Il Papa e Zelensky, 35 minuti di colloquio: focus sul rimpatrio dei prigionieri ucraini
Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano
L’orrore di Bucha visto con gli occhi di Marichka, una bambina davanti alla quale i soldati russi hanno torturato e ucciso padre, madre e nonna. Il massacro di due anni fa di oltre 630 civili nella cittadina a pochi km a nord di Kyiv – quello per cui le autorità ucraine hanno chiesto indagini approfondite alla Corte penale internazionale – è emerso attraverso il dono di un quadro nell’udienza di questa mattina, 11 ottobre, di Papa Francesco a Volodymyr Zelensky, insieme alla questione della prigionia di tanti ucraini in Russia e in particolare dei giornalisti. Una emergenza, quest’ultima, per la quale il presidente Zelensky ha chiesto al Papa di facilitare il ritorno in patria di tutti i reporter imprigionati, alla luce anche della morte della freelance 27 enne Viktoria Roshchina due giorni fa, in una prigione russa, in circostanze non ancora chiarite.
Richiesta di aiuto per i prigionieri ucraini
Una richiesta di aiuto che segue quella dello scorso anno per il rientro delle migliaia di minori ucraini portati con la forza in Russia. Zelensky l’ha avanzata durante i 35 minuti del colloquio privato con il Pontefice nella sala della Biblioteca, di cui riporta stralci in un messaggio sul suo canale Telegram e in un post dal suo account X. “Per tutti noi in Ucraina tutto ciò che riguarda le persone catturate e deportate è estremamente doloroso. Si tratta di adulti e bambini, molti dei quali civili, che attualmente si trovano nelle prigioni e in campi in Russia", ha postato il leader politico. "Contiamo sull'aiuto della Santa Sede per quanto riguarda il ritorno a casa degli ucraini catturati dalla Russia”.
I colloqui in Segreteria di Stato
Le atrocità del suo popolo il presidente ucraino ha voluto porle invece nuovamente all’attenzione del mondo attraverso il dipinto ad olio consegnato al Papa di una bambina, Marichka appunto, che con i suoi occhi spenti, lo sciarpone e un cappotto marrone rappresenta tutti gli abitanti di Bucha che hanno dovuto assistere a rapimenti, torture, saccheggi, stupri, anche di minori. Una brochure a fianco dell’opera ricostruisce nel dettaglio i fatti. Zelenksy l’ha illustrata al Papa alla fine dell’incontro, a cuo sono seguiti i colloqui in Segreteria di Stato con il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, accompagnato da monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali. Colloqui, quelli in Terza Loggia, "dedicati - informa la Sala Stampa vaticana - allo stato della guerra e alla situazione umanitaria in Ucraina, nonché alle vie che potrebbero metterle fine, portando ad una pace giusta e stabile nel Paese. Inoltre, sono state esaminate anche alcune questioni relative alla vita religiosa nel Paese".
Tour europeo
Quella a Roma è la terza tappa del tour europeo di Zelensky finalizzato a presentare il suo cosiddetto “Piano per la vittoria”. Nei giorni scorsi a Londra e Parigi e nel pomeriggio in Germania per incontrare il cancelliere Olaf Scholz e poi il presidente Frank-Walter Steinmeier, il capo di Stato ucraino è arrivato ieri nella Capitale, dove ha incontrato in serata la premier Giorgia Meloni, la quale ha ribadito il sostegno a 360° dell’Italia all’Ucraina sia sul piano bilaterale che su quello multilaterale.
Per la terza volta questa mattina, intorno alle 9.45, con un leggero ritardo rispetto al programma, il leader di Kyiv ha varcato la soglia del Palazzo Apostolico. La prima era stata nel 2020, quando ancora la pandemia di Covid-19 non era deflagrata a livello globale e le tensioni in Ucraina erano circoscritte alla zona est del Paese; il secondo incontro, invece, c’era stato nel maggio 2023, un anno e mezzo dopo il primo missile gettato dalla Russia in terra ucraina. Papa e presidente si erano visti poi a giugno al G7 di Borgo Egnazia: Zelensky era stato tra i primi bilaterali riservati del Pontefice che aveva incontrato uno ad uno, dalla mattina fino alla sera, i leader presenti al summit in Puglia. In mezzo, durante tutti questi mesi, ci sono stati poi contatti telefonici, lettere, appelli, la missione del cardinale Zuppi e il viaggio di luglio del segretario di Stato, Pietro Parolin.
L'arrivo in Vaticano, Roma blindata
In Vaticano Volodymyr Zelensky è arrivato dopo il premier spagnolo Pedro Sanchez, scortato da un lunghissimo cordone di auto che ha attraversato Via della Conciliazione e Piazza Pio XII entrambe transennate e blindatissime, tra polizia e carabinieri che questa mattina avevano svolto una bonifica anti-terrorismo in tutta la zona. Nessun contrassegno come stemmi o bandiere sull’auto del presidente che, attraversata Piazza San Pietro e Arco delle Campane, è arrivata alle 9.40 nel Cortile di San Damaso. Ad accogliere il leader ucraino, il reggente della Casa Pontificia, monsignor Leonardo Sapienza, e i Gentiluomini di Sua Santità. In tenuta militare, con una polo verde con il tryzub (in ucraino Тризуб), il tridente bizantino stemma dei principi della Rus’ di Kiev e ora simbolo del Paese, Zelensky è quindi salito nella Sala della Biblioteca del Palazzo Apostolico dove lo attendeva Francesco. Stretta di mano, qualche battuta iniziale, poi il colloquio a porte chiuse di oltre mezz’ora, fino alle 10.20.
I doni
Al momento del tradizionale scambio di doni, il Papa ha consegnato una scultura in bronzo con la scritta “La pace è un fiore fragile”, insieme al Messaggio per la Giornata mondiale della Pace 2024 dedicato alla intelligenza artificiale che rischia di acuire “la follia della guerra”. Poi i volumi dei documenti papali, il libro sulla Statio Orbis del 27 marzo 2020, a cura della Libreria Editrice Vaticana, e il volume, edito sempre da LEV “Perseguitati per la verità, i greco-cattolici ucraini dietro la cortina di ferro”. Si tratta di un album fotografico a colori, frutto di un progetto di ricerca dell’Istituto di Storia della Chiesa dell’Università Cattolica Ucraina sulla vita clandestina della Chiesa greco-cattolica ucraina, per documentare l’eredità dei martiri e dei confessori della fede. Quelli famosi, quelli meno conosciuti, quelli senza nome. Dal presidente, invece, in dono il già citato dipinto che il Papa ha accolto con un commento addolorato per tutti i piccoli che, a causa della guerra, "hanno perso il sorriso".
La partenza per Berlino
Dopo il saluto alla delegazione e la foto di gruppo – nove membri, tra cui l'ambasciatore dell'Ucraina presso la Santa Sede, Andrii Yurash, e il capo dell’Ufficio del presidente dell'Ucraina, Andrij Jermak - e dopo l'augurio del Pontefice: "Good luck!", Zelensky si è recato in Segreteria di Stato per i colloqui con Parolin e Gallagher. In un ulteriore post su X, ha spiegato che con i due vertici della Segreteria di Stato ha "discusso dell'attuazione della Formula di Pace, con particolare attenzione al punto riguardante il ritorno dei bambini deportati e il rilascio di ostaggi civili e prigionieri di guerra". "Particolare attenzione", si legge ancora nel post è stata data alla "preparazione di una conferenza basata su questo punto della Formula di Pace, che si terrà il 30-31 ottobre in Canada". Infine, a proposito della visita di luglio Parolin in Ucraina, Zelensky ha assicurato: "Sono certo che contribuirà a unire gli sforzi internazionali nel processo di ripristino della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina".
Al termine della visita in Vaticano, il corteo del capo Stato ha lasciato la Città Leonina, transitando sempre attraverso Piazza San Pietro, e poi per Via Paolo VI. Poco prima delle 11.30, Zelensky si è imbarcato dall'aeroporto di Roma-Fiumicino su un aereo diretto a Berlino.
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