Abusi, Francesco: i minori siano più sicuri nella Chiesa
Alessandro Di Bussolo - Città del Vaticano
Un congresso che è “un'ulteriore espressione del desiderio di cambiamento della nostra Chiesa”, nella quale “l'abuso sessuale da parte del clero e la sua copertura da parte di vescovi e superiori religiosi ha lasciato una ferita indelebile” a motivo “del danno causato a così tante persone”. Ed un appuntamento che è anche “un'espressione del processo sinodale di incontro, ascolto, riflessione e aiuto reciproco nel cercare di attuare e misurare il nostro impegno per prevenire gli abusi nella nostra Chiesa”. Così Papa Francesco definisce, nel messaggio inviato ai partecipanti, il secondo Congresso latinoamericano sulla prevenzione degli abusi, sul tema “Curare, informare e comunicare: elementi chiave per una gestione efficace dei casi di abuso sessuale”, in corso ad Asuncion, in Paraguay, dal 14 al 16 marzo.
Verificare l'adeguatezza delle misure di tutela
Il Papa sottolinea che “i leader della Chiesa hanno fatto molto per affrontare questo male e per evitare che si ripeta” e incoraggia l’organizzazione di altri eventi come questo congresso, ma, aggiunge, “dobbiamo essere in grado di vedere i risultati che i minori sono più sicuri nella nostra Chiesa”. Per questo, ricorda di aver chiesto alla Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori “di monitorare e verificare l'adeguatezza delle politiche e delle prassi adeguate in tutta la Chiesa e di redigere un Rapporto che indichi i miglioramenti ancora necessari”.
"Apostoli della prevenzione"
Francesco si congratula poi per l'inaugurazione ad Asuncion del nuovo Centro di Studi sulla Dignità Umana e la Prevenzione degli Abusi, “che sarà un punto focale nazionale dedicato a questo scopo” e agli “apostoli della prevenzione”, riuniti in questi giorni attorno al cardinale Adalberto Martinez, arcivescovo di Asuncion, dai diversi Paesi dell'America Latina e dell'Europa dice che “il vostro lavoro per la protezione dei più vulnerabili è urgente ed essenziale”.
Permettere anche alle Chiese più povere di attuare la tutela
Nel suo messaggio, il Pontefice sottolinea l'importanza dei passi avanti di questa opera di protezione a livello delle Chiese locali. Il lavoro “di stabilire procedure chiare per la protezione delle persone vulnerabili nella Chiesa deve diventare parte integrante del lavoro e una priorità in ogni Chiesa locale”, con il supporto della Curia romana. Ricorda di aver chiesto alla Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori di supervisionare la corretta attuazione del motu proprio Vos estis lux mundi, (con le norme procedurali per combattere gli abusi sessuali nella Chiesa, pubblicato nel maggio 2019), “in modo che le persone abusate abbiano vie chiare e accessibili per cercare giustizia”. Quelle Chiese locali “in cui gli sforzi per promuovere adeguate misure preventive sono ancora nelle fasi iniziali a causa della mancanza di risorse, hanno bisogno di particolare attenzione”. Non si deve permettere infatti, per Papa Francesco, “che le crudeli disuguaglianze che colpiscono le nostre società colpiscano anche la nostra Chiesa”.
Lavoro doloroso ma necessario
Infine il Papa ricorda il summit di quattro anni fa, in febbraio in Vaticano, di vescovi e superiori religiosi di tutto il mondo con i membri della Curia Romana “per affrontare il problema tangibile della cattiva gestione degli abusi sessuali sui minori da parte della gerarchia della Chiesa”. E ribadisce che “chiunque sminuisca l'impatto di questa storia o minimizzi il pericolo attuale disonora coloro che hanno sofferto così tanto e inganna coloro che dice di servire”. L'abuso sessuale da parte di chiunque nella Chiesa, ovunque si sia verificato, afferma ancora Francesco, “è un pericolo chiaro e presente per il benessere del popolo di Dio e la sua cattiva gestione continuerà a degradare il Vangelo del Signore agli occhi di tutti”. E affida all'intercessione di Nostra Signora dell'Assunzione, patrona del Paraguay, gli sforzi di “tutti coloro che sono impegnati in questo lavoro necessario ma doloroso del ministero della Chiesa”.
