce tante vie per arrivare ad un mondo migliore. Anche la religione è una delle vie importanti. Però non è qualcosa che arriverà automaticamente.
Non una utopia, ma il sogno di una società fraterna. Nell’enciclica Fratelli tutti il Papa scrive che san Francesco “non faceva la guerra dialettica imponendo dottrine, ma comunicava l’amore di Dio”. Il poverello di Assisi aveva compreso che Dio è amore e “ha suscitato - aggiunge il Papa - il sogno di una società fraterna”. Questo è il sogno che siamo chiamati a realizzare…
Il sogno che è realizzabile. Si tratta di far esistere quello che ancora non esiste. Questo è possibile. Non so se riusciremo, da un giorno all’altro, a creare una società fraterna. Il sogno è realizzabile. Ma come è realizzabile? Con la nostra testimonianza, come dice Papa Francesco. Non nella guerra dialettica, come diceva san Francesco. È realizzabile nella testimonianza. San Francesco stesso inviava i frati nelle città a testimoniare, a iniziare processi con la testimonianza. Non so se tutti conoscono i nomi delle personalità più importanti dell’epoca di san Francesco. Ma quello di san Francesco se lo ricordano molto bene. C’è un pellegrinaggio costante sulla tomba del Santo. Questo vuol dire che il sogno è qualcosa che esiste. E che qualcosa possiamo fare.
Continuiamo ad addentrarci nell’enciclica Fratelli tutti con uno sguardo francescano. È una enciclica con molti livelli di lettura in cui il Papa ci dice che il poverello di Assisi ha ascoltato la voce di Dio, del povero, del malato, della natura. “E tutto questo - sottolinea il Pontefice - lo trasforma in uno stile di vita”. Le orme di san Francesco sono dunque le direttrici per tracciare una via di autentica fraternità e un cammino che, mettendo insieme tutti i volti anche feriti dell’umanità, può vincere la pandemia, le guerre, la povertà, le sfide legate ai cambiamenti climatici. Quali ostacoli dobbiamo rimuovere per rendere veramente praticabile la via sulle orme di san Francesco?
Penso che gli ostacoli da rimuovere siano quelli che vanno contro il bene comune. Per esempio tutti gli interessi individualistici. Anche le chiusure, sia quelle nazionaliste sia quelle populiste. Poi gli interessi della finanza, del mercato del capitale spietato, delle ideologie. E anche i desideri di dominio. Tutte cose che strumentalizzano le persone. A livello generale va rimossa qualsiasi chiusura: chiusura in noi stessi, mancanza di ascolto degli altri. Tante volte neanche percepiamo che c’è un altro. Questo è molto presente nel messaggio del Papa. E infine ci sono gli ostacoli che vogliono nascondere Dio nella società.
A proposito di vie da percorrere, i passi compiuti dal Papa, seguendo il solco tracciato da san Francesco, si riflettono non solo nell’enciclica Fratelli tutti, ma anche nella Laudato si’, nel documento di Abu Dhabi sulla fratellanza umana e in tanti altri insegnamenti, gesti, parole. Come si sta innestando concretamente, nel tessuto sociale e umano, la traiettoria “francescana” del pontificato di Papa Francesco?
La traiettoria francescana del pontificato di Papa Francesco è una cosa ben riconosciuta, anche per coloro che non sono tanto praticanti o credenti. È un messaggio che arriva dove deve arrivare. Mi sembra che il messaggio di Papa Francesco sia riconosciuto come autentico. Penso che il messaggio del Papa si innesti nella società.
Un messaggio autentico, credibile e che arriva. Come quello del Santo di Assisi...
Tale e quale. Arriva e arriva a tutti. Alla tomba di san Francesco arrivano persone di tutti i credi. E c’è rispetto. È una figura veramente così: credibile.
Dialogo tra civiltà
Nell’enciclica Fratelli tutti Papa Francesco, riferendosi al Documento sulla fratellanza umana, sottolinea che con il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb ha ricordato come “il rapporto tra Occidente e Oriente” sia “un’indiscutibile reciproca necessità”. Occidente e Oriente possono arricchirsi “a vicenda della civiltà dell’altro, attraverso lo scambio e il dialogo delle culture”. L’Occidente può trovare nella civiltà dell’Oriente “rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo”. E l’Oriente, si legge ancora nella Fratelli tutti, può trovare nella civiltà dell’Occidente “tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale”. L’imam Nader Akkad del Centro islamico culturale d’Italia - Grande moschea di Roma e copresidente della Commissione internazionale mariana musulmana cristiana sottolinea che questa enciclica non solo è diventata “un ponte per il dialogo tra musulmani e cristiani, ma ha aiutato anche il dialogo intraislamico fra musulmani sunniti e sciiti”.
Nell’enciclica Fratelli tutti Papa Francesco, ricordando l’incontro nel 2019 ad Abu Dhabi con il Grande imam Al-Tayyeb sottolinea che il rapporto tra Occidente e Oriente è “un’indiscutibile reciproca necessità”. Ed è una via per “arricchirsi a vicenda”. Come l’enciclica Fratelli tutti contribuisce a questo arricchimento reciproco?
Certamente, l’enciclica Fratelli tutti, firmata il 3 ottobre del 2020 nella città della pace di Assisi, già nel nome determina e traccia un sentiero. Un sentiero che mette in dialogo diverse comunità, religioni e civiltà. Questa enciclica ha trovato una risonanza molto positiva nel mondo musulmano. È stata anche tradotta e pubblicata dalla comunità musulmana russa. Questa enciclica trova nelle sue fondamenta anche l’incontro tra Papa Francesco e il Grande Imam Al-Tayyeb che nel 2019 ad Abu Dhabi hanno firmato il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune. Un documento, che io definisco epocale, sulla fratellanza umana. Due leader religiosi in quell’istante hanno voluto dare all’umanità una visione fraterna. Due persone si sono incontrate, si sono abbracciate. Ciascuno ha chiamato l’altro fratello.
L’enciclica Fratelli tutti è una risorsa per costruire la pace? Come può avere un impatto concreto nella costruzione della pace?
Fratelli tutti è una enciclica incarnata. Trasmette valori e chiede alle persone di incarnarsi in questi valori. In questa enciclica c’è un passo molto bello e importante: la parabola del buon samaritano. In questa enciclica Papa Francesco cita molto questa parabola. Ciascuno ha la sua verità, ma la verità deve essere incarnata tramite le proprie azioni. Papa Francesco, tramite questa enciclica, ci ricorda che il Vangelo non deve essere soltanto letto, ma deve essere applicato. Deve essere una parola che cammina. Come anche il Corano deve essere una parola che cammina, da mettere in pratica. Si deve trasformare in azioni comuni fraterne, incarnate e a servizio degli altri. Così questa enciclica trova la sua applicazione.
L’enciclica di Papa Francesco sulla fraternità e l’amicizia sociale può smontare la tesi a favore di una cosiddetta “guerra giusta”?
L’enciclica va a ricordare le nostre radici comuni, le nostre radici umane. Questa enciclica ci dice che per essere fratelli dobbiamo dire ‘no’ alla guerra, 'no' alla violenza. Dobbiamo invece dire ‘si’ alla nostra casa comune, di cui dobbiamo prenderci cura. L’enciclica Fratelli tutti affronta non solo il tema dell’ambiente, della società e dell’economia ma anche quello del contenuto fraterno del rapporto umano. Papa Francesco dà veramente all’umanità una risorsa che può durare nel tempo.
Questa enciclica ha rafforzato il dialogo con il mondo musulmano sulla pace?
Le fondamenta dell’enciclica si collegano al Documento sulla fratellanza umana, messo in pratica dal Papa non solo con la firma comune ad Abu Dhabi ma anche con i viaggi nelle terre dell’islam: in Egitto, in Marocco, in Iraq. Una terra, quest’ultima, che ha fatto ricordare l’importanza delle comuni radici in Abramo. Non soltanto questa enciclica è diventata un ponte per il dialogo tra musulmani e cristiani ma, ripeto, ha aiutato anche il dialogo intraislamico fra musulmani sunniti e sciiti.
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