Il Papa: fermare razzie e guerre perché emigrare sia una scelta davvero libera
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Un impegno di tutti, ciascuno secondo le proprie responsabilità, per fare della migrazione una scelta davvero libera. È quanto auspica Francesco nel messaggio scritto in occasione della 109.ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato sul tema “Liberi di scegliere se migrare o restare”.
Pensando alla complessità del fenomeno dei flussi migratori dei nostri giorni, il Papa chiede uno sforzo congiunto dell’intera comunità internazionale per garantire a tutti un’equa partecipazione al bene comune, il rispetto dei diritti fondamentali e l’accesso allo sviluppo umano integrale. “Solo camminando insieme potremo andare lontano e raggiungere la meta comune del nostro viaggio”.
Il diritto di non emigrare
“A tutti”, esorta il Pontefice va innanzitutto assicurato “un diritto non ancora codificato, ma di fondamentale importanza”: quello “a non emigrare, ossia la possibilità di vivere in pace e con dignità nella propria terra”. “Le risorse mondiali - constata - non sono illimitate, lo sviluppo dei Paesi economicamente più poveri dipende dalla capacità di condivisione che si riesce a generare tra tutti i Paesi”.
Una scelta spesso non libera
In moltissimi casi oggi migrare non è una libera scelta, come non lo fu per la Sacra Famiglia in fuga verso l’Egitto. “Conflitti, disastri naturali, l’impossibilità di vivere una vita degna e prospera nella propria terra di origine costringono milioni di persone a partire”. Allo stesso modo di Giacobbe, fuggito con la sua famiglia a causa di una grave carestia, oggi - osserva Francesco - “i migranti scappano per povertà, per paura, per disperazione”.
Cosa fare e cosa smettere di fare?
“Persecuzioni, guerre, fenomeni atmosferici e miseria sono tra le cause più visibili delle migrazioni contemporanee”. Per eliminarle tutti dobbiamo chiederci cosa fare e cosa smettere di fare, prodigandoci “per fermare la corsa agli armamenti, il colonialismo economico, la razzia delle risorse altrui, la devastazione della nostra casa comune”.
La sfida dei Paesi di origine
Il Papa chiama alla responsabilità in primo luogo i Paesi di origine e i loro governanti chiamati a un esercizio della politica buono, trasparente, onesto, lungimirante e al servizio di tutti, specialmente dei più vulnerabili. Nel contempo Francesco chiede che gli stessi Paesi di origine siano messi in condizione di fare questo, “senza trovarsi depredati delle risorse naturali e umane e senza ingerenze esterne tese a favorire gli interessi di pochi”.
Il pericolo della tratta
Per garantire che quella di lasciare la propria terra sia una scelta libera, “informata e ponderata”, occorre “evitare che tanti uomini, donne e bambini cadano vittime di rischiose illusioni o di trafficanti senza scrupoli”.
Accompagnare e governare i flussi
In ogni migrante non c’è solo un fratello o una sorella in difficoltà. C’è “Cristo stesso che bussa alla nostra porta”, scrive Francesco citando alcuni versetti del capitolo 25 del Vangelo di Matteo: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto…”. Da questa consapevolezza nasce la chiamata ad “avere il massimo rispetto per la dignità di ogni migrante”, “accompagnare e governare nel miglior modo i flussi, costruendo ponti e non muri, ampliando i canali per una migrazione sicura e regolare”.
Senza lasciare fuori nessuno
“Ovunque decidiamo di costruire il nostro futuro, nel Paese dove siamo nati o altrove”, auspica il Papa, pensando al percorso sinodale che la Chiesa sta compiendo, “ci sia sempre una comunità pronta ad accogliere, proteggere, promuovere e integrare tutti, senza lasciare fuori nessuno”. Con lo sguardo già proiettato all’ormai prossimo Giubileo del 2025, il messaggio si conclude con una preghiera di Francesco:
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