Incontro per la protezione dei minori, tutti i testi in un libro
Federico Lombardi S.I.*
I Gruppi di lavoro in cui i partecipanti all’Incontro sono stati distribuiti sono stati 11 (4 di lingua inglese, 2 di lingua francese, 2 di lingua spagnola, 3 di lingua italiana). Gli organizzatori hanno proposto una composizione che facilitasse non solo lo scambio nella lingua preferita, ma anche lo scambio fra persone di regioni e culture diverse. Anche i partecipanti appartenenti a Chiese orientali, a Congregazioni religiose femminili e maschili sono stati distribuiti per quanto possibile in gruppi diversi. I tempi in cui i Gruppi hanno lavorato sono stati limitati (un’ora al mattino e una al pomeriggio nei primi due giorni; un’ora al mattino nel terzo giorno, per un totale di 5 ore), come pure i tempi di relazione da parte dei gruppi in Assemblea generale (un’ora in ognuno dei primi due giorni, per un totale di due ore) ma con resoconti molto ricchi e puntuali benché brevi. I Resoconti dei Gruppi di lavoro sono stati consegnati per iscritto e continuano a costituire un prezioso materiale di riflessione. In base ad essi il Moderatore ha composto una breve sintesi − necessariamente incompleta − da allegare agli Atti dell’Incontro come testimonianza dell’importanza dei lavori di Gruppo nel quadro complessivo dell’Incontro. Vengono brevemente delineati i temi su cui i Gruppi si sono più frequentemente confrontati.
Rompere e superare la “cultura del silenzio”
Ci si rende conto della gravità delle conseguenze del non ascoltare e riconoscere le sofferenze e la profondità delle ferite delle vittime e di sottovalutare e addirittura cercare di occultare la gravità dei crimini di abuso sessuale dei minori. La difficoltà di superare la cultura del silenzio è maggiore in certe culture e regioni del mondo. Ma bisogna impegnarsi per sviluppare una positiva “cultura della denuncia”, che permetta di agire efficacemente nella verità e nella giustizia. Bisogna comprendere più profondamente le dinamiche e i processi che portano all’abuso e la loro natura “sistemica”. Comprendere le connessioni fra gli abusi di potere, di coscienza e sessuali; la visione distorta dell’autorità nella Chiesa come potere e non come servizio, qualificata da papa Francesco come “clericalismo”.
L’attenzione alle vittime
La priorità dell’ascolto delle vittime è stata ribadita da tutti i gruppi, dove si è riconosciuta la forza delle testimonianze ascoltate per raggiungere la comprensione più adeguata dei problemi, della gravità delle sofferenze e della profondità delle ferite, e quindi della gravità dell’occultamento e della negligenza nell’agire per rispondere alle vittime, per fare giustizia e impedire ai colpevoli di ripetere i crimini. Spesso le ferite profonde nelle vittime sono causate non solo dal fatto degli abusi, ma anche in gran parte dall’esperienza del rifiuto di essere ascoltate. Ciò ha spesso provocato un risentimento profondo e ha indurito gli atteggiamenti critici. Anche se è difficile, è giusto continuare a coltivare un atteggiamento di ascolto verso tutte le vittime. Per garantire l’ascolto occorre provvedere persone e luoghi precisi, conoscibili dalle vittime e dai loro familiari. Ciò non esime tuttavia i vescovi dall’esercitare anch’essi l’ascolto in prima persona, ciò che è necessario per comprendere la natura e la profondità dei problemi. L’ascolto deve far parte “strutturalmente” del ministero pastorale del vescovo. Occorre sviluppare le capacità non solo di primo ascolto, ma di accompagnamento delle vittime e persone ferite. Un gruppo in particolare ha parlato dell’importanza di arrivare a formulare cammini di guarigione e riconciliazione delle vittime nel corpo della comunità ecclesiale, anche con riti e liturgie appropriate, compresa la partecipazione all’Eucarestia come luogo della piena comunione nel Corpo di Cristo che è stato profanato e ferito dagli abusi. Si può mirare ad avere una vera partecipazione di vittime all’aiuto di altre vittime e al cammino verso la guarigione e il rinnovamento nelle comunità ecclesiali. Inoltre si è parlato del maggiore ruolo che va riconosciuto alle vittime nel corso dei processi canonici.
Rinnovare le relazioni nella Chiesa
Collegialità. L’Incontro ha contribuito molto ad approfondire la consapevolezza della responsabilità comune dei Vescovi per la missione della Chiesa e quindi per la risposta alla crisi causata dall’emergere dello scandalo degli abusi. Ne segue la coscienza della solidarietà fra di essi nell’aiutarsi e sostenersi per affrontarla adeguatamente (conoscenza e scambio di procedure, esperienze e aiuti concreti per chi ne ha più bisogno), a livello di Conferenze Episcopali e di Diocesi.
Sinodalità. Tutti hanno riconosciuto la necessità che il Popolo di Dio, le comunità ecclesiali, camminino insieme per rispondere ai problemi posti dagli abusi. Si è messo l’accento sulla importanza della partecipazione e collaborazione dei laici – in particolare delle donne – con le loro competenze specifiche e sensibilità, nei diversi organismi da istituire in aiuto del vescovo (Commissioni per la valutazione delle segnalazioni di abusi; Commissioni “indipendenti” di esame e studio dell’insieme dei casi anche del passato; Commissioni di verifica dell’attuazione di procedure e misure prese; Commissioni per le attività di formazione dei seminaristi, del personale ecclesiale; Commissioni per attività e iniziative di prevenzione per le famiglie e comunità…). Si è parlato dell’importanza della collaborazione fra Diocesi e Congregazioni religiose, della coerenza di criteri e procedure adottate, anche nel campo dello spostamento del personale religioso da un luogo all’altro. Si è parlato della sussidiarietà e del rapporto fra le competenze dei Vescovi e delle Conferenze Episcopali (ad es. importanza che le Conferenze possano avere un quadro complessivo dei problemi ricevendo adeguate informazioni dalle Diocesi ed elaborando statistiche e Linee guida comuni e valutandone l’attuazione) come pure delle Conferenze Episcopali e di Roma (valutare la trattazione e il giudizio sui casi anche a livello decentrato – Tribunali nazionali o regionali - per evitare accumulo a Roma e ritardi; come pure avere una fase locale di informazione e valutazione sui problemi relativi a negligenza o incompetenza nel governo dei vescovi).
Far crescere la consapevolezza, la competenza, la chiarezza e la conoscenza delle procedure
È risultato che ancora molti vescovi non conoscono con la chiarezza necessaria quali sono i loro compiti e doveri di fronte ai problemi degli abusi sessuali. Infatti uno degli scopi dell’Incontro di cui il Papa ha parlato era proprio quello di contribuire a raggiungere questa chiarezza. Perciò si è molto insistito che non solo vanno redatte, pubblicate, attuate, verificate, le Linee guida delle Conferenze Episcopali (già da anni richieste dalla Congregazione per la Dottrina della Fede ed effettivamente realizzate dalla maggioranza delle Conferenze); ma anche che si realizzi e si pubblichi un Vademecum per tutti i vescovi, da cui risultino chiaramente i loro compiti e doveri e la obbligatorietà delle norme. La preparazione di un tale Vademecum è stata annunciata da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede ed è molto attesa. Si è anche parlato di “Codici di condotta” per i vescovi e per i sacerdoti. Come pure dei doveri di una corretta “amministrazione” diocesana (seguendo procedure precise e conservando documentazione adeguata negli archivi; cfr relazione del card. Marx). Tutto ciò è importante perché si possa procedere efficacemente anche nella direzione del “rendere conto” delle proprie responsabilità (accountability) e della valutazione del modo in cui le responsabilità di governo sono state esercitate. Per quanto riguarda la valutazione del governo da parte di Vescovi e Superiori, si è parlato della importanza di approfondire e chiarire le procedure e modalità di applicazione del Motu proprio Come una madre amorevole da parte dei Dicasteri romani coinvolti, come pure le proposte sulla fase di informazione e valutazione a livello locale (sul ruolo eventuale del Metropolita, sulla collaborazione di commissioni che comprendano laici; cfr relazione del card. Cupich).
La collaborazione dei laici e in particolare delle donne
Se ne è parlato molto nel contesto della sinodalità della Chiesa e delle varie forme in cui il vescovo e le Conferenze Episcopali hanno assoluto bisogno di collaborazione competente per affrontare le diverse dimensioni dei problemi (ascolto delle vittime; ascolto e valutazione di segnalazioni e accuse; accompagnamento di vittime e offensori; prevenzione nei diversi ambiti: famiglia, comunità parrocchiale, scuola, attività pastorali; formazione del clero e del personale ecclesiale…). Laici competenti, anche donne, possono avere un ruolo più ampio anche nei tribunali ecclesiastici. Naturalmente questa partecipazione a livello professionale richiede anche che si provveda a una giusta remunerazione. L’importanza specifica della partecipazione femminile è stata rilevata spesso dai gruppi di lavoro. Essa deve crescere molto. Si insiste sulla sua importanza nell’ascolto e nell’accompagnamento (molte vittime, in particolare donne, preferiscono certamente aprirsi con altre donne), nella prevenzione (in certe regioni le persone più disponibili e capaci di formarsi e impegnarsi nella protezione dei minori sono perlopiù religiose), ecc.
Formazione del clero
In alcuni gruppi si è discusso in modo approfondito sui problemi e sulle utilità dei “seminari minori”, criticati in una delle relazioni. In tutti i gruppi si è ribadita l’urgenza di un miglioramento della formazione umana, affettiva e integrale dei candidati al sacerdozio, anche nella dimensione della sessualità. Si è apprezzata l’importanza della presenza di donne nel corso della formazione, di persone competenti dal punto di vista psicologico, dell’uso di test psicologici, in modo da evitare l’accettazione agli ordini sacri di persone inadatte. Il problema del “clericalismo”, cioè della visione sbagliata dell’autorità nella Chiesa e di un posto privilegiato e superiore del clero nei confronti dei fedeli, va affrontato con decisione fin dalla formazione seminaristica. Si è insistito sull’importanza delle informazioni fra i Vescovi o Superiori competenti sui seminaristi o sacerdoti che passano da un seminario a un altro o da una Diocesi all’altra. Si è fatta notare l’importanza della formazione dei seminaristi anche per quanto riguarda il mondo digitale, dato che il rischio di dipendenza dalla pornografia è presente anche fra i seminaristi e il clero. Si è anche avanzata la proposta di richiedere prima dell’ordinazione una dichiarazione personale esplicita e formale di impegno a evitare gli abusi sessuali, così come la si chiede per il celibato. La formazione continua e l’accompagnamento del clero, in particolare del clero giovane, è di grande importanza. In tal senso va curata la vita spirituale nel contesto del celibato, che non è certo direttamente connesso agli abusi, ma può essere connesso a un rischio di chiusura nella solitudine invece che a uno sviluppo integrale ed equilibrato della personalità. Bisogna anche riconoscere che la grande maggioranza del clero svolge con fedeltà il suo ministero e bisogna sostenerlo e incoraggiarlo in questo tempo di prova dolorosa, perché l’infedeltà grave di alcuni getta un’ombra sulla credibilità di tutti. In diversi gruppi ci si è interrogati sull’esistenza di un rapporto fra gli abusi sessuali e l’omosessualità. La questione è complessa e per vari motivi sembra da ritenere che non vada stabilita una connessione. La questione merita tuttavia un approfondimento per quanto riguarda il clero cattolico, poiché i casi di abuso conosciuti da parte di membri del clero sono in maggioranza nei confronti di ragazzi piuttosto che di ragazze. Una proposta avanzata in un gruppo riguarda anche la formazione dei Vescovi nel campo della protezione dei minori, sia in occasione dei corsi per i nuovi Vescovi, sia in occasione delle visite ad limina quinquennali, sia con settimane di formazione speciali più approfondite sul tema.
Gli offensori
Diversi gruppi si sono interrogati su come comportarsi nei confronti degli offensori. Si è parlato delle terapie psicologiche e psichiatriche opportune, come pure dell’accompagnamento spirituale e del dovere di non abbandonare queste persone. Si tratta di contemperare le esigenze della giustizia e della misericordia per quanto ciò sia difficile. Non bisogna dimenticare che in diversi casi gli abusatori erano stati vittime a loro volta in passato. Si è parlato della “tolleranza zero”, del significato di questa espressione e della sua interpretazione e attuazione da parte di alcune importanti Conferenze Episcopali (affrontare tutti i casi con rigore e senza eccezioni ed escludere dal ministero pubblico le persone riconosciute colpevoli di abusi). Ma si è parlato anche delle diverse interpretazioni che tale espressione riceve, della sua indeterminatezza giuridica e della difficoltà di vederla compatibile con il principio della proporzionalità della pena; oltre al fatto che sembra esprimere un linguaggio che non suona evangelico. Si è parlato anche della problematica dell’espressione “accuse credibili” prima di una sentenza, come pure della pubblicazione di liste di sacerdoti accusati e di come ciò sia incompatibile con la “presunzione di innocenza”. Occorre essere consapevoli che spesso basta un’accusa, a cui poi non segua una condanna, per distruggere in modo irreparabile la reputazione e la effettiva possibilità di reintegrazione nella vita ecclesiale di un sacerdote.
Trasparenza
La trasparenza significa anzitutto la pubblicazione e conoscenza delle regole, procedure e norme che devono essere seguite; seguirle effettivamente e poter verificare comportamenti, azioni e risultati. Significa anche disporre di dati e informazioni utili per capire i problemi. In tal senso si desiderano statistiche ben fatte, che possano essere correttamente interpretate. Si sarebbero desiderati rapporti più dettagliati sulla situazione. Se vi è stata una sentenza di condanna definitiva è giusto che sia conosciuta, come pure è bene che siano resi noti i motivi di dimissione di un vescovo dal suo compito. Sono invece problematiche le pubblicazioni di nomi di accusati non ancora condannati, a meno che non siano richieste da ragioni di bene comune o non siano rese inevitabili dalle circostanze. Non bisogna dimenticare che la trasparenza deve essere un atteggiamento che caratterizza tutta la comunicazione nella e della Chiesa, non solo per quanto riguarda gli abusi sessuali, ma anche l’economia, ecc. Occorre fare chiarezza sulla tematica del “segreto”: segreto pontificio, segreto istruttorio, segreto d’ufficio, segreto professionale, segreto confessionale. Si è parlato più volte della eliminazione del “segreto pontificio” a proposito dei procedimenti su abusi sessuali di minori, ma bisogna spiegare che cosa comporta. Inoltre è bene che la trasparenza e la comunicazione siano curate anche dal punto di vista positivo, facendo sapere quanto si fa nel campo della protezione dei minori e della prevenzione. Nella collaborazione con le autorità civili, bisogna dare accesso ai documenti richiesti, ma a quelli riguardanti i casi specifici su cui si indaga e non un accesso indiscriminato.
Differenti situazioni culturali
Per quanto riguarda l’Africa si è rilevata non solo la difficoltà di superare una cultura negativa del silenzio su quanto riguarda la sessualità e gli abusi, ma si è anche apprezzata la tradizione di affrontare i problemi nell’ambito della famiglia allargata e della comunità. Di ciò occorre tener conto pure per quanto riguarda la nostra tematica. Nei gruppi dove si trovano persone che vivono in Paesi a maggioranza musulmana si è rilevata la enorme difficoltà o impossibilità di portare alla luce e trattare le questioni degli abusi sessuali secondo i criteri correnti in altre regioni del mondo. Analogamente, in Paesi a maggioranza cristiana ortodossa si riscontra una grande resistenza ad affrontare questi problemi e la Chiesa cattolica ne è condizionata, pur facendo il possibile per far crescere la consapevolezza e la responsabilità. Nei Paesi ex-comunisti si fa notare che l’uso della parola “clericalismo” è stata storicamente associata alla lotta dei regimi oppressivi per combattere e distruggere la Chiesa; bisogna perciò usarla con cautela.
Speranza
In diversi gruppi si è osservato che la situazione di prova e di crisi deve essere vissuta come una opportunità di purificazione e di crescita della comunità della Chiesa. È una sfida per un rinnovamento in profondità. Bisogna mettere al centro l’attenzione positiva per i piccoli e i minori come dimensione essenziale della missione della Chiesa.
*Presidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Ratzinger - Benedetto XVI Moderatore dell’Incontro per la protezione dei minori (Città del Vaticano, 21-24 febbraio 2019)
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