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Krajewski a Moria: governi mostrino la volontà di svuotare i campi profughi

Arrivato a Lesbo, il cardinale Konrad Krajewski ha subito visitato i profughi accampati fuori l’hot spot di Moria, senza elettricità e in condizioni sempre più disumane, con l’inverno ormai alle porte. Intanto la Comunità di Sant’Egidio sta ultimando i preparativi per la partenza dei 33 profughi che prendono parte al corridoio umanitario

Giada Aquilino - Lesbo

Arrivando a Moria, tra l’hot spot e l’accampamento informale, solo tende, poca acqua e oggi niente elettricità, nemmeno quella dei cavi elettrici di fortuna, il colpo d’occhio è immediato. I migranti, rispetto al maggio scorso quando il cardinale Konrad Krajewski venne a Lesbo per la sua prima visita, sono triplicati. Sono 15 mila, perlopiù afghani di etnia hazara, storicamente perseguitata in patria, siriani, ma sono aumentati anche gli africani, soprattutto i somali.

La seconda missione di Krajewski a Moria

L’Elemosiniere apostolico oggi è tornato a Moria, per constatare di persona l’aggravarsi delle condizioni umanitarie, con l’inverno ormai alle porte. Un sorriso, una stretta di mano, un rosario di Papa Francesco, un piccolo contributo in denaro donato soprattutto alle mamme con bambini piccoli, incontrati anche al centro della Ong Team Humanity, dove è giorno di distribuzione di giacche e cappotti. Ha già potuto incontrare i primi dei 33 profughi che domani accompagnerà di persona a Roma, secondo un desiderio di Papa Francesco. Saranno ospitati nella casa di Sant’Egidio a Santa Maria in Trastevere, ma anche in appartamenti messi a disposizione da privati e case religiose, da piccole fondazioni e parrocchie di Roma.

Arrivi ogni notte

Con l’instancabile collaborazione degli operatori della Comunità di Sant’Egidio, si stanno intanto ultimando i preparativi per la partenza: dalle valigie che, ci dicono, saranno a malapena riempite, ai giocattoli per i bambini. Quindi una cena che vuole essere un festeggiamento per una porta che sta per aprirsi, un “ponte” come il cardinale Krajewski, conversando con Vatican News, ha definito il corridoio umanitario che si sta operando da Lesbo a Roma. “Attraverso tale ponte - ha sottolineato - vogliamo offrire a queste persone le nostre case ed essere misericordiosi come Gesù stesso. Quando siamo venuti a maggio - ha raccontato - non c’erano tutte queste tende, adesso ci dicono che qui ci sono arrivi di anche 2-300 persone durante la notte. Vediamo migliaia di bambini che crescono nel campo, i genitori che non possono lavorare, quindi davvero il nostro cuore si spezza”.

Costruire ponti ogni giorno

D’altra parte, ha osservato l'Elemosiniere apostolico, “noi abbiamo lo spazio per ospitarli e il cuore aperto. Ci vuole solo la buona volontà di chi governa per svuotare questi che sono ‘campi di concentramento’”. Il fatto di iniziare a portare a Roma 33 profughi “sembra una goccia, ma una goccia importante verso la speranza e la vita”: siamo “pronti” ad accogliere anche altri migranti, ha aggiunto, venendo pure “ogni giorno” a costruire altri ponti “verso l’Europa”.

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03 dicembre 2019, 15:01