Auza: leader religiosi hanno un importante ruolo per promuovere la pace
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Il ruolo della riconciliazione nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale è un tema cruciale per “la stabilità delle generazioni presenti e future”. Ed è anche “centrale per la missione della Chiesa cattolica” che, nel corso della sua storia, ha cercato continuamente di essere “un segno e uno strumento di unità tra i popoli”. Lo ha sottolineato monsignor Bernardito Auza, nunzio apostolico e osservatore permanente della Santa Sede all'Onu, intervenendo ieri a New York al dibattito "Peacebuilding e pace sostenibile”.
L’esempio della Repubblica Centrafricana
Un potente esempio di riconciliazione, ha ricordato monsignor Auza, è legato allo scoppio della violenza nella Repubblica Centrafricana. In questo Paese, ha affermato il nunzio, vari gruppi hanno cercato di amplificare o di manipolare la natura religiosa del conflitto. Ma tre uomini si sono opposti e hanno detto “no” a questa logica di strumentalizzazione. Sono l’arcivescovo cattolico di Bangui, un pastore evangelico e un imam della capitale centrafricana. Questi uomini hanno coraggiosamente creato, ha affermato il nunzio, “una piattaforma interreligiosa a livello nazionale, la cui esperienza è stata ripetuta in tutto il Paese a livello di comunità locali”. La visione ispirata da questi tre leader religiosi nella Repubblica Centrafricana, Paese visitato da Papa Francesco nel 2015, resta una pietra miliare nonostante “i problemi e le difficoltà incontrate lungo il cammino”.
Riconciliazione, pace e giustizia
I leader religiosi, ha poi sottolineato monsignor Auza, devono mostrare che “la diversità sia etnica sia religiosa non deve essere un ostacolo all’unità di una nazione”. “Le divisioni – ha spiegato il nunzio - possono essere superate quando ci impegniamo per la fraternità”. il viaggio del Papa nella Repubblica Centrafricana, ha aggiunto monsignor Auza, è stato un segno forte: il Pontefice ha esortato le persone di entrambe le parti in conflitto a mettere da parte i pregiudizi, a guardare l’altro “con rinnovata fiducia”. La riconciliazione richiede “magnanimità” per “cercare il bene comune” e investire in un futuro più giusto e prospero”. Tuttavia, ha detto il nunzio, “una autentica riconciliazione non minimizza la sofferenza”. Ma esamina le cause che hanno portato al conflitto ed “usa i mezzi appropriati per trovare una via verso una pace duratura”. E questo “non è possibile senza giustizia”. La riconciliazione “non può mai essere vista come una scusa per l’impunità”.
Cercare ciò che unisce
L’osservatore permanente della Santa Sede all'Onu ha poi ricordato il gesto compito dal Papa lo scorso 11 aprile in Vaticano: Francesco si è inginocchiato per baciare i piedi ai leader su-sudanesi. Dal Pontefice è arrivato l’invito rivolto “a tutti gli attori del processo politico nazionale a cercare ciò che unisce e a superare ciò che divide, in spirito di vera fratellanza”. La stessa esortazione, ha spiegato monsignor Auza, vale “per i tanti luoghi dove regna la tensione” in modo che le autorità si impegnino a promuovere “un dialogo inclusivo” per il bene di tutti.
Nulla si perde con la pace
Monsignor Bernardito Auza ha infine sottolineato che il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e convivenza comune" firmato ad Abu Dabi lo scorso 4 febbraio da Papa Francesco e dal grande imam di Al-Azhar Ahmad al-Tayyib è un esempio dell'importante ruolo che i leader religiosi possono svolgere. È anche un appello affinché le parti si ritrovino in uno spirito di dialogo e di concordia, poiché "nulla si perde con la pace e tutto può andare perduto con la guerra".
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