Sant'Agata, vergine e martire a Catania
Nella Sicilia del III secolo, la storia di Agata si dipana fra Catania e Palermo, le due città che si contendono i natali della martire. Leggendo la sua “Passio”, pare si possa desumere che la fanciulla sia nata nel 235 alle falde dell’Etna, da una nobile e ricca famiglia. È ancora adolescente quando manifesta la volontà di consacrarsi a Dio, e con il rito della velatio riceve dal suo vescovo il flammeum, il velo rosso portato allora dalle vergini consacrate. La tradizione la descrive anche diaconessa, dedita al servizio per la comunità cristiana. Nel 250 l’editto dell’imperatore Decio contro i cristiani scatena una dura persecuzione e a Catania ad applicarlo duramente è lo spietato proconsole Quinziano, che s’invaghisce di Agata.
Dalla fuga a Palermo al martirio
La giovane fugge a Palermo, ma viene ritrovata e riportata a Catania. Condotta da Quinziano, rifiuta di abiurare. Il proconsole, allora, deciso ad attentare alla verginità della fanciulla, la affida ad una cortigiana di facili costumi, Afrodisia, per farla educare alle arti amatorie. Agata rimane fedele a Cristo, sicché viene riconsegnata a Quinziano che decide di sottoporla a processo. Gli Atti del Martirio di Sant’Agata riportano i colloqui. “Di che condizione sei tu?” chiede Quinziano ad Agata che risponde: “Non solo nata libera, ma di nobile famiglia”. E Quinziano: “E se attesti di esser libera e nobile, perché mostri di vivere e vestire da schiava?”. “Perché sono serva di Cristo” ribatte Agata. E ancora Quinziano: “Ma se sei veramente libera e nobile, perché volerti fare schiava?”. E Agata: “La massima libertà e nobiltà sta qui: nel dimostrare di essere servi di Cristo”. Ribatte Quinziano: “E che perciò? Noi che disprezziamo la servitù di Cristo e veneriamo gli dei non abbiamo libertà?”. “La vostra libertà vi trascina a tanta schiavitù, che non solo vi fa servi del peccato, ma anche vi sottomette ai legni e alle pietre” afferma Agata. Di fronte a queste parole Quinziano esorta ancora una volta Agata a rinnegare Cristo e per indurla a riflettere la fa condurre in carcere. Ma il giorno successivo, di fronte al nuovo diniego della giovane, stabilisce che venga sottoposta ai supplizi. Furibondo nel vederla affrontare le pene con coraggio, Quinziano comanda che venga torturata alle mammelle e che le vengano strappate. Agata viene riportata in carcere dolorante e sanguinante, ma nella notte le appare San Pietro che la risana. Riportata in tribunale Agata rifiuta ancora una volta di adorare gli dei e dichiara di essere stata guarita da Gesù Cristo. Furibondo per il coraggio della ragazza nonostante le torture, Quinziano decreta per lei i carboni ardenti, avvolta solo dal suo velo rosso da sposa di Cristo.
La morte di Agata scuote Catania
“Mentre l’ordine veniva eseguito, subito il luogo, dove il santo corpo veniva rivoltato fu scosso … anche tutta la città di Catania fu scossa dalla veemenza del terremoto. Perciò tutti corsero al tribunale del giudice e cominciarono a tumultare grandemente, perché tormentava con empi strazi la santa serva di Dio, e per questo tutti si trovavano in grave pericolo”. Agata, col suo velo rimasto integro, viene tolta dalle braci ed “entrata poi nuovamente nel carcere, allargò le sue braccia al Signore, e disse: ‘Signore che mi hai creato e custodito dalla mia infanzia, e che nella giovinezza mi hai fatto agire virilmente, che togliesti da me l’amare del secolo, che preservasti il mio corpo dalla contaminazione, che mi facesti vincere i tormenti del carnefice, il ferro, il fuoco e le catene, che mi donasti fra i tormenti la virtù della pazienza; ti prego di accogliere ora il mio spirito, perché è già tempo che io lasci questo mondo per tuo comando e giunga alla tua misericordia’. Dette queste parole alla presenza di molti, a voce spiegata, rese lo spirito”. Era il 5 febbraio dell’anno 251.
Il miracolo della lava
Raccontano ancora gli Atti del Martirio: “Dopo un anno … il monte Etna eruttò un grande incendio, e come un fiume ardente così il fuoco impetuoso, liquefacendo e pietre e terra, veniva alla città di Catania”. In tanti si recano allora al sepolcro di Agata per chiedere la sua intercessione e il suo velo viene posto dinanzi alla colata lavica. Miracolosamente la lava si arresta. La fama del prodigio fa di Agata la patrona di Catania. Il suo culto nasce già ad un anno dal suo martirio e si diffonde rapidamente ovunque. Le sue reliquie sono conservate a Catania nel duomo a lei dedicato.