Cappellani degli aeroporti visitano la parrocchia dello scalo di Fiumicino
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Vivere sul campo l’esperienza della prima e unica parrocchia nata in un aeroporto, quella di Santa Maria degli Angeli a Fiumicino. Lo hanno fatto gli ottanta tra cappellani e agenti pastorali protagonisti del XVII seminario mondiale dedicato alla pastorale dell’aviazione civile in corso a Roma fino al 13 giugno. A fare gli onori di casa, nel pomeriggio dell’11 giugno, il parroco don Giovanni Soccorsi, che ha ricordato come la chiesa parrocchiale sia stata consacrata il 13 aprile 1962, e ha accompagnato i suoi ospiti prima nel centro di accoglienza per senza fissa dimora e migranti che ha 6 posti (massimo 8 per le emergenze), e in 4 anni ha dato tanto aiuto. “Abbiamo fatto trovare lavoro a molti – ha raccontato don Giovanni – assistito tanti nei loro problemi di salute, e per ottenere il permesso di soggiorno o la tessera sanitaria”.
L' incontro con i vertici dell'aeroporto "Leonardo da Vinci"
Poi l’incontro nella sala meeting dell’aeroporto, dal titolo “Esempi di best practices in dialogo con le autorità aeroportuali”. Sono intervenuti il vescovo di Porto e Santa Rufina, monsignor Gino Reali, il diacono permanente della parrocchia Filippo Sacchinetti, Ruggero Poli, Head of AdR Group Energy Systems and Energy Management e l’amministratore delegato di Aeroporti di Roma Ugo de Carolis. Quest’ ultimo ha ricordato che le sue due figlie “hanno fatto la cresima qui in aeroporto, anche se noi viviamo in un'altra zona di Roma. L’idea è che le persone si devono sentire a casa propria, qui in aeroporto, e vicino a casa c’è una chiesa. Abbiamo luoghi di preghiera anche per le altre religioni”. Al Terminal 3, il più frequentato, la direzione dell’aeroporto di Fiumicino ha creato una cappella dedicata a Maria Madre della Misericordia, “E lì – ha sottolineato ancora de Carolis - si è aperta l'unica porta santa in un aeroporto del mondo durante il Giubileo della misericordia, l'unica automatica che si apriva sempre davanti a tutti. Ho saputo di persone che sono arrivate prima in aeroporto per poterla attraversare”.
Il nuovo tabernacolo benedetto dal cardinal Turkson
“Quando ho incontrato don Giovanni – ha concluso l’ad di Aeroporti di Roma - gli ho detto, ‘guarda non abbiamo fondi per aiutarti nelle tue attività’, ma lui mi ha detto ‘non voglio i tuoi soldi, voglio il tuo tempo’, e così mi ha conquistato. Alla fine ho speso anche di più, ma con un altro spirito, non era un dover dare, ma un voler dare. Adesso abbiamo anche realizzato un nuovo tabernacolo per la chiesa”. Tabernacolo che è stato benedetto dal cardinale Peter K. A. Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, a conclusione della messa da lui presieduta. Il cardinale ha donato a tutti i relatori dell’incontro un bassorilievo raffigurante la Santa Vergine di Loreto, protettrice dell’aviazione.
Don Soccorsi: la nostra accoglienza per chi non ha casa
Il parroco di Santa Maria degli Angeli a Fiumicino, don Giovanni Soccorsi, racconta così a Vatican News la nascita di questa parrocchia unica al mondo.
R. - Fu una scelta del cardinale Tisserant. Nel 13 aprile del 1962 in contemporanea con la costruzione di questo aeroporto di Fiumicino c’è stata la volontà di creare proprio una chiesa parrocchiale. Ed è la prima presenza a livello mondiale proprio all’interno di una struttura parrocchiale in questa realtà aeroportuale.
I suoi primi parrocchiani sono i lavoratori di Fiumicino? C'è differenza tra i lavoratori e i visitatori che invece passano più in fretta?
R. – Non solo, ci sono anche dei civili che abitano in questo territorio dell’aeroporto e poi ci sono le presenze dei militari che dormono nei loro alloggi, quindi abbiamo le caserme della polizia, dei carabinieri, della finanza, dei vigili del Fuoco e anche dei civili che lavorano presso le istituzioni che sono in aeroporto come Enac, Enav…
Qual è l’esperienza di essere parroco di questi lavoratori che magari non hanno tempo di partecipare alla vita parrocchiale, della loro parrocchia, per i turni? Cosa fa al parrocchia per e con loro?
R. – Abbiamo diverse iniziative, le prime due si fondano proprio sull’incontro personale con i lavoratori ma anche con i piccoli gruppi con cui vogliamo e desideriamo condividere la parola di Dio e vivere il tempo liturgico di tutto l’anno e poi una concretezza molto importante è quella della carità. A seguito del Giubileo straordinario della misericordia abbiamo avviato questo servizio di attenzione verso gli homeless dando loro un’accoglienza molto concreta e molto pratica proprio nella struttura della parrocchia abbiamo così reso possibile un piccolo dormitorio, una piccolissima accoglienza a progetto, perché ci sia un aiuto che porti nel tempo nuove possibilità di reinserimento della società.
C’è tutta un’umanità che gravita intorno all’aeroporto come nelle stazioni ferroviarie, c’è questa realtà di homeless o migranti che hanno bisogno di aiuto…
R. – Sì, questo incontro che diventa una testimonianza e questa testimonianza viene molto apprezzata e percepita da ogni credente, non credente, da ogni persona, da ogni uomo e da ogni donna. Fa piacere, dà incoraggiamento, è una luce, il servizio di carità che si fa in questa realtà così complessa, così complicata. Molti non ci credono, direbbero: non ha senso. Ma io entrando in questa parrocchia mi sono detto: devo partire da ciò che è la parrocchia, da ciò che ha la parrocchia e in particolare aveva anche questo oltre alla catechesi, l’annuncio del Vangelo, condivisione del Vangelo, come anche la preparazione per i sacramenti.
Il Papa ha anche definito gli aeroporti come zona franca dove si aspetta, dove, aggiungo io, si può anche riflettere sulla propria vita...
R. – Mi viene da sorridere perché penso al check-in che fa la verifica dei passeggeri, e qui diventa anche un po’ la verifica della propria coscienza… Perché poi comincia un viaggio che è importante che è anche un’incognita, arriverò non arriverò. E diventa il tempo per un breve esame di coscienza per dire un po’ quale è stata la mia vita, quale sarà, dove andrò.
Lei era parroco qui anche dopo l’11 settembre, nel periodo in cui c’era la paura di volare per gli attentati?
R. – Non nell’aeroporto ma in un’altra parrocchia sì, però questa paura rimane ed è interessante questa domanda, la ringrazio perché la paura poteva essere quel sentimento che mi impediva di agire e di fare anche la carità come anche la catechesi, come anche la paura degli attentati, la paura di tutto. Invece mi sono detto: no, la paura non mi può fermare ma può solamente aiutarmi ad essere un po’ più prudente perché il cristiano è colui che agisce per amore, per carità per generosità, come il Papa ci ha detto appunto ieri e non può vivere di paura perché se viviamo di paura vuol dire che siamo fermi, che siamo chiusi, invece la Chiesa è sempre aperta e anche in questi luoghi così normali ma anche complessi vive tutta la sua missione.
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