Auza: fermare la spirale di violenza, lavorare per la pace nei cuori
Giada Aquilino - Città del Vaticano
Fermare la spirale di violenza, ripristinare lo stato di diritto e costruire società pacifiche: mai smettere di insistere sull'“inestimabile valore della pace”, perché nonostante tutti gli sforzi compiuti e i trattati siglati fin qui, “non abbiamo fatto abbastanza” per costruire una cultura di pace e una civiltà di reciproco rispetto. Così in sintesi l’arcivescovo Bernardito Auza nelle sue osservazioni per l’evento “Be Peace: Pathways Toward a Culture of Peace”, dedicato a New York ai percorsi verso una cultura di pace. Prendendo spunto dall’anniversario degli attentati dell’11 settembre 2001, l’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu ricorda come le stragi di 18 anni fa siano state “precedute e seguite” da molti atti “orrendi”, a dimostrazione del fatto che “la violenza genera più violenza, l'odio provoca più odio e la vendetta perpetua il ciclo della violenza”.
Armi e strumenti di morte
Ripercorrendo le visite a Ground Zero del Papa emerito Benedetto XVI nel 2008 e di Francesco nel 2015, il nunzio apostolico evidenzia come la “culla” di una cultura della pace attraversi “il cuore umano” che - seppur “troppo malato”, dice sulle orme del profeta Geremia - “può e deve essere guarito”: la sua guarigione è il “segreto” del cammino verso la pace. Purtroppo, constata, circolano “così tanti mezzi di distruzione e strumenti di violenza”, “facilmente utilizzabili e continuamente perfezionati”, capaci di “ucciderci tutti molte volte”. E altri, ancora più potenti, “vengono inventati quotidianamente”.
L’esempio del Papa in Mozambico
Per rendere inutili tali “strumenti di morte e distruzione”, c’è bisogno proprio di un “cuore pacifico”, che odi la guerra e ami la pace, mettendo “a tacere le armi”. Rimarcata quindi la “centralità” di educare il cuore umano alla pace. L’arcivescovo ripropone a tal proposito l’esortazione di Papa Francesco al popolo del Mozambico, nel corso del suo recente viaggio apostolico in Africa. Il Pontefice, afferma Auza, ha riconosciuto come non sia facile né parlare di riconciliazione mentre le ferite provocate da decenni di conflitto sono ancora aperte né perdonare mentre i responsabili di gravi violazioni dei diritti umani godono dell'impunità. Eppure, ha sottolineato il Santo Padre, c'è comunque una via alla pace, quella di Gesù, che ci chiama ad amare i nostri nemici, mostrare benevolenza verso coloro che ci hanno ferito e pregare per coloro che ci odiano, in un cammino di pace e di riconciliazione e non di vendetta e di odio. La via allora è davvero quella dei percorsi che “iniziano nel cuore dell’uomo”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui