Il Papa: valorizzare "i santi della porta accanto", attenti alle mistificazioni sui social
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Cita grandi santi come Giovanni Paolo II, Carlo Acutis e San Francesco, però concentra l’attenzione soprattutto sui ‘piccoli’ santi, quelli “della porta accanto”, quella gente, in fin dei conti, normale che non proviene "da un mondo parallelo”, ma appartiene al popolo fedele di Dio e che è inserita “nella quotidianità fatta di famiglia, studio, lavoro, vita sociale, economica e politica”. Sono loro modelli e testimoni di quella santità che è soprattutto "esperienza dell'amore di Dio".
Francesco riceve in Sala Clementina i partecipanti al convegno che si è svolto dal 3 ottobre ad oggi all’Augustinianum, La Santità oggi. Un importante evento, organizzato dal Dicastero delle Cause dei Santi, che ha messo a confronto esperti, studiosi, postulatori, per analizzare la definizione attuale di virtù eroiche e la fama di santità in epoca digitale.
La fama di santità
Proprio sulla “fama sanctitatis” si concentra il Papa nel suo discorso - preceduto dal saluto del cardinale prefetto, Marcello Semeraro – alla luce anche delle nuove tecnologie e dei social network che possono portare al "rischio di forzature e mistificazioni", dietro alle quali si nascondono “interessi poco nobili”.
La fama sanctitatis non proviene primariamente dalla gerarchia ma dai fedeli. È il popolo di Dio, nelle sue diverse componenti, il protagonista della fama sanctitatis, cioè dell’opinione comune e diffusa tra i fedeli circa l’integrità di vita di una persona, percepita come testimone di Cristo e delle beatitudini evangeliche.
I rischi di media digitali e reti sociali
Tuttavia, il Papa raccomanda di “verificare che tale fama di santità sia spontanea, stabile, perdurante e diffusa in una parte significativa della comunità cristiana”. È “genuina” quando “resiste ai cambiamenti del tempo, alle mode del momento”, ed anche quando “genera sempre effetti salutari per tutti, come possiamo constatare nella pietà popolare”.
Ai nostri giorni, l’accesso corretto ai mezzi di comunicazione può favorire la conoscenza del vissuto evangelico di un candidato alla beatificazione o canonizzazione. Tuttavia, nell’uso dei media digitali, in particolare delle reti sociali, ci può essere il rischio di forzature e mistificazioni dettate da interessi poco nobili.
Il "fiuto" del popolo di Dio
Necessario, pertanto, “un discernimento saggio e perspicace di tutti coloro che si occupano della qualità della fama di santità”.
È importante che ogni Chiesa particolare sia attenta a cogliere e valorizzare gli esempi di vita cristiana maturati all’interno del popolo di Dio, che da sempre ha un particolare “fiuto” per riconoscere questi modelli di santità, testimoni straordinari del Vangelo.
“Quando i fedeli sono convinti della santità di un cristiano, fanno ricorso – anche massiccio e appassionato – alla sua intercessione celeste; l’esaudimento della preghiera da parte di Dio rappresenta una conferma di tale convinzione”, dice il Papa. Questo “consenso popolare” va tenuto “in giusta considerazione”, perché i fedeli, sottolinea il Pontefice, “sono dotati dalla grazia divina di un’innegabile percezione spirituale per individuare e riconoscere nell’esistenza concreta di alcuni battezzati l’esercizio eroico delle virtù cristiane”.
La gioia, non il "muso lungo"
Papa Francesco si sofferma su un altro elemento che potrebbe apparire banale, ma che invece è fondamentale per identificare un santo o una santa: la gioia, senza la quale “la fede si riduce a un esercizio opprimente e triste”
Non si diventa santi con il “muso lungo”: ci vuole un cuore gioioso e aperto alla speranza. Di questa santità ricca di buon umore ci dà l’esempio il neo-Beato Giovanni Paolo I. Per i ragazzi e i giovani è un modello di gioia cristiana anche il Beato Carlo Acutis. E sempre ci edifica nella sua paradossalità evangelica la “perfetta letizia” di San Francesco d’Assisi.
Non un programma di sforzi e rinunce
Loro, ma anche la moltitudine di uomini e donne elevati dalla Chiesa agli onori degli altari, “ricordano a tutti che vivere il Vangelo in pienezza è possibile ed è bello”. “La santità, infatti, non è un programma di sforzi e di rinunce, non è fare una ginnastica spirituale, no: è un’altra cosa. È anzitutto l’esperienza di essere amati da Dio, di ricevere gratuitamente il suo amore, la sua misericordia”, afferma Papa Francesco.
Anche oggi è importante scoprire la santità nel popolo santo di Dio: nei genitori che crescono con amore i figli, negli uomini e nelle donne che svolgono con impegno il lavoro quotidiano, nelle persone che sopportano una condizione di infermità, negli anziani che continuano a sorridere e offrire saggezza. La testimonianza di una condotta cristiana virtuosa, vissuta nell’oggi da tanti discepoli del Signore, è per tutti noi un invito a rispondere personalmente alla chiamata ad essere santi. Sono dei santi “della porta accanto”, che tutti conosciamo.
Perle preziose
“I Santi sono perle preziose; sono sempre vivi e attuali, non perdono mai valore, perché rappresentano un affasciante commento del Vangelo”, conclude il Papa. “La loro vita è come un catechismo per immagini”.
Il loro esempio illumini le menti delle donne e degli uomini del nostro tempo, ravvivando la fede, animando la speranza e accendendo la carità, affinché ciascuno si senta attratto dalla bellezza del Vangelo e nessuno si smarrisca nelle nebbie del non senso e della disperazione.
La preghiera di San Thomas Moore
Il Papa non termina il suo discorso senza fare un cenno a “una dimensione della santità" alla quale - racconta - ha dedicato "un capitoletto "nella Gautete et exsultate: "Il senso dell’umorismo”.
Qualcuno diceva: “Un santo triste è un triste santo”: non conta. Sapere godere della vita con un senso dell’umorismo perché prendere la parte che fa ridere, della vita, questo alleggerisce l’anima. E c’è una preghiera che, mi raccomando, pregatela: io è da più di 40 anni che la prego tutti i giorni, la preghiera di Santo Thomas Moro, che – è curioso – lui sta chiedendo qualcosa a per la santità ma incomincia dicendo: “Signore, dammi una buona digestione e qualcosa da digerire”. Va al concreto, ma prende proprio l’umorismo da lì.
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