Il Papa ricorda l'esplosione al porto di Beirut: "La verità non rimanga nascosta"
Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano
Il Libano ferito, che domani ricorda il secondo anniversario della drammatica esplosione al porto di Beirut che aveva provocato oltre 200 morti e più di 6 mila feriti, torna nei pensieri di Papa Francesco. Al termine dell’udienza generale, dopo la catechesi interamente dedicata al recente viaggio in Canada, il Papa ha espresso vicinanza alle famiglie delle vittime di “quel disastroso evento” e al “caro popolo libanese”. Popolo al quale ha sempre rivolto particolare attenzione e per il quale, il primo luglio dello scorso anno, aveva organizzato una giornata di preghiera e riflessione in Vaticano con i capi delle Chiese orientali.
Prego perché ciascuno possa essere consolato dalla fede, confortato dalla giustizia e dalla verità che non può essere mai nascosta.
(Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Essere terra di pace
In Aula Paolo VI Francesco esprime quindi un particolare auspicio per il “Paese dei Cedri”, del quale si ricorda la sempiterna definizione di Giovanni Paolo II di una terra che è anzitutto “un messaggio”:
Auspico che il Libano, con l’aiuto della comunità internazionale, continui a percorrere il cammino di rinascita rimanendo fedele alla vocazione di essere terra di pace e di pluralismo dove le comunità di religioni diverse possano vivere in fraternità
La catastrofe
Erano le cinque del pomeriggio, il 4 agosto del 2020, quando i camion dei pompieri di Beirut si dirigevano di corsa verso il porto a sirene spiegate. Un iniziale incendio era scoppiato in un hangar, ancora nulla di pericoloso ma bisognava intervenire subito. I pompieri furono sorpresi da una prima esplosione, seguita pochi secondi dopo da una seconda nell’Hangar 3 del porto, che infiammò 2700 tonnellate di nitrato di ammonio che da dieci anni erano conservate nel deposito. Una catastrofe, considerata una delle più potenti esplosioni non nucleari della storia, un duro colpo per un Paese già piagato da una difficile crisi politica, sociale, economica e dove circa l'80% della popolazione vive ancora oggi sotto la soglia di povertà. Il bilancio è stato drammatico e si è riuscito a tracciare solo dopo mesi: 214 morti, 6500 feriti, decine di migliaia di sfollati, lo scalo distrutto come pure parte del centro cittadino. Dopo un anno, l’inchiesta per capire chi sia stato responsabile di quel cataclisma ha segnato una battuta d’arresto.
Le cronache recenti raccontano che alcuni dei silos di grano rimasti in piedi nel porto dopo la devastante esplosione sono collassati. A causare il crollo delle strutture sembra essere stato il rogo che da una settimana aveva investito le riserve di cereali, fermentate e incendiate grazie alle alte temperature, senza che i pompieri riuscissero a domarlo.
Il ricordo nel primo anniversario
Già lo scorso anno, 4 agosto 2021, primo anniversario della catastrofe, Francesco aveva espresso parole di dolore al termine dell’udienza generale:
A un anno dalla terribile esplosione avvenuta nel porto di Beirut, capitale del Libano, che ha provocato morte e distruzione, il mio pensiero va a quel caro Paese, soprattutto alle vittime, alle loro famiglie, ai tanti feriti e a quanti hanno perso la casa e il lavoro. E tanti hanno perso l’illusione di vivere
La Giornata di preghiera in Vaticano
Un mese prima, nella Giornata di preghiera e riflessione per il Paese mediorientale, Francesco, accompagnato da patriarchi e capi delle Chiese orientali del Paese dei cedri, aveva denunciato i tentativi di “sprofondare” il Libano. Accogliendo “le aspirazioni e le attese del popolo libanese, stanco e deluso”, il vescovo di Roma aveva invocato quindi da Dio “luce di speranza per superare la dura crisi”.
Un pensiero all'Ucraina
La stessa speranza il Papa l'ha espressa per la pace in Ucraina, teatro di quella che in diverse occasioni in passato ha definito "una guerra insensata e crudele". Salutando a fine udienza i pellegrini della Polonia, che ha ringraziato per il "sostegno" nella preghiera durante il viaggio in Canada, Francesco ha ricordato che in agosto tanti fedeli polacchi si recano a piedi fino al santuario di Jasna Góra e in altri santuari mariani. Ha quindi affidato loro una particolare missione:
Vi chiedo di offrire le fatiche del vostro cammino anche per la Chiesa, per la pace nel mondo, specialmente in Ucraina
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