Francesco e Kirill a L'Avana: i frutti di quattro anni di cammino ecumenico
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
Chiesa Ortodossa e Chiesa Cattolica condividono “la comune tradizione spirituale del primo millennio del cristianesimo. I testimoni di questa Tradizione sono la Santissima Madre di Dio, la Vergine Maria, e i Santi che veneriamo. Tra loro ci sono innumerevoli martiri che hanno testimoniato la loro fedeltà a Cristo e sono diventati 'seme di cristiani'."
E' questo quarto paragrafo della Dichiarazione comune firmata il 12 febbraio del 2016 all’aeroporto José Martì de L'Avana a Cuba da Papa Francesco e dal Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill che apre e fa da ossatura alla Conferenza organizzata a Roma oggi, alla Pontificia Università San Tommaso d'Aquino, dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell'unità dei cristiani rappresentato dal presidente, il cardinale Kurt Koch e dal Dipartimento per le Relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, guidato dal Metropolita Hilarion.
I santi e i martiri fondamenti delle due Chiese
Entrambi gli interlocutori, ancora una volta protagonisti - dopo Friburgo nel 2017, Vienna nel 2018 e Mosca nel 2019 - di questa importante occasione commemorativa ecumenica, rimarcano che i Santi ci uniscono specie a Roma dove è forte la venerazione dei Santi del I millennio, della Chiesa indivisa. La venerazione dei Santi da parte dei fedeli assume - nel saluto pronunciato del cardinale Kurt Koch - un ruolo determinante, perché, spiega, se i leader e i teologi fanno la loro parte è anche fondamentale che il popolo sia partecipe del cammino ecumenico, è "un modo per riavvicinare le Chiese radicarle nella gente".
Nella Dichiarazione comune - fa notare dal canto suo il Metropolita Hilarion - si riconosce la permanenza di ostacoli e ferite alla piena unità, ma si rilancia anche "la comune Tradizione spirituale del primo millennio del cristianesimo" di cui anche i Santi sono testimoni e si citano i "martiri" che, dando la loro vita per la fedeltà a Cristo, sono diventati "seme di cristiani". Martirio è l'altra parola chiave citata dal cardinale Koch come dal Metropolita Hilarion. Il martirio dei primi secoli, quello legato alle vittime dell'ateismo del XX secolo, che in Russia significò un grande spargimento di sangue, e poi, le sofferenze dei cristiani di oggi in Medio Oriente. In essi è il fondamento per un'opera comune delle nostre Chiese, afferma Hilarion.
Venerazione dei santi e coinvolgimento dei popoli
Anche nelle parole del Metropolita emerge l'importante valore unificante della venerazione dei Santi da parte del popolo - Hilarion nel suo intervento ricorda la traslazione delle reliquie di San Nicola da Bari alla capitale russa e a San Pietroburgo, venerate da milioni di fedeli nel giugno 2017. "L'arrivo di quelle reliquie ha fatto per la concordia - dice, citando le parole del Patriarca Kirill - molto di più di della diplomazia laica ed ecclesiastica". E poi il suo pensiero va a Santi come Serafino di Sarov, un monaco cristiano e mistico russo amato anche da Papa Francesco e il " Santo Dottore" Joseph Hass medico tedesco cattolico, che passò la maggior parte della sua vita in Russia dedicandosi ai poveri: sono due figure amate e venerate senza divisioni dai fedeli di entrambe le Chiese, sono "stelle comete che indicano la via al nostro cammino comune complesso". La preghiera a Maria, prima tra i Santi, chiude il saluto del Metropolita, perché "ascolti ed esaudisca la richiesta che sale dalla terra, di unità".
I cristiani perseguitati e l'impegno delle due Chiese
Alla riflessione comune sulla Santità guardano anche le relazioni proposte dal rev.do Aleksej Andreev, docente all'Università statale di Mosca sulla “Santità nella Chiesa russa”, e del gesuita padre Marko Ivan Rupnik artista, teologo e direttore del centro Aletti su “Santità e comunione”. "Una speciale e unica via di santità" è quella che il professor Aleksej Andreev spiega come appartenente alla Chiesa ortodossa russa, che nel corso dei millenni ha dato al mondo cristiano una moltitudine di santi, sin dai primi, i principi Boris e Gleb che hanno accettato docilmente la morte e il cui sacrificio è diventato un orgoglio nazionale. E poi il momento più tragico, quel XX secolo, "notte oscura dell'anima legata alle persecuzioni degli atei". Ma non c'è croce senza risurrezione, come l'anno 2000 quando "tutti i nuovi martiri e confessori della Russia sono stati glorificati". Nelle sue parole le circostanze che caratterizzano i martiri russi, diversi dai martiri cristani, nella memoria e nelle stesse modalità del martirio, e infine la gioia della libertà conquistata di confessare la propria fede, che oggi avviene senza paura. Una conquista - fa però notare - non per tutti: il "cristianesimo continua ad essere una religione perseguitata in diverse parti del mondo". Come le sofferenze del XX secolo uniscono per ragioni diverse le Chiese cattolica e ortodossa, la persecuzione dei cristiani oggi richiede un impegno comune". "Un modo - afferma il rev.do Aleksej Andreev - per onorare il martirio è il lavoro attivo di protezione di tutti coloro che non possono confessare la loro fede liberamente, secondo la parola dell'apostolo Paolo: 'Se c'è conforto in Cristo, se c'è gioia d'amore, se c'è comunione di spirito, se c'è misericordia e compassione, allora ... non è solo ognuno che si prende cura di se stesso, ma tutti e tutti gli altri' (Filippesi 1 - 4)".
La comunione dei santi
"La fonte della santità di un popolo è una, è Dio" e il "Santo non è qualcosa di esclusivo, ma è inclusivo", perché l'amore è inclusivo. Ruota intorno a queste due affermazioni la relazione di padre Marko Ivan Rupnik che ha esaltato la presenza dei santi in mezzo a noi, loro che - ha detto - sono "l'umanità sotto ogni aspetto riempita di Cristo". Ai nostri microfoni la sua riflessione:
A concludere la conferenza, due esperienze di vita di Santi raccontate da due testimoni. La prima si riferisce ai martiri russi del XX secolo e arriva da Butovo, località a sud di Mosca, il "Golgota russo" che tra il 1937-38 divenne un luogo di fucilazioni di massa del terrore comunista, senza precedenti per intensità e numero di condannati. Oltre 20mila vittime tra cui un migliaio di fedeli della Chiesa ortodossa. Con loro Vladimir Ambarcumov, animatore, negli anni venti, del circolo studentesco cristiano di Mosca, ordinato sacerdote nel 1927, molte volte arrestato, fu a sua volta fucilato qui il 5 novembre 1937. La sua storia la racconta il nipote, padre Kirill Kaleda, ordinato sacerdote clandestinamente ai tempi dell'Unione sovietica, fino agli anni della Perestrojka celebrava la liturgia in casa. Oggi è rettore della Chiesa che sorge in quel luogo che era di morte, intitolata ai Nuovi Santi Martiri e Confessori e in parte adibita a museo.
Un vita offerta per l'unità dei cristiani in un luogo che a questo è consacrato, come il monastero trappista di Grottaferrata poi di Vitorchiano, è quella invece di Maria Sagheddu. Nata a Dorgali, in Sardegna, nel 1914 e beatificata da Giovanni Paolo II il 25 gennaio del 1983 è nota col nome di Maria Gabriella dell’Unità. Una sua consorella, suor Gabriella Masturzo, la racconta e ci spiega anche quale l'eredità che la beata lascia oggi per la crescita del cammino ecumenico:
A completare la conferenza nel IV anniversario della Dichiarazione comune di Cuba alla Conferenza di Roma, la proiezione del film del metropolita Hilarion, “L’apostolo Pietro”, il discepolo più vicino a Gesù Cristo, e poi alle 20.30 il concerto del Coro Sinodale di Mosca e del Coro della Cappella Sistina nella Basilica di San Giovanni in Laterano.
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