Il Papa: nelle crisi tocchiamo le piaghe del Risorto, che non cerca cristiani perfetti
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Nei nostri “momenti di crisi”, nella fatica, “Gesù, il Risorto, desidera tornare per stare con noi”. Aspetta solo “che lo cerchiamo”, anche portandogli, come Tommaso, “i nostri bisogni e la nostra incredulità”, per tornare a Lui “al suo perdono, a quelle piaghe che ci hanno risanato”. Senza paura, perché il Signore “non cerca cristiani perfetti”. Così, “diventeremo anche capaci di compassione”, di avvicinare “senza pregiudizi le piaghe degli altri”. Papa Francesco rilegge così, prima della preghiera del Regina Coeli, presenti in Piazza san Pietro più di 40 mila fedeli, il Vangelo di questa domenica dell’Ottava di Pasqua e il racconto dell’evangelista Giovanni della prima e seconda apparizione del Risorto ai discepoli, chiusi nel cenacolo. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Anche noi come Tommaso, la fatica di credere
Il Papa guarda ai due protagonisti delle apparizioni, l’apostolo Tommaso e Gesù. Il primo rappresenta tutti noi, “che non eravamo presenti nel cenacolo quando il Signore è apparso” e quindi “non abbiamo avuto altri segni fisici o apparizioni da parte di Lui”.
Anche noi, come quel discepolo, a volte facciamo fatica: come si fa a credere che Gesù è risorto, che ci accompagna ed è il Signore della nostra vita senza averlo visto , senza averlo toccato? Come si fa, a credere questo? Perché non ci dà qualche segno più evidente della sua presenza e del suo amore? Qualche segno che io possa vedere meglio… Ecco, anche noi siamo come Tommaso, con gli stessi dubbi, gli stessi ragionamenti.
No ai cristiani "che si credono perfetti"
Ma, spiega Francesco, “non dobbiamo vergognarci di questo” perché, parlandoci di Tommaso, “il Vangelo ci dice che il Signore non cerca cristiani perfetti, che non dubitano mai e ostentano sempre una fede sicura”. Quando un cristiano è così, commenta a braccio, "qualcosa non va bene".
Io vi dico: io ho paura quando vedo qualche cristiano, qualche associazione di cristiani che si credono i perfetti.
Le crisi di fede ci rendono umili
Perché “l’avventura della fede, come per Tommaso, è fatta di luci e di ombre. Se no, che fede sarebbe?”. E quindi “conosce tempi di consolazione, di slancio e di entusiasmo, ma anche stanchezze, smarrimenti, dubbi e oscurità”.
Il Vangelo ci mostra la “crisi” di Tommaso per dirci che non dobbiamo temere le crisi della vita e della fede. Le crisi non sono peccato: sono cammino. Non dobbiamo temerle. Tante volte ci rendono umili, perché ci spogliano dall’idea di essere a posto, di essere migliori degli altri. Le crisi ci aiutano a riconoscerci bisognosi: ravvivano il bisogno di Dio e ci permettono così di tornare al Signore, di toccare le sue piaghe, di fare nuovamente esperienza del suo amore, come la prima volta. È meglio una fede imperfetta ma umile, che sempre ritorna a Gesù, di una fede forte ma presuntuosa, che rende orgogliosi e arroganti.
Gesù, anche con le porte chiuse, torna
E, si chiede il Pontefice, “davanti all’assenza e al cammino di Tommaso, che è spesso anche il nostro, qual è l’atteggiamento di Gesù?”. Il Vangelo dice che Egli “venne”, due volte in otto giorni.
Gesù non si arrende, non si stanca di noi, non si spaventa delle nostre crisi e debolezze. Egli ritorna sempre: quando le porte sono chiuse, torna; quando dubitiamo, torna; quando, come Tommaso, abbiamo bisogno di incontrarlo e di toccarlo più da vicino, torna. Torna sempre, e non con segni potenti che ci farebbero sentire piccoli e inadeguati, vergognosi, pure, ma mostrandoci le sue piaghe, segni del suo amore che ha sposato le nostre fragilità.
Nella prossima crisi, cerchiamo le sue piaghe
Quindi, conclude Papa Francesco, “specialmente quando sperimentiamo stanchezze o momenti di crisi, Gesù, il Risorto, desidera tornare per stare con noi”. Aspetta solo “che lo cerchiamo, lo invochiamo”, persino che, come Tommaso, “protestiamo, portandogli i nostri bisogni e la nostra incredulità”.
Egli torna, perché è paziente e misericordioso. Viene ad aprire i cenacoli delle nostre paure e delle nostre incredulità, perché sempre ci vuol dare un’altra opportunità. Pensiamo allora all’ultima volta che, durante un momento difficile o un periodo di crisi, ci siamo chiusi in noi stessi, barricandoci nei nostri problemi e lasciando Gesù fuori casa. E ripromettiamoci, la prossima volta, nella fatica, di ricercare Gesù, di tornare a Lui, al suo perdono - Lui sempre perdona, sempre! – a quelle piaghe che ci hanno risanato.
Così, sottolinea infine il Papa, “diventeremo anche capaci di compassione, di avvicinare senza rigidità e senza pregiudizi le piaghe degli altri”. Con l’aiuto di Maria, Madre di misericordia.
Appelli per la pace in Ucraina e nel Camerun
Dopo la recita della preghiera mariana del Regina Coeli, Francesco, nella domenica in cui le Chiese orientali celebrano la Pasqua del Signore, rinnova il suo appello per una tregua in Ucraina. Quindi ricorda che oggi i vescovi del Camerun compiono con i loro fedeli un pellegrinaggio nazionale al Santuario mariano di Marianberg, “per riconsacrare il Paese alla Madre di Dio e metterlo sotto la sua protezione”. Pregano, sottolinea, “in particolare per il ritorno della pace nel loro Paese, che da più di cinque anni, in varie regioni, è lacerato dalle violenze”. E chiede a tutti di elevare anche noi “la nostra supplica, insieme ai fratelli e alle sorelle del Camerun, affinché Dio, per intercessione della Vergine Maria, conceda presto una pace vera e duratura a questo amato Paese”.
Saluti in Polonia e per la Divina Misericordia
Nel salutare i fedeli polacchi, infine, rivolge il pensiero ai “connazionali che celebrano la ‘Giornata del bene’ promossa dalla Caritas, e anche per le vittime degli incidenti nelle miniere”. E saluta i devoti della Divina Misericordia convenuti nella chiesa-santuario di Santo Spirito in Sassia e i partecipanti al Cammino dalla Sacra di San Michele a Monte Sant’Angelo.
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