La relazione introduttiva del cardinale O'Malley
Ad aprire i lavori del congresso è stata la relazione del cardinale Seán Patrick O’ Malley arcivescovo di Boston e presidente della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, sul tema della “Risposta istituzionale della Chiesa alle vittime di abuso”. Il porporato ha sottolineato che “la lotta contro gli abusi nella Chiesa è uno sforzo progressivo avviato da quasi quarant'anni”, un percorso a lungo termine che richiede “una comprensione sempre più profonda di questa dolorosa realtà”. Ma non si possono comprendere “le azioni decisive intraprese da Francesco senza conoscere il percorso avviato dai suoi predecessori”.
Anni di lotta, da Denver 1993 al vademecum del luglio 2020
Così il cardinal O’Malley ha ripercorso quanto fatto dai Papi dall’agosto 1993, quando Giovanni Paolo II parlò pubblicamente, per la prima volta, della piaga degli abusi sessuali sui minori da parte dei sacerdoti a Denver, negli Stati Uniti, durante la Giornata Mondiale della Gioventù. Passando dall’adozione del principio della “tolleranza zero” da padre di Benedetto XVI, con l’avvicinamento e l’accoglienza delle vittime. Ha ricordato il riconoscimento di una gestione negligente dei casi di abusi da parte della gerarchia, la definizione di linee guida nelle diocesi per l’azione contro gli abusi e la prevenzione, e la progressiva priorità all’attenzione alle vittime rispetto alla difesa della reputazione della Chiesa. Atti concreti e forti durante il pontificato di Francesco sono stati la creazione della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, nel 2014, il summit in Vaticano per la protezione dei minori, nel 2019, l’abolizione del segreto pontificio nei casi di abuso di minori e infine, nel luglio 2020, Il vademecum su alcuni punti di procedura nel trattamento dei casi di abuso sessuale di minori commessi da chierici, pubblicato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede .
Nella Chiesa segni di peccato, ma anche lavoro per cambiare
Nella Chiesa, ha chiarito O’Malley, “ci sono vittime e aggressori, insabbiatori e scopritori, traumi e guarigioni”. Ci sono “segni di peccato profondo, di crimine e di colpa, di malattie che mettono in pericolo la vita e di evidenti fallimenti umani e istituzionali”, ma allo stesso tempo “ci sono persone che riconoscono la colpa e lavorano per un cambiamento fondamentale”. Evidenziare solo uno di questi due poli, per il cardinale nordamericano, “è pericoloso, malsano e poco obiettivo”.
Nuovo programma per l'aiuto alle vittime
La prevenzione degli abusi, anche nella Chiesa in America Latina, ha proseguito il presidente della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, “va incorporata nella più ampia cultura della cura e del buon trattamento, che deve sfidare il modo in cui ci relazioniamo gli uni con gli altri, come formiamo la comunità e come viviamo veramente la sinodalità”. Una delle principali priorità della Commissione è senza dubbio l'attenzione alle vittime, “per la quale stiamo sviluppando un programma da attuare a livello nazionale, per aiutare le Chiese locali nel campo della formazione, nella creazione di centri di ascolto delle vittime e nella formazione di operatori che offrono i loro servizi all'interno delle diverse diocesi del mondo”.
Il Papa è consapevole che c'è ancora molto da fare
Senza dubbio, ha concluso, nel pontificato di Francesco, “la visibilità del problema è stata più grande che mai e la Chiesa sta cominciando a raggiungere un punto di consapevolezza sufficiente per agire con decisione contro questo reato”. Il Papa, per O’Malley, ha dimostrato la sua volontà di combattere questa piaga, “aprendo processi più umani e giusti e lottando contro ogni tipo di ostacolo, compresi gli insabbiamenti, che rendono la giustizia irraggiungibile per le vittime”. Allo stesso modo, “Francesco è consapevole che c'è ancora molto da fare, ma è disposto a mettere le risorse necessarie per affrontare questo crimine”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui