P. Costa: il Sinodo non è un evento ma un processo partecipativo
Antonella Palermo - Città del Vaticano
Il 6 ottobre il Papa incontrerà in Aula Paolo VI, insieme a tutti i Padri sinodali, i giovani che hanno già partecipato alle riunioni pre-sinodali. Li ascolterà e accoglierà le loro proposte per poterne usufruire nel Documento finale del Sinodo che si svolgerà in Vaticano. A guidare i lavori dell’assise dal 3 al 28 ottobre sarà la Costituzione apostolica pubblicata ieri, i cui punti salienti vengono spiegati, ai microfoni di Radio Vaticana Italia, dal padre Giacomo Costa S.I., uno dei due Segretari Speciali del Sinodo.
R. – E’ una novità di questa Costituzione, far vedere che il Sinodo non è un evento che prevede l’occupazione di uno spazio a Roma per un mese, ma è un processo che nasce da un ascolto della Chiesa, del popolo di Dio, da una fiducia riposta nella capacità di leggere le situazioni. Come già è stato sperimentato un po’ nei Sinodi sulla famiglia, e ancora di più nel Sinodo dei giovani, si precisa che è un processo, un cammino che non coinvolge soltanto alcuni ma mette in movimento tutta la Chiesa. Quindi anche altre parole-chiavi del magistero di Francesco, come la sinodalità e il discernimento, sono vissute in maniera effettiva. L’ascolto di che cosa ci chiede il Signore in questo momento, in questa situazione, è più possibile con questa struttura di Sinodo perché, appunto, ci si lascia interrogare, colpire da quello che stiamo vivendo, si va in profondità, si capisce più profondamente, si comprende in che direzione il Signore ci sta chiamando, oggi, come Chiesa.
Un documento che va, quindi, nella direzione di aumentare la collegialità nella Chiesa?
R. – Sicuramente. E’ prevista questa possibilità che il documento finale del Sinodo partecipi al magistero ordinario. Ciò vuol dire che non è soltanto il Papa, alla fine, con la sua Esortazione apostolica, che si pronuncia, ma si valorizza ancora di più il camminare insieme, che ha un peso specifico per la Chiesa, di insegnamento, che prima non aveva.
L’occasione più prossima per mettere in pratica queste indicazioni sarà proprio il Sinodo con i giovani, dal 3 al 28 ottobre. Dagli elenchi dei componenti quali caratteristiche si possono evidenziare?
R. – Innanzitutto preciso che, se è vero che i partecipanti sono i circa 300-400 Padri sinodali presenti questo mese a Roma, è vero anche che hanno già partecipato nella fase preparatoria tantissime persone: abbiamo ricevuto i questionari dalle Conferenze episcopali, dai giovani, ci sono state le riunioni pre-sinodali con i giovani stessi, con gli esperti… Insomma, non dobbiamo farci ingannare dal fatto che ci sia una lista: i partecipanti saranno moltissimi e saranno ancora di più dopo, nella fase di attuazione. Detto questo, vorrei sottolineare l’attenzione che Papa pone sempre a chi viene dalle estremità più lontane della Terra. Infatti, i presidenti – quelli che animeranno le sezioni del Sinodo – giungono veramente delle regioni che più difficilmente si ascoltano nella Chiesa (Myanmar, Bangui, Iraq, Papua Nuova Guinea). Un’altra cosa: tra i cardinali sono stati scelti i più giovani e, allo stesso tempo, tra gli altri eletti, è davvero consolante vedere come le Conferenze episcopali abbiano scelto spesso i vescovi più giovani o persone che lavorano con i giovani. I giovani sono sempre presenti e hanno anche diritto di parola. Si lavora spesso anche in piccoli gruppi: sia in quest’ambito sia nelle assemblee generali i giovani saranno presenti e potranno parlare.
Queste le premesse per un Sinodo con i giovani e non solo sui giovani... Due giorni fa Papa Francesco ha incontrato un gruppo di giovani della diocesi di Grenoble-Vienne. Nel colloquio con loro è intervenuto anche sugli aspetti che riguardano la sessualità. Del resto ci si aspetta che l’ambito dell’affettività non resterà escluso da questo Sinodo…
R. – E’ sicuramente tra i temi più importanti, i giovani l’hanno richiesto in maniera esplicita. Tra l’altro, mi colpiva sentire che le parole del Papa esprimono il fatto che lui già abbia ascoltato le loro istanze, perché riprende proprio il termine che i giovani hanno sottolineato nella loro riunione pre-sinodale: “Vogliamo parlarne senza tabù”. E’ ovvio che ci sono tante altre dimensioni e problematiche altrettanto sentite: sicuramente, la questione del lavoro, ma anche il desiderio di una Chiesa autentica, di una Chiesa vera e sincera. Tornando alla sessualità, qui un po’ si gioca la credibilità del discorso della Chiesa. Uno dei punti del Sinodo sarà sicuramente riuscire ad a trovare dei canali per affrontare le questioni legate alla sessualità nella maniera in cui il Papa ha incominciato a parlarne, molto liberamente, sottolineando il suo valore di dono e cercando di capire come concretamente questo dono possa essere vissuto.
Pensa che la questione degli abusi sessuali da parte del clero possa in qualche modo incidere su questo Sinodo?
R. – Penso che fosse in un modo o nell’altro già inscritto nel Sinodo, perché se si vuole accompagnare i giovani alla pienezza della loro vita, a far delle scelte importanti, è ovvio che la prima cosa da fare è veramente uscire da una mentalità non soltanto di abuso, ma anche opportunistico-accalappiatoria dei giovani. Non si tratta di volerli portare in maniera più o meno trasparente nelle comunità ecclesiali, bensì di essere al loro servizio, perché vivano e facciano le scelte che portino alla loro gioia dell’amore, alla pienezza di vita.
